Filosofia del fulmine
“Il fulmine governa ogni cosa” (Eraclito)
Credo di aver pensato qualcosa come una FILOSOFIA DEL FULMINE… che altrove chiamo freccia, -getto, ecc…
Da notare, nel video la tendenza dell’elettricità a ripetere il percorso aperto dal varco che (invisibile) precede il fulmine.
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Più ripeto e più mi convinco di avere una memoria-crosta terrestre. E se continuo a ripetere, presto crescerà nuovamente la vegetazione e gli animali accorreranno ad accoppiarsi e riprodursi… Sono i pensieri che organizzano di nuovo le immagini, gli odori, i suoni, i sapori, le sensazioni secondo una fitta rete di analogie… I pensieri che organizzano i pensieri secondo campi di forza (ognuno ne comprende altri, come in una “matrioshka”… è questa la “comprensione”, il “concetto”). Come miliardi di piccoli fulmini. Che nascono dalla terra, non dalle nuvole. Nascono dal punto d’arrivo, non da quello di partenza. Viviamo un tempo invertito. I dendriti dei neuroni protendono le estremità proteiche per creare la differenza di potenziale, l’eccezione (il contrario del con-cetto = “prendo con”, l’ex-cipere = “prendere fuori”), il percorso del fulmine. La sua velocità è di cento metri al secondo. Vanno a tentoni… e marcano il percorso… ma trovano sempre nuovi bersagli per i fulmini. Come un filo d’Arianna nel labirinto del mito (= “muggito”) del Minotauro. Il labirinto delle possibilità: si apre un varco e l’uscita crea il “fulmine”, a ritroso. L’a-venire genera questo varco. O viceversa. E’ questa l’intelligenza. Che eroticamente dice: “Vieni”.
In ogni nostro pensiero siamo preveggenti. O profeti.
GANESH – Dice la Kena Upanishad: “Esso s’annuncia come fa il lampo”… solo per intuizione puoi cogliere il Bramhan. “Ciò che non può essere pensato con il pensiero, ciò per mezzo del quale il pensiero vien pensato, questo sappi che è il Bramhan”… Se ti balena in mente un’idea, questa è Indra, il fulmine.
Dio è tutto dunque anche ogni sua eccezione
E comunque non vi è regola se non è predisposto un numero infinito di eccezioni.
Il pensiero è sempre un gesto e un movimento con una sua realtà. Non vi è un’idea. La mappa delle idee cambia a seconda delle estremità tentacolari o delle vibrazioni che lentamente o velocemente brancolano in periferia, scagliando dardi continuamente verso il presunto centro, ripetendo costantemente che il centro è definito solo dal movimento periferico; non si definisce da sé, per sé o in sé.
Risposta magistrale su la différànce di Jacques Derrida
Le conseguenze possono essere, nella realtà che viviamo, che questa ci appaia in ritardo rispetto a questo “qualcosa” che arriva prima e che non sappiamo quali “leggi” segua o se possa in qualche modo interagire con la materia (anche se, come dicono i fisici, non trasporta informazioni… magari non rilevanti solo per i nostri parametri scientifici o percettivi… ma non per altro che potremmo indagare e scoprire o che agisca nell’inconscio, nella non-evidenza, nell’ombra…).
Quel che intendo dire è che l’eccezione arriva sempre prima della regola.
Tachioni – più veloci della luce
Il pensiero è un gesto, un movimento. Ci muoviamo nel nostro pensiero come in uno spazio fisico. I nostri stessi pensieri si muovono come in uno spazio fisico. Questo spazio fisico ci è stato scagliato dentro e ci “anticipa” continuamente, come a provenire da un fuori dello spazio-tempo che comprende la nostra percezione, con intuizioni, previsioni, schemi tattici, figure. Costruiamo un linguaggio solo per emblemi (o catene di associazioni), solo per questo continuo getto, dentro di noi, di immagini, suoni, odori, parole, carezze, fuoco, strepiti, ecc…
Un’arte del “-getto” che sappia cosa “gettare dentro”… come masticare la luce, indirizzare i fulmini e i soffi e seguire le eccezioni. Nel tentativo di dischiudere il corpo-mente a quel “fuori” che ce lo re-invia costantemente mutato e modulato.
Psicanalogica – l’embolon contro il symbolon
Creare il varco che ci dispone al movimento e a ciò che viene (l’a-venire) è il solo compito di Teseo-Arianna. Come un fulmine, muggito di Minotauro, si uscirà dal labirinto della mente (…che mente).
Siamo fatti di codice e miriadi di eccezioni… tante quante sono le regole. Questo doppio movimento è tutto quello che è possibile osservare. L’avanguardia è il pensiero che si muove come un fulmine, anticipando i movimenti di milioni di “cellule”… Se trova la giusta connessione, il giusto varco, tutte le altre cellule si muoveranno in sincronia e ci sarà un salto quantico, un cambiamento di rotta… E vedremo mirabili volteggi di stormi nei cieli…
Dunque il presente è questa “breccia” (come diceva la Arendt o… Michaux) che ri-manda in qualche modo ciò che era stato anti-cipato (=”preso prima”), previsto sulla scorta di esperienze ripetute, e che si augura di “giungere a destinazione” nel presente, nel luogo in cui può esser-ci un senso (che emergerebbe come da quello che definisco un varco, “filtrato” dalle differenze e dagli “scarti” che lo precedono).
Dove sono in questo le categorie, le classi e le sottoclassi e le strutture del pensiero? Puf!… svanite… solo tante immagini, suoni, sensazioni e… frecce a bersaglio prima di essere scoccate.
Jacques Derrida, l’ultimo filosofo
E’ da notare come nessun filosofo si sia occupato del futuro in quanto tale, come dimensione anomala del tempo. Liquidato da Aristotele, Epicuro, s. Agostino come inessenziale, come un non-essere… recuperato in una dimensione escatologica e finalistica dal cristianesimo, da Hegel, Marx, etc… sognato dagli utopisti e dagli apocalittici di tutte le ere… è stato ad ogni modo ingabbiato in una dimensione ontologica, che non gli è propria, evidentemente.
Il presente-passato è l’arciere che pensa di “penetrare il futuro” (come dice Bergson) e andare a bersaglio… quando invece è la freccia-a-bersaglio (il futuro) che trapassa l’arciere. E’ l’arciere ad essere invaso (ed invasato) dalle tecniche e dalle forme generate dal fine (la freccia-a-bersaglio). Così come il gatto-in-posizione-iniziale non precede il gatto-in-posizione-finale, ma è il contrario. Diversamente il gatto starebbe fermo. Insomma Aristotele ha ribaltato la questione potenza-atto. La fine di un moto non è il suo essere-in-atto, ma il suo essere-in-potenza… ed è condizione che sembra generare dinamiche studiabili secondo leggi, ma solo in apparenza… poiché se il passato appare imbrigliabile in un essere, il futuro non lo è.
Il futuro in quanto tale. Tre riflessioni non essenziali sul tempo
Dio è Tutto… dunque anche ogni sua eccezione
Facevo quattro passi sulla via di Damasco per smaltire una cena pesantuccia a base di soma e fagioli con le cotiche, quando una strana figura con una ancora più strana cavalcatura mi si parò innanzi. Pareva un elefante a cavallo di un topolino. Sceso dal topino, l’elefante si sedette con un piede poggiato in terra e l’altro no come a dire: “Vivo nel mondo senza essere nel mondo”… La sua proboscide era storta per imitare con la sua figura la sillaba sacra OM che in sé racchiude la veglia, i sogni e il sonno senza sogni… Stavo quasi per addormentarmi quando, mi balenò una domanda…
VALERIO – Chi càspita sei?
GANESH – Come puoi leggere dal copione, sono Ganesh, figlio di Shiva, l’Assoluto senza attributi, e Parvati, la madre degli esseri… Sono il “Signore delle moltitudini”… una specie di Abrhamo l’ebreo (il “padre delle moltitudini”)… ma divino.
VALERIO – Come mai da queste parti?
GANESH – Ho letto nel tuo post “Sono un isolotto vulcanico“, che hai fatto esperienza del Bramhan… dopo aver preso il soma.
VALERIO – No, un momento… la Brabham era una macchina di formula 1 giusto?… E quello non era il soma, ma una “sola”… acido spacciato per fumo.
GANESH – Vedo che hai le idee confuse, ma sono qui apposta… Mi chiamano per indicare la via verso il Bramhan Nirguna, l’Assoluto senza Attributi. L’essenza, la beatitudine e la consapevolezza siano con te… Rimuoverò tutti gli ostacoli materiali e spirituali che ti impediscono di accedere al Bramhan.
VALERIO – Però…
GANESH – Guarda la mia fronte… C’è il tridente del tempo, presente-passato-futuro… E nel mio ventre ci sono tutti gli universi. Tu hai saggiamente affermato che non pensi se non grazie a fulmini che continuamente attraversano e muggiscono nella tua mente-labirinto… Ebbene, sappi che è il Non-manifestato, il Bramhan senza attributi che parla nella tua mente, fuori del Tempo e dentro il Tempo allo stesso istante. Poiché Dio (o Bramhan o Shiva) è Tutto…
VALERIO – Tutto?… Allora anche io sono Bramhan, tuo padre… E non devo rinunciare al mio “ego” per raggiungerti. Egli è già qui. La tua ascia che taglia i desideri e il tuo cappio che vuole avvincermi a te non mi servono… Ti capisco e questo basta. Quanto alla tua pinguedine che trattiene in sé tutti i mondi possibili, la ritengo una fonte di infinita ilarità…
(ridiamo come fanciulli per 5 sruti… che non so cosa siano)
VALERIO – Appurato che non penso, ma scaglio frecce che arrivano a bersaglio prima ancora di essere scoccate…
GANESH – Dice la Kena Upanishad: “Esso s’annuncia come fa il lampo”… solo per intuizione puoi cogliere il Bramhan. “Ciò che non può essere pensato con il pensiero, ciò per mezzo del quale il pensiero vien pensato, questo sappi che è il Bramhan”… Se ti balena in mente un’idea, questa è Indra, il fulmine.
VALERIO – …Non mi interrompere, che perdo il filo… Appurato che in accordo con quanto dicono le Upanishad non ci sono che fulmini scagliati dal di fuori del tempo che noi chiamiamo pensiero… e che non siamo l’osservatore, ma l’osservare… che mai sarà conscio di sé in quanto è fuori di sé in ogni istante… appurato questo io ti dico una cosa: non è con l’ascesi, il dominio di sé e i sacrifici che trovo pace… Io così vedo solo un uomo grasso seduto che crede di avere un’illuminazione. Se Dio è Tutto è anche una sua parte… E una parte deve necessariamente possedere le qualità del Tutto. Anche la più infima delle forme. Il problema, caro Ganesh, è che anche tu, come me, sei un’eccezione, un’apparenza. Come ti manifesti nella realtà sei fregato. Sei soggetto al tempo, anche se ne sei il padrone, devi assumere sembianze comprensibili… L’Assoluto, lo Zero, deve eccepirsi per essere qualcosa o tutte le cose. Tu che sei il “dio di tutte le cose” sei l’Eccezione. E di certo non avevo mai visto un elefante cavalcare un topo!
GANESH – E’ senz’altro così… ma non è la Verità.
VALERIO – Per la “scienza” di mia invenzione, l’analogica, questa è una “sinèddoche“… la parte per il tutto o il tutto per la parte… o, per la matematica frattale (disturbata dal caos, dunque dalle innumerevoli eccezioni che i matematici chiamano “attrattori strani”), io stesso sono te che ti dici Tutto e hai nel tuo ventre gonfio tutti i mondi possibili. Insomma: Dio essendo il Tutto e tutte le sue parti dialoga con se stesso (quante sono le sue eccezioni e le forme simili possibili) in continuazione… poliloga… Come l’intera umanità, tutti gli animali, le piante e i minerali. E’ un triste dettaglio dell’eccezione, quello di dover morire per confermare la regola… e la regola è che Dio eccede costantemente se stesso per esistere… Abdica costantemente alla sua totalità… E’ fuori di sé perché non vi può essere che contingenza. La mia esistenza è il coronamento di questa spirale che ha fatto cadere Dio sin quaggiù… Se nego me stesso, con tutti gli ammennicoli che mi appartengono (mente, ego, immaginazione, forma, corpo, desiderio, ecc…) nego Dio, dunque te, signore manifestato… e non potrei stare a dialogare con Te in questo momento. Né potrei con alcuna delle tue altre forme o eccezioni. Invece parlo con altri… faccio finta che siano davvero loro, ma non vedo che eccezioni del tuo essere, perennemente martoriato dalla molteplicità delle tue forme… Di certo, tornare alla sorgente può essere un’esperienza memorabile, ma io non vedrei in me che un vecchio grinzoso con le gambe conserte e in posa ascetica che rinsecchisce come un albero in inverno. Se dovessi tornare, tornerei come Eccezione dell’Eccezione che sono. Mi eccepirei come parte soggetta allo spazio-tempo, muterei la mia luce, la mia energia e la mia massa… tornerei nel tuo ventre e ne riuscirei come tua nuova eccezione. Perché il Bramhan ineffabile è qui in ogni istante del tridente che hai impresso sulla fronte… e ogni istante lancia folgori. Anche se lui non c’è se non fuori di sé, ovvero come eccezione. Una folgore solo un po’ più potente sarà lanciata e le cose cadranno dal basso verso l’alto. E pioverà dalla Terra verso il Cielo. E toccato lo Zero con un dito, tornerò come nuova creatura o non ritornerò affatto… oppure rimarrò nei mondi intermedi. Ma come si può eccepire lo Zero?
GANESH – Dio parla con Dio. L’uomo con l’uomo. Dio parla con l’uomo, l’uomo con Dio. Una Parte è il Tutto e Tutto è una Parte. Tutto è simile e differente, ma non è Uno… ed è nella sua giusta posizione solo come Eccezione... Grazie per avermi restituito la zanna spezzata. Ora da Zero passo direttamente a Due… e a tutte le altre cose… L’Uno, misura di tutte le cose, non è poi così “stabile”… è 0,99 perioodico o 1,00000001 periodico. Oscilla. Io stesso, con la sola zanna del mio “monismo”, non mi reggevo che su un topolino. L’Essere e la Verità sono impossibili… E anche io non vedo che un presuntuoso uomo assorto nel pensiero, quando dovrebbe piuttosto essere quel fulmine… che noi indù adoriamo come Indra.
(Shiva, padre di Ganesh, chiude gli occhi e incenerisce tutto)
NEL SILENZIO DELLA NOTTE IMPENSABILE
– epilogo –
WILLIAM BLAKE – Arise and drink your bliss, cause every thing that lives is holy! *
BARUCH SPINOZA – Deus sive natura.**
ERACLITO – Il fulmine governa ogni cosa.
VALERIO – Ho compreso. Non c’è che questo e qualcos’altro che sta per accadere.
C. – Ma questo l’ho detto io stanotte!…
PARVATI (madre di Ganesh) – La mia infinita bellezza non è data che da un piccolissimo granello o da una singola onda.
VALERIO – L’assoluto è contingente. Tutto è libero. L’emblema è sciolto***.
PARVATI (sposa di Shiva) – Preso da fuori è gettato dentro. Ma il dentro è il fuori.
VALERIO – Troppo soma…
NOTE
* trad.: “Levatevi a bere alla vostra beatitudine, poiché ogni cosa che vive è sacra!” (da “Visione delle figlie di Albione”).
** trad.: “Dio, cioè la natura”.
*** L’emblema (la forma che rimanda ad altre per analogie e rassomiglianze) è “ciò che viene gettato dentro“. “Sciolto” è invece l’etimologia di “Assoluto”. Così la libertà assoluta (dell’eccepire, del “prendere da fuori“) nega se stessa e diventa la necessità delle forme e del loro infinito approssimarsi alla matematica e alla geometria senza riuscirvi. Un triangolo non è mai un triangolo…
e ovunque non ci sono che singolarità di un modello perfetto che non c’è. L’emblema comporta l’eccezione. Questo “effetto collaterale” è tutto ciò che c’è. Torniamo sempre qui ma con qualche variazione.