Genealogia del “rispetto”
Scrissi questo post molto tempo prima che mia madre morisse, il 18 marzo 2017.
“Meglio un triste accordo che una causa vinta”, ripeteva spesso mia madre, educata da sua zia ad una morale ottocentesca che si voleva immutabile, diffidente nei confronti di qualsiasi novità, amante di sonate chopiniane e sospiri leopardiani, inserita in un’economia meridionale prevalentemente latifondista, agraria, con i privilegi dei nobili o dei ricchi possidenti ancora anacronisticamente ben radicati nella fitta rete di accordi informali per stretta di mano e levate di cappello. Si faceva passare questa violenza sociale per “rispetto”. La sua stessa madre (mia nonna) fu cacciata, per alcune dicerie, quando mia madre aveva sei anni, dal palazzo della nonna-matriarca (la mia bisnonna)… Quel che volevo dire è che quella morale, che esigeva un rispetto “d’altri tempi” per i “signori”, fu sconfitta anche legalmente… e il proverbio riferito da mia madre qui svela tutta la sua impotente diffidenza. I “mezzadri” trovarono il modo di vincere le (suddette) diffidenze per la nuova legge, intentando cause, aggrappandosi a cavilli e fregando tutte le proprietà dei “signori” in questione, del tutto persi in anacronistici (e spesso millantati) privilegi aristocratici o dignità di pezzenti (specie dopo che i capifamiglia si erano assentati qualche anno per appoggiare e servire le velleità imperialiste del regime fascista… spartiacque tra la fine dei residui feudali e una modernità rapinatrice senza più alcun “rispetto”… quella dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione).
IL “RISPETTO” TRA “COSPLAYER”
Dal canto mio, l’unico rispetto che riconosco è per le nostre miserie (“dividuali”… quasi fossimo famigli, schiavi affrancati, saltimbanchi, folli, streghe o contadini… rimasti senza padroni, tagliati fuori da proprietà, diritti, successione, società, “identità”), qualora riuscissimo a metterle in qualche forma di mutua relazione (chiamo “munismo” questo possibile gioco di ruolo dal vivo, questo possibile complesso o insieme di accordi)… Di sicuro non condivido il rispetto per i privilegi e le ricchezze dei proprietari (degli “idioti”, degli “individui”…) e delle loro culture e morali antiche, moderne e post-moderne.
9 dicembre 2017 | Categorie: Uncategorized | Tags: capitalismo, D.e A.D., economia del dono, famiglia, famiglio, fascismo, feudalesimo, idiota, munismo, proprietà, rapporto/relazione, rispetto | Lascia un commento
Elogio del divorzio
…considerazioni che potrebbero seguire a Per l’abolizione del matrimonio.
Il matrimonio non ha niente a che fare con l’amore, ma solo col patrimonio e con i figli cui si intende trasmetterlo. Successioni… sono “cose che succedono”… nessuna ierogamia o congiunzione astrale o cerimonia di “personae” può pretendere di nasconderne il contenuto reale. È il tentativo malriuscito di naturalizzare un rapporto sociale, tra soci, un rapporto economico-politico, giuridico, benedetto dalla legge. È la violenza della legge sui corpi, che può più o meno essere interiorizzata: prostituzione a vita, come modello di tutte le altre prostituzioni. Nulla a che fare con il “di-vorzio”, che, etimologicamente, viene dal latino “di-“ + “vertere” (=allontanarsi in altra direzione)… che intenderei anche come “di-vertimento”, di-versità, di-versione, ecc… Dunque oltre ad essere contro l’istituzione del matrimonio, sono decisamente a favore del divorzio, anche se non si è sposati. Il “di-vorzio” è una condizione esistenziale che ci accompagna a vita: ci si separa dal seno materno con un rigurgito, con re-pulsione… e si procede così fino alla morte (quando è la vita stessa a divenire re-pellente), per scarti successivi, diversioni frattali, come l’asina di Balaam, ma senza bisogno di angeli o demoni che si mettano di traverso. Non c’è una linea retta, divina.
La massa è finita. Andate a zig-zag.
Se divenissimo un gas, agitato dal moto browniano dei suoi atomi, solo la musica potrebbe modularci. Lievi pressioni, seguite da movimenti elastici… onde… Nessun principio, nessuna fine. Io sòno…
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Metonimie
Le “cose”, si sa, si capiscono solo alla fine. Perché non ribaltare queste “cose”, capendole sin dall’inizio, scambiando il futuro con il presente-passato, gli effetti con le cause?
Intermezzo di metafore
Nel frattempo le “bombe d’acqua” e i “mostri in prima pagina” del mainstream servono solo a nascondere, per esempio, la pioggia di bombe in est Ucraina (e prossimamente in Iraq) e i mostri tutti interni alle coscienze occidentali… a cominciare da quelle dei “padri di famiglia” in crisi (psicotico-economica) o di altri agenti sociali, individui colti da raptus “meteorologici” che sembrano accadere per destino, non perché siano i semplici esecutori semi-umani di una macchina di sterminio.
Economia degli affetti (un’allitterazione e un ossimoro)
Mi chiedo (tra norma e libertà, tra formalità e informalità, tra rapporto e relazione, tra immaginario e simbolico) se sia possibile distinguere tra affetti e affettazione…
Forse è meglio assecondare (solo tatticamente) la tendenza sociale ad essere affettati, ad essere degli attori… lasciar parlare il calcolo (lo stretto indispensabile… solo per meglio dissimulare l’incalcolabile, la dismisura di relazioni assolute, senza vincoli… quelle che nessuno degli androidi in giro capirebbe o ci consentirebbe di praticare pacificamente… e che dovremmo imparare, intelligentemente e strategicamente a progettare, moltiplicare, modulare…).
18 giugno 2014 | Categorie: Uncategorized | Tags: Captain Beefheart, di-versione, di-vertimento, dio, donne, economia del dono, economia informale, forza di legge, guerra frattale, io sono, matrimonio, merce su due gambe, metafora, patrimonio, persona, posizioni politiche, pro(i)stituzione, psicanalogica, rapporto/relazione, re-pulsione, religione, società, società gassosa, video clip | 1 Commento
A proposito di “veline”, pubblicità, mercificazione dei corpi… e gratuità del sesso
Quanto segue è frutto di alcune mie riflessioni e commenti (anche altrui) su un noto social network…
Mi chiedo (considerando le istanze di tanti/e che si indignano per l’uso dei corpi in pubblicità): ma perché mai la merce sessuale, i corpi ammiccanti, i tanti culi-tette-fica-cazzo simbolici da comprare metaforicamente, dovrebbero essere più osceni di un prosciutto cotto o della Coca-cola o dello stesso inganno metaforico, del surrogato, del “di più” di piacere che non c’è? Perché i primi stimolano in modo più diretto il riflesso condizionato dell’eccitazione, reificando qualcosa (i corpi, cioè) che la contemporaneità ritiene ipocritamente sacro e inviolabile? Certe battaglie contro la mercificazione dei corpi sono perse in partenza.
Siamo fottuti… questa è la realtà.
Sottrarre anche quel poco di piacere a questa condizione di prostrazione senza indicare altri piaceri (montati secondo altre modalità e paradigmi, giacché di macchine si tratta, non di “istinti”, che non esistono…) è un’operazione moralista, penosa, reazionaria.
(A mio avviso si dovrebbe godere molto più di quel che viene suggerito e di come viene suggerito… in modo improvviso e traboccante… una festa che spazzi via tutte le contrazioni ragionevoli immaginabili: questa nauseante morale del sacrificio, della vittima, questo chinare continuamente il capo, questo legare un piacere omeopatico a idiozie pubbliche e pubblicitarie frizzanti, gustose, brillanti, pulite, morbistenti… ammorbanti… questo mendicare diritti, questa continua interiorizzazione e richiesta di una Legge pensata da mentecatti criminali…).
Noemi commenta:
Come ti dicevo: ieri vedevo “Veline” e mi è apparso evidente che a prescindere dal desiderio indotto dalla TV, non vedo questa cosa come oscena. Dimenarsi e far arte spicciola delle proprie movenze per guadagnare diviene un lavoro come un altro (forse più piacevole e meglio retribuito e con l’agognata fama che questo mondo e modo impone). Trovo osceno, inguardabile, non le veline (che si dice siano di contorno) ma quel centro della scena dal quale due maschietti allupati ammiccano e fanno battute di bassa lega. L’attenzione e l’indignazione vanno rivolti al ruolo che il maschio pretende dalle donne e al perché la morale bigotta richieda alle donne intelligenza e profondità da mostrare… Mi vengono in mente quei quadri che ritraggono delle modelle: pensiamo forse che a loro siano state riservate modalità più sublimi? Qualcuna la pagavano… altre, di quei pittori famosi, divenivano le amanti e quelli, in cambio di qualche lusinga ricevevano la disponibilità delle fanciulle a mostrarsi gratis. E così mi domando: se le “veline” non si facessero pagare per mostrarsi, avrebbero la stessa attenzione? Quel che noto è molto spesso il fastidio nei confronti di chi ottiene posizioni e ricompense per la propria estetica, delle donne che scelgono questo ruolo e che vengono apostrofate come incapaci, inutili ecc… Invece questi maschietti che presentano, loro si che son bravi, pensiamo a un morandi, a un fiorello… mecojoni!
Inoltre se mi indigno per esempio per “Miss italia” o cose simili, implicitamente indico che la colpa sia della donna che si presta a questi giochetti e divertimenti maschili… In questo modo si alimenta proprio quella cultura che invece si vorrebbe cacciare…
Rispondo:
“Se le “veline” non si facessero pagare per mostrarsi, avrebbero la stessa attenzione?”
Questa è una domanda interessante… crea una specie di cortocircuito… Insomma di “norma”, secondo una preponderante morale del sacrificio, il desiderio sarebbe bello perché si paga… (a un tot di sacrificio simbolico – un tot di denaro – corrisponderebbe un tot di piacere simbolico – un surrogato sessuale più o meno sublimato o porno… che è la stessa cosa).
La gratuità dell’esibizionismo credo sia il vero scandalo, in quanto sarebbe un (incomprensibile!) sottrarsi alla forma-merce… o comunque sarebbe un fattore di forte deprezzamento dell’istanza sessuale nello spettacolo e nella merce (se il sesso è dappertutto ed è gratis o quasi, non è una buona esca…), spingerebbe ad una sorta di deflazione del sesso, della prestazione sessuale soft… e in definitiva al ripiego delle strategie pubblicitarie verso altri oggetti… (ma poiché le maggioranze seguono ancora principi feudali… temo che ci sarà ancora per molto quel “centro” maschile di coglionazzi ducetti automasturbatori… ammaestratori e domatori nel circo delle veline… potenzialmente indisciplinate… Ecco forse in questa indisciplina generalizzata potrebbe esserci la auspicabile “deflazione”… Anche se “farla pagare cara” resta la sola momentanea arma di difesa femminile contro chi sembra essere irrimediabilmente coglione, tipo i presentatori che indicavi… Insomma: darla/o gratis e il più possibile o farsi pagare il più possibile? deflazione o inflazione? allargare i cordoni della borsa o continuare con la stretta al credito?)
Senza dimenticare l’origine del sostantivo “veline”, che viene dal Min.Cul.Pop. (…m’incolpò? m’inculò?) fascista… cosa che marchia gli organi (nascosti… tipo il retto, l’ano, ecc…) delle ragazze, in mostra di qualcosa di soft, che va al di là della ovvia questione della merce su due gambe, che tutti siamo, più o meno… Questo qualcosa è più che hard (implicito, nascosto, inculcato… o comunque inteso in senso semplicemente sessuale)… sa proprio di mistificazione, di violenza politica, psicologica e morale, da parte di quel “centro” di cui scrive Noemi… che appunto tende a scaricare la colpa della presunta oscenità del proprio desiderio dell’altro sull’oggetto del desiderio stesso… (come dire: segretamente, più o meno metaforicamente, ti inculo , piegandoti ad esempio alla disciplina oscena dei contest, alla precarietà estrema del lavoro nello spettacolo, magari alla scorciatoia della prestazione sessuale sottobanco, e pubblicamente e spettacolarmente ti incolpo… della tua stupidità, inferiorità morale, superficialità, dei tuoi ammiccamenti sessuali, della perversità dei tuoi atteggiamenti che pur richiedo, ecc…).
A mio avviso può avere una sua intelligenza darla/o gratis quanto e a chi vuoi e farsi pagare il più possibile da chi non vuoi… ma in questa distinzione volontaristica potrebbe celarsi un ulteriore criterio capitalista di valorizzazione al ribasso o che investa, come già si sta facendo, nella socialità della produzione (si tratterebbe di definire i criteri della propria volontà, che andrebbe resa autonoma dalla Grande Macchina, altrimenti è tutto un cavolo…). Il problema dunque, come al solito, è il valore (anche il volere è valore, in certe condizioni…), che sembra pervertire sin da principio e irrimediabilmente qualsiasi gratuità spontanea della vita, del sesso, ecc…
4 agosto 2012 | Categorie: Uncategorized | Tags: accordi politici in/dividuali, corpo de-capitalizzato, crowdsourcing, desideri, donne, economia del dono, economia libidinale, femminismo, gratuità, ipotesi perversa, jeune-fille, merce su due gambe, mercificazione dei corpi, MinCulPop, moneta vivente, morale del sacrificio, perversione, psicanalogica, sesso, social network, società, sublimazione, valore, veline, vittima, volontà | 1 Commento
D.e A.D. – decentralizzazione e anomia dividualista (ex D.A.I.)
(“L’uomo rotola via dal centro verso la X”.
(Friedrich Nietzsche)
Aggiunta del 1 marzo 2013. La D.A.I., viste le ultime ricerche e ipotesi sul dividuo, è diventata DeAD – decentralizzazione e anomia dividualista. Si prendono in tal modo le distanze anche da una tradizione (individualista di qualsiasi tipo) in cui non è più possibile riconoscersi (dato che, a quanto pare, non ci sottrae dai rapporti sociali che ci imprigionano).
Quanto all’anomia (oltre al rifiuto della chiusura che l’auto- di “autonomia” implica) è uno sberleffo alle tesi di Durkheim al riguardo… è la macchina ludica delle “periferie” e delle pratiche produttive e riproduttive che rifiutano il centro, contrarie appunto al nomos (come all’identitarismo, all’universalismo, al territorialismo) e favorevoli al gioco delle regole, alla ricombinazione delle relazioni tra insiemi di dividui al di là della divisione del lavoro o attraverso di essa.
Aggiunta del 12 marzo 2013. La D. e A. D. (Decentralizzazione e Anomia Dividualista) discute le premesse e le regole di una sorta di GRV (“gioco di ruolo dal vivo”… con spunti da LARP o da Nomic…) che orbiterà attorno a due istituzioni provvisorie principali:
– le utòpie (nome provvisorio e casuale delle note dei muncipi virtuali – divisibili in due, tra i contraenti, come l’antico symbolon – che regolano gli scambi secondo principi mutualistici, che contrassegnano il tipo, la qualità e il tempo di lavoro… e che costituiscono un patto politico dividuale oltre che un mezzo di scambio o un accordo di produzione, distribuzione, consumo – ricongiungendo in tal modo la separazione dell’economico dal politico. Lo scambio e la registrazione delle utòpie , o p.d.t. – perdite di tempo – viene regolato, mediante una sorta di gioco a livelli crescenti di coinvolgimento e complessità, dai municipi virtuali)
– i municipi virtuali (…deterritorializzati e anti-identitari… sono istituzioni-software, calibrate collegialmente, atte a regolare e pianificare l’attività di un gruppo di dividui aventi come finalità strategica la decentralizzazione di poteri, energie e risorse e l’autonomia e autosufficienza degli stessi municipi – da “munus“ + “cipium“, “ricevere un dono, un incarico, un servizio, un prodotto, un’opera, ecc” – vedi i significati latini di “munus” anche qui – con l’impegno volontario di ricambiare e partecipare; differente dal senso del “com-munis”, del mettere in comune, accentrando, regolando con la forza della necessità lo scambio dei beni… dal valorizzare e porre l’isituzione al di sopra delle volontà dei singoli in/dividui istituenti).
Seguono i primi spunti dell’idea originaria…
A proposito del nuovo simbolo. Ho scelto colori che vanno alchemicamente dalla nigredo all’albedo (meglio un’ispirazione lunare e non-violenta, ma con una punta di corrosiva acidità, la freccia) e che indicano in modo inequivocabile la forza centripeta del movimento…Alcuni potranno trovarvi la citazione della “giduglia”, la spirale disegnata sul ventre di Padre Ubu… altri l’eccentricità di alcune armonie naturali chiaramente osservabili nelle conchiglie o nelle galassie… altri una irresistibile attrazione, contrario della “logica stringente”…
Lascio qui sotto, invece, la spiegazione del precedente simbolo, per meglio comprendere la genesi del logo e i commenti che seguono al post… La rimozione del profilo di Stirner, oltre che per motivi squisitamente estetici, è anche dovuta ad una certa insofferenza nei confronti dei predecessori, che, per definizione, è meglio che rimangano nei loro libri. Altro importante motivo è che una premessa essenziale della presente idea “politica” è la imprescindibile critica dell’identità e della metafisica (che va da Nietzsche a Derrida) e dunque anche dell’esaltazione dell’Ego così cara a Stirner. La verità e la metafisica (le ideologie e le religioni che vogliono un pensiero unico, fondante) sono ancora peggio delle strutture economiche che hanno ispirato… Non credo che l’uomo debba cercare un’unica logica. E’ semmai costretto (anche dalla sua stessa “natura”) a dover praticare più logiche, cambiare idea, confrontarsi o distrarsi… e seguire paradossi, infiltrarsi e contaminarsi.Mi concentro sulla spirale (per uscire dalla storia, dalla dialettica e dall’incubo illuminista…). Come un neutrino che sfugge ad una supernova.
L’uomo non è “buono” per natura. La sua inclinazione alla prevaricazione rende quest’ultima la tendenza generale della società, che è la somma dei singoli in/dividui, per il solo fatto di essere possibile… Così chi si afferma nella società sono solo i “cattivi” (dal latino “captivi”=prigionieri… di una società – il fantasma preferito della convivenza umana – che ne asseconda e ne amplifica le inclinazioni perniciose). Si può dunque dire che la società è intrinsecamente “cattiva” e incapace di esprimere una giustizia che rispetti tutti gli in/dividui nella loro singolarità e specialità, poiché in realtà afferma il principio contrario. Quello di una norma generale che si ispira a presunti valori universali. La DAI, riconoscendo il “male” come costitutivo dell’uomo e della società (ma non esaltandolo in alcun modo), sostituisce la legge morale “Ama il prossimo tuo” dell’era dei Pesci con il più realistico invito a “Non nuocere agli altri” (in/dividui o viventi che dir si voglia). Critica aspramente tutte quelle ideologie volte a considerare le società come superiori all’in/dividuo e fautrici del suo bene. E inoltre tutte quelle religioni che inneggiano acriticamente e ipocritamente all’amore reciproco come unica legge morale. Per la DAI il senso della responsabilità ed una progressiva educazione alla libertà in/dividuale e al suo valore, determinato da nuove regole di scambio e convivenza, dovrebbero bastare a bilanciare le tendenze alla prevaricazione. Tale “pedagogia” potrà essere messa in pratica da scuole, laboratori e gruppi di in/dividui liberi (soprattutto dal ressentiment).
La DAI intende sostituire gli accordi politici in/dividuali alle Società e ai poteri centrali. Intende rimpiazzare il diritto (borghese, nato dalla Rivoluzione francese) di essere un “cittadino” con la possibilità di essere un “in/dividuo”, un “vivente”, libero e rispettato anche al di fuori delle logiche statali e nazionali.
In un contesto di dissoluzione dei principi che hanno fondato le democrazie liberali, di violazione programmatica del diritto internazionale, di messa in discussione delle norme costituzionali e della forma-stato, la DAI cavalca l’onda del cambiamento, piuttosto che attestarsi su posizioni giacobine di più di due secoli fa… che suonano come restauratrici e reazionarie (vedi i partiti e i molti movimenti a favore del “cittadino” che nascono sempre più numerosi). Non difendiamo né il diritto, né la prigione…
NO FRENCH REVOLUTION.
13 agosto 2008 | Categorie: Senza categoria | Tags: accordi politici in/dividuali, alchimia, analogica, anomia, anti-identitarismo, autonomia, banner, comune, D.A.I., D.e A.D., de Sade, de-territorializzazione, decentralizzazione, decostruzionismo, derrida, diritto, dividuo, divisione del lavoro, economia del dono, economia politica, embolon, filosofia - articoli, giogo/gioco, hardware/software, Hobbes, individuo, Jarry, Lautréamont, legittimità, Machiavelli, municipi virtuali, munus, mutualismo, Nietzsche, Nomic, nomos, patafisica, pedagogia, perdita di tempo, politica, posizioni politiche, Proudhon, rivoluzione, società, stato, Stirner, symbolon, Ubu, utòpie | 35 commenti