Il feto-monolito e lo schizo-capitalismo

Ne derivano alcune considerazioni. Non trovo in questo alcuna novità rilevante circa la mia composizione simbolica di fondo (fatta di insofferenza nei confronti delle logiche patriarcali e di orripilazione per le poltiche del desiderio materno di fallicità – di gestione del Figlio come fosse un Fallo – vissute come minaccia alla mia stessa Vita, tramite un mio rimpiazzo con un Sostituto… il FETI-cismo insomma, la merce al posto di ME)… ma vi è piuttosto la suggestione di un Dualismo senza ordine, né condizione sopportabile, che si oppone con tutte le forze ed in modo imprevedibile, irragionevole, distruttivo, invisibile e spettrale (quasi come incarnasse un principio del Male) ad un Sistema teso (sino allo spasimo, fino a lacerarsi) alla pacificazione, basato sul Terzo (ciò che possiamo immaginare come lo Stato, un ordine simbolico, la perfetta costruzione di una metafisica come quella di S. Tommaso d’Aquino, ecc…). E questo scenario non è… personale. E’ lo scenario messo in campo, per esempio, dalla Guerra al Terrorismo, in cui, dietro un’apparente gestione razionale degli eventi, si cela un mostro di innesti e proliferazioni (traffico d’armi, patti trasversali, campi di reclutamento, centri di addestramento, ma anche, sul fronte interno… “comunità”, sette, gang, bande…) nel tessuto stesso della società, che si pretende Razionale e che si suppone esista (pur essendo una sorta di finzione scenica, la rappresentazione di un ordine semi-naturale, un sostrato mitico su cui adagiare il corpo-in-frammenti del sistema; a mio avviso non vi è mai stato alcun “contratto sociale”… come sostengo in questo commento 22). Dunque questo Dualismo terrorista, questa Eccezione del Diritto, quando rivela la sua verità oscena, nascosta dal Sistema che la copre e la supporta occultamente, sembra presentarsi come fosse la Realtà… Ma è un mostro creato in laboratorio… Ora, nel mio sogno, questo mostro, voleva sostituirsi al MIO laboratorio, alla mia coscienza (rimbalzata tra maschile e femminile e che trova la sua provvisoria unità nell’uovo alchemico). Ma non c’è risucito, evidentemente… In quale scenario ci si muove? Più o meno quello labirintico, spettrale e cannibalico di Pacman… che ha in sé la simpatia finta di uno smile. E’ il capitalismo… che mira ad integrare nella sua composizione onnivora, come di una zucca decomposta che rinasce da sé materializzandosi qua e là, anche i deliri della schizofrenia, una volta letti come rivoluzionari (da Kristeva, Deleuze, per esempio) ed ora integrati (in qualche modo) nei circuiti del sistema. Sylvère Lotringer scrive una sorta di requiem della resistenza possibile (prendendo le distanze dagli inviti insurrezionali di qualche “invisibile” gnostico contemporaneo, che pur conserva un notevole acume… se non fosse che è il capitale stesso a spingere verso le barricate e ad inventare scenari alla “Terminator”):“Cosa si può intendere con resistenza? Resistenza al capitalismo? Ma con il capitalismo abbiamo a che fare con una nozione molto artaudiana: è ovunque e in nessun luogo, si tratta infatti di un concetto confuso, anarchico, come Eliogabalo, ti volti e non è più lì dove si trovava. Non si ha nel capitalismo una progressione logica o prevedibile, è qualcosa di affine alla follia. E come si può pensare di combattere la follia? Ci si può solo rendere conto che non si ha a che fare con qualcosa di umano, perché non è un sistema concepito per essere al servizio dell’umanità. Tutto ciò ricorda la storia dell’apprendista stregone: il capitalismo, si badi bene, è sempre esistito, ma nelle società primitive era sottoposto a tutta una serie di limiti e costrizioni, ma noi abbiamo, per così dire, lasciato uscire il genio dalla lampada e finirà per distruggere l’intero pianeta. L’avidità di profitto, la speculazione rovinano anche le migliori intenzioni, per cui anche un’industria ecologica, nonostante i suoi obiettivi positivi, viene sovvertita dalla logica cui obbedisce, logica che finisce per rafforzare il capitalismo. Gli stessi concetti con cui si confrontavano Artaud e Bataille risultano obsoleti rispetto al capitalismo contemporaneo, che finisce per produrre degli zombie soddisfatti di sé, i quali non si chiedono neppure in che direzione procedono. Ne risulta una sorta di Grand Guignol dove nessuno ha più coscienza, ad esempio, del fatto centrale che la sua vita è limitata. C’è qualcuno che prevede ancora fasi di rivolta, come ne l’Impero di Antonio Negri, ma non condivido questa visione ottimistica poiché, nonostante vi possano essere evoluzioni inattese come imprevisto fu il maggio del Sessantotto e il mito che ne originò, oggi mancano dei miti sufficientemente forti. Il capitalismo stesso si presenta come un mito e riesce a suscitare, come tale, degli affetti ma non si tratta di affetti che posseggono alcunché di autentico”.