Matematica dell’amore
Tornare a casa è comunque una bella sensazione… cose già viste? dentro casa accadono molte più cose che all’esterno… specialmente rispetto ad un viaggio in treno o in metro o in autobus… piani-sequenza interminabili e pallosi… (con ostacoli davanti, persone incluse… che a volte ti si abbarbicano, a volte puzzano, ti sbirciano di nascosto come se fosse proibito guardarsi o interloquire… Ecco a che servono gli occhiali da sole… a mandare affanculo il prossimo… in realtà lontano anni luce…).
Poi 1 breve incontro di 2 dividui tra 2 binari, 2 baci veloci e 2 treni che partono a 10 minuti di distanza… 2 connessioni GSM inseguono i 2 dividui su 2 treni diversi… fino all’arrivo di 1 dei 2 a destinazione.
Risultati:
i 2 sono 8,
gli 1 sono 2,
il 10 è 1 solo.
Dalle copule precedenti deriva in modo assai poco logico che 1=2=8=10.
Valeriomelìa
E insomma, a scanso di equivoci, affermiamolo in modo definitivo:
– Non siamo “persone”…
– Non esiste un’anima individuale o indivisibile (non esiste un anima, punto)… animelle? No, forse non ci siamo s-piegati…
– Non c’è differenza, barra di-visiva, significante, tra movimenti animali e moti dell’anima, ma continuità, come su un nastro di Moebius… ci si dividua e, solo dopo che ci si è piegati, ci si s-piega, ci si individua…
– Come in ogni labirinto (anche impossibile, mutevole), è il percorso che fa la conoscenza, non la conoscenza che fa il percorso.
– Capito coglione di un Teseo? al centro non c’è nessuna Bestia Mugghiante da uccidere… Hai perso il filo di Arianna, il filo della spada di castra-tori, il filo del desiderio e del discorso tutto insieme? Tu sei il labirinto che si piega e si s-piega, si apre e si chiude… continuamente. Tu sei un campo di battaglia.
– Che stavamo dicendo?
[…]
– Lo diciamo una volta per tutte: non c’è niente di amorevole o razionale che tiene in vita l’universo… Amore, Ragione, Vita e Universo sono le più abusate e patetiche illusioni… tutte varianti, come anche l’Unità, la Totalità, della più grande delle menzogne, della Verità… Si fa di tutto per mantenere in vita artificialmente i rimasugli di umanesimo e antropomorfismo degli indivisibili individui spacciatori di religioni e dei seminatori di culture o colture infestanti… Siamo uno scherzo della natura, ripiegato, invaginato, annodato in uno degli infiniti eventi locali senza leggi assolute, un gioco miserabile, comunque di-vertente, che molti si ostinano a prendere per incontrovertibile, totale, unico, circondandolo di gendarmi e difendendolo fino alla morte… contro “se stesso”!…
Binari morti
Avevo sognato di vagare (di notte) per una Taranto del tutto in mano a bande criminali… scampato al furto della macchina che mi stava dando un passaggio, scopro, al posto del vecchio porto militare (nelle nari il tipico odore di mare e alghe morte), dei binari ferroviari con operai che costruiscono parti meccaniche al tornio all’interno di un vagone posto su un binario morto…
– Ma che fate, lavorate a quest’ora?
– Come tutti, no?
Lì vicino c’è Fulvio Abbate… ci guardiamo negli occhi senza dirci nulla… lacrime silenziose ci solcano il viso. Salgo sul tetto sfondato del vagone, mentre sento lo “scrittore” blaterare garrulo di Teledurruti davanti alla sua telecamerina…
(una visione infernale…)
Un esempio di nazismo (*) nella società “civile”
(*) Il richiamo è alla scusa “eseguivo gli ordini” da parte dei burocrati dei lager, nonché alle condizioni estreme di trasporto riservate ai prigionieri degli stessi. Diciamo che è una metafora, ma nemmeno tanto… dunque non la virgoletto.
Il 19 giugno 2013, mentre mi recavo a Ciampino con un autobus Cotral e con 35 gradi di temperatura all’esterno, un autista inflessibile e zelante nel rispettare il regolamento della sua azienda, non spegneva il condizionamento d’aria, che invece di raffreddare riscaldava… aria calda per tutto l’autobus, già ben caldo per l’esposizione delle sue lamiere al sole pomeridiano… insomma si soffocava. La gente straordinariamente paziente o cojona, protestava educatamente e l’autista rispondeva seccato che era costretto a tenere il condizionatore acceso anche se funzionava al contrario o altrimenti doveva fermare la vettura… al che ho pensato di protestare maleducatamente inveendo contro la stupidità di chi esegue gli ordini senza pensare mettendo a rischio la salute dei passeggeri (anche questa responsabilità dovrebbe comportare sanzioni… ne approfitto per mettere in crisi lo zelante dipendente Cotral…). Posto di fronte al dilemma schizo, l’autista si ferma e ricatta. O con il riscaldamento a 35 gradi o niente corsa e si aspetta tutti la successiva. Nel frattempo, fermo a S. Maria delle Mole, non fa salire altre persone che battono i palmi contro i portelloni come zombie inferociti, dato che ha deciso di far rispettare la regola (magari più condivisibile, ma non da chi resta per strada a boccheggiare per ore, dopo un paio di corse saltate) secondo cui non si può riempire l’autobus fino all’orlo… Decido di resistere per i pochi chilometri restanti e mandarlo a cagare una volta a destinazione… Nel frattempo dopo le mie rimostranze si scatena il gusto mediterraneo per la tragedia… una donna incinta si sente male… tutti protestano… Scendo. Finalmente si respira.
La norma “democratica” come stato d’eccezione dell’eccezione (una storia familiare)
“Il 25 Aprile si festeggia la continuazione del Dominio sociale capitalistico, sebbene sotto una guisa politico-istituzionale diversa da quella precedente”.
(“Liberarsi dal mito della Liberazione” di Sebastiano Isaia)
Mi chiedo… ma cosa ha rischiato a fare mio padre di essere colpito dalle pallottole dei tedeschi che gli fischiavano sulla testa mentre correva in salita o aspettava l’alba sotto una botola sepolta dal letame di una fattoria o incuneato tra i muretti a secco per non farsi scovare dai terribili dobermann?… Per il pasticcio “democratico” che ha condotto sin qui, sino a Letta e Nap0litan0?… penso proprio di no… Lo ha fatto per il boogie woogie, per il “jazz” che non piaceva a suo padre e perché fu questione di vita o di morte certa… quel giorno nella caserma di Torino gli fu ordinato (…era diciannovenne) dagli alpini, che decisero di fronteggiare i tedeschi (e morire), di fuggire in ordine sparso sulle montagne… di darsi alla macchia, vivere da barbone… lo fece per qualche giorno, prima di essere accolto dalle suore (una delle quali si innamorò di lui, si spogliò e scese dopo la guerra a cercarlo…) o foraggiato dalle coraggiosissime ragazze piemontesi, in un luogo che parlava un’altra lingua (“l’è un de la basa”= è un meridionale… parlava strano, parlava in italiano…). Neanche lui era convinto del valore della guerra in cui si era ritrovato… la giustificava solo come liberazione dai tedeschi, dai nazisti… “stronzi” (lo sento ancora il tono tra il disgusto e la paura con cui lo diceva… soprattutto quella, la “paura”, ricordava o l’angoscia di non respirare nei rifugi antiaerei durante i successivi bombardamenti “democratici” su Torino)… orripilato anche dai linciaggi dei collaborazionisti, dalla contro-barbarie che seguì… Alla fine si era comunque convinto che la nuova “libertà”, lui che fino ad allora aveva conosciuto solo il fascismo, questa “democrazia”, sembrava decisamente meglio che rischiare la pelle ogni giorno per le conseguenze della scelleratezza nazi-fascista (o piuttosto, diremmo, dell’improvvisa accelerazione dello sviluppo dell’industria pesante, del complesso militare industriale statunitense, in concorrenza con l’URSS e la Germania…)… ma nutriva più di qualche dubbio… per lui era tutto una porcheria… da una parte e dall’altra. Ad ogni modo, frequentò corsi di lingua inglese dalla signorina Colohumn (una bionda americana…), fece il maestro negli anni del “boom” economico (=dell’indebitamento colossale con gli USA…) e fece tre figli con una sua collega, profuga italiana dalle colonie africane… mia madre… anche lei salvatasi per un pelo dal ritrovarsi nel porto di Trieste (sbarcò, per sua fortuna, a Taranto, città da cui proveniva e dove sostò il transatlantico che la portava, dopo aver circumnavigato l’Africa, dato che da Suez non si poteva passare…).
Io, storicamente, sono figlio di questa illusione (che ha cominciato, nel mondo, a scricchiolare e mutarsi in allucinazione più o meno quando sono nato, nel 1968), di cui mio padre, pur vivendola, non fu mai troppo convinto (anche perché, all’inaugurazione della sua nuova vita in abiti borghesi, non gli fu neanche riconosciuto di essere stato partigiano, dagli stronzi che avrebbero dovuto riconoscerglielo alla consegna delle armi… neanche una ricompensa per aver rischiato di crepare…).
Fu per evitare il peggio1 che si istituì lo stato d’eccezione dell’eccezione… la doppia negazione (di cui la seconda sta decisamente esaurendo il suo tempo…).
1 …in un certo senso confermandolo o mascherandolo, incentivandone il cabaret con caramelline, concessioni e seduzioni, mantenendo, nel nuovo involucro, pressoché gli stessi rapporti sociali di prostituti (magari un po’ più normalmente e consensualmente alienati e alienanti), quelli della “società civile”… che si insiste a raccontare grottescamente e pomposamente come coesa, unita, popolare, nazionale, dignitosa, familista, ecc… ma che include anche lo stilista o l’artista eccentrico, il rivoluzionario, l’attentatore, i costumi sessuali disinvolti quanto standard (categorizzati per sfumature di preferenze con la minuzia delle tavole di Linneo) della merce su due gambe, certi single senza figli e annoiati che provano ad estinguere la razza italica, ma che sono magari produttivi comunque di qualche cacata utile al sistema parassitario che li accoglie… supporti semi-viventi del sistema del dominio reale… feticci, modelli, macchine-umane, replicati-replicanti, zombie, cloni…
Aborti!
Vinceranno i diritti dell’uovo contro una ragazzina che non ha nessuna intenzione di partorire?
(Secondo il mio punto di vista, è come se la legge impedisse ad una persona di tagliarsi le unghie… dove finisce la ragazzina? dove inizia lo spermatozoo-ovulo fecondato? Non siamo individui, ma /dividui!… siamo divisi e siamo una legione… fatevene una ragione… ed evitate di esorcizzare quel che vi spaventa).
Una mia cellula mi ha detto: “Il mio nome è legione” … e la cellula-cristo là vicino non ha protestato… anche perché faceva parte della “legione”…
Da un punto di vista paranoide, potremmo considerarci infestati di cellule… molte nemmeno hanno il nostro dna o ce l’hanno mutato, con errori, ecc… ma noi, con un colpo di mano, diciamo IO…
Viviamo e moriamo nello stesso tempo.
E non è una faccenda che dovrebbe interessare lo stato nella sua forma più astratta ed eretta, quella del “diritto”.
Qui (1, 2, 3) tre post di Femminismo a Sud sulla vicenda… e uno di Mazzetta.
Adaequatio rei ad imaginem
– Abbiamo fatto carte false perché le immagini prendessero il sopravvento sulla realtà… ora la realtà deve marcare il passo… se abbiamo detto che abbiamo prodotto 25 e voi avete prodotto 1, non siamo noi a dover ridimensionare i conti a 1, ma voi a dover produrre 25.
– Ma non è possibile!… Non ce la faremo mai!
– Se volete le nostre banconote, la nostra contabilità truccata strutturalmente, e soprattutto garantirvi lo standard di vita che tanto vi piace, non avete altra scelta… E siete troppo rincoglioniti per inventarvi altro, senza crepare di fame… Il nostro edificio è bellissimo, perfetto… Non riuscirete mai a farne uno simile… Occorrono decine, centinaia di anni per pensare un’architettura così complessa e condivisa… e comunque, con-dividui, nel caso aveste idee diverse, abbiamo i droni…
– Probabilmente, quando avremmo prodotto 25, voi avrete fatturato per 1000… ma che razza di gioco sarebbe? Questa moltiplicazione dei pani e dei pesci è un miracolo miserabile!
– Zitti e a lavoro! Voi siete quello che avete nelle vostre tasche… niente altro… e a giudicare da quello che avete non siete un gran che…
– Ok, non siamo un gran che… ma proprio per questo non produrremo strutturalmente quanto richiesto…
– Allora non ci resta che azzerare tutto, uccidervi e ricominciare daccapo: non esiste lo sfruttamento, ma solo l’adesione ingenua, pigra o ignorante ad un modello di supposto-sapere delegato ad altri… voi produrrete 1 e noi fattureremo per 25, ecc…
– Ma come? e l’estrazione del plusvalore, lo sfruttamento, l’alienazione, l’accumulazione primaria, l’oppressione?…
– Vi siete immaginati tutto quanto. E comunque sono tutte cose monetizzabili… L’opulenza che vi offriamo è maggiore di quel che producete… Siamo una potenza… e voi non contate un cazzo… Le vostre lotte di classe sono un capitolo trascurabile del capitale finanziario che paga sia padroni che lavoratori. Noi mettiamo in circolo il vostro sovrano assoluto. Lo avete nelle vostre tasche… voi siete le vostre tasche… voi siete monete viventi.
– Per adeguarci a questa immagine non possiamo che ucciderci… ma poi non vi sarà più alcuna immagine.
– Già…
– A meno che… non ci adeguiamo.
– Ci dovete solo provare… Il punto è che il nostro compito è finito. La pellicola è svolta fino all’ultimo fotogramma… Il cinema chiude. Provate a tornare a casa… non ce l’avete una casa!… e allora provate a vagare fino a trovarne una… nomadi pezzenti.
– Mai più case, mai più in giro… di sicuro mai più contabili ierofanti.
– Ecco, appunto… non contate niente…
– Perseguiremo lo zero, con gran piacere.
– Aspetta… dove vai?
(Punta il suo revolver alla schiena del fuggiasco, che si allontana fino a scomparire. FINE).
Identità di genere (tema)
Parte I
In genere non ho un‘identità… ma soprattutto non capisco perché tutti questi giuristi, psicologi, medici, preti, militari, sociologi, economisti, perfino quelli dell’ONU (riconoscendo il gender a modo loro come ideologia normativa, anche per avere una scusa in più per intervenire col maglio contro le terre e i corpi ancora da colonizzare), vorrebbero entrare nelle mie mutande… Vogliono vedere da che parte pende?… eppure il cazzo è solo una cosa avvitabile e svitabile… come le lampadine, come la testa… (che sia libido o coscienza, sempre elettricità è… e da un punto di vista energetico contano molto poco i miei gusti… eventualmente l’intensità e la frequenza con cui consumo neuroni o spermatozoi… ma per fortuna, non mi hanno ancora attaccato a nessuna centrale… e non pago bollette su neuroni e sperma…).
Lo s-vitato.
Parte II
(Agli uomini…). Ogni volta che vi fate le seghe toccate il pene di un uomo… e c’avete pure i capezzoli che non vi servono per allattare… e una sutura sullo scroto che vi ricorda che avreste potuto essere donne…
E pure le donne… ma siamo sicuri che non abbiano temporaneamente un pene quando le penetrate? e che i penetrati (pene tracti) per farvi aspirare sperma a fiotti non siate voi? (PS: lungi da me rispolverare il cliché della donna vampiro e altri fantasmi cari anche al paranoico Strindberg, amico di Munch… Qui si parla di una lieve schizofrenia, liberata con una certa cautela, come antidoto ai comportamenti dei soggetti paranoidi predominanti… e che non intende assolutamente solleticarne i deliri).
Allego infine un mio commento su Feisbuk ripreso da FaS in un dettaglio che riguardava il “diritto naturale” nelle mutande…:
Discutendo a letto con la donna che amo lei mi faceva notare che alla base dell’aggressività maschile ci sia tanta “frociosità” repressa (si uccide la donna che non si accetta dentro di sé) e che per stemperare questa paura occorrerebbe confondere i ruoli e i gusti maschili, se non esserne indifferenti a livello di giudizio, più che rimarcare differenze con classificazioni (LGBT, ecc…) che finiscono poi col sovrapporsi alle categorie “merceologiche” del porno, per esempio… o si istituzionalizzano al punto da sollecitare l’attenzione, tramite CEDAW, dell’ONU (quella delle guerre “umanitarie”!…). Io rincaravo la dose dicendo che si tratta anche di personalità paranoidi che seguono regole (socialmente condivise, ahimé, anche dalle maggioranze “normali”, che si eccitano coi loro “valori”), seguono regole, dicevo, paranoicizzanti… penso all’addestramento dei parà, alle pistole ai vigili urbani, al protagonismo identitario, alla competizione, a quella tentazione residua, feudale, di “diritto di natura” che vorrebbe legiferare nelle mutande… Insomma bisognerebbe mettere i riflettori sul piccolo maschio paranoico… anche nella versione “soft”, ironica, sorniona, col “pensiero debole”, tipo Fabio Fazio… modello maschile che simula il suo essere pulitino e ubbidiente, timoroso di una sempre incombente e fantomatica censura, pur rimanendo incollato ad una posizione privilegiata, con la “segretaria” pseudofemminista spalmata sulla scrivania, che si permette (o meglio, le si concedono in trasmissioni extra) pure sproloqui contro il femminicidio, pur incarnando a livello spettacolare (il solo che conta in TV) i più stupidi cliché maschili… Mi è stato detto che “è una brava comica”… A me non fa ridere il modo in cui è sottoposta agli elogi, alle pacche sulla testa del maschio-padrone dello studio… Tutt* si sono concentrati su di lei… nessun* su quella testa d’uovo di Saviano o sul suo “Mangiafuoco” camuffato da uomo dimesso, Fazio…
Qui la mia replica a distanza al post di FaS:
Senz’altro il “diritto di natura” (preti, antiabortisti in tonaca e non, sindaci genuflessi, estreme destre, etc…) è molto fastidioso quando vuole frugare tra le mutande… ma aggiungerei che manco il “diritto positivo” scherza… neanche quello internazionale dell’ONU con la sua sclerotizzata idea delle “identità” di genere (anche quelle non allineate). L'”identità” di cui cianciava per esempio un Hegel era già molto osteggiata dal femminismo della differenza… (qualcuna scriveva “Sputiamo su Hegel”). Ora ci sono altre teorie che mettono in discussione sia identità che genere… Credo più che altro che sia un equivoco considerare come problematico non avere un’identità (scrivendo di “difficile ricerca di identità perduta, senza che si agevoli o istighi la tentazione di rifugiarsi nei vecchi valori”)… Io per esempio credo di essere tranquillamente privo di questa cosa… e non è questo che mi turba… forse è proprio l’Identità (di ruolo, di genere, di carta, di quello che vi pare) a disturbarmi… anche assai…
Primavera meccanica
Oggi osservavo un campo con svariati insetti che si cominciano a riprodurre… alcune afidi proteggendosi con della schiuma appiccicata agli steli… Era tutto un ronzare e un cinguettare.
Ad un tratto mi è sembrato tutto meccanico. Come se il fiore non fosse separato dagli insetti, ma fosse un corpo unico… e così tutto il resto… e ho pensato che fosse un pensiero paranoico, mortifero… quello stesso di Cartesio (che espelleva la vita come un’estensione estranea alla Ragione)… Eppure se penso “macchina”, penso “insetto”… non c’è niente in ambito vivente che ci somigli di più…
– E’ solo un’immensa comica. Forme e creature tra le più strambe, cui ne seguiranno di ancora più strambe… un accrocco infinito, un pasticcio inestricabile… se doveva essere qualcosa, poteva essere solo così… a cazzo di cane… secondo un disegno deficiente, senza un rimedio che non sia un rattoppo… Non c’è Ragione, né Dio. Involuzione dappertutto, man mano che ci si specializza… forme nate morte, che si guastano in troppo poco tempo…
Vite con un interruttore.
La droga delle religioni
“Può portare il soggetto a forti allucinazioni visivo-auditive definite come “di pre-morte”, con la percezione di ‘entità disincarnate’, apparenti visioni del futuro (flashforward) e vista del proprio corpo dall’esterno. […]
C’è ragione di pensare che l’organismo sfrutti molecole con azione simile in condizioni d’arresto cardiaco per preservare l’integrità del sistema nervoso centrale e periferico”.
(tratto dalla voce Ketamina della Wikipedia)
Stamattina, appena svegli, io e la mia fidanzatadiscutevamo dell’importanza degli umori (gli attuali neurotrasmettitori) per gli esseri umani… e ipotizzavo l’esistenza di un’endorfina estremamente potente, capace, in prossimità della propria morte di renderla più accettabile (un po’ come c’è l’orgasmo perché ci si riproduca, ecc…).
In realtà ancora prima si parlava dei residui dell’androginia fetale sul nostro corpo… Ci si poneva domande tipo:
– Perché gli uomini hanno i capezzoli se non servono?
– Perché hanno una sutura longitudinale sullo scroto?
Di conseguenza notavo una sorta di lavoro della morte al principio della vita, che uccide selettivamente alcune cellule, membrane, ecc… per forgiare le forme umane che riconosciamo come tali. Da lì poi si è passati a parlare della morte (cazzo, appena svegli!!!)… e dunque di religioni e umori (questi sarebbero la base animale, indifferente e “innocente” della costruzione corporea delle etnie, animica delle religioni e razionale dell’apparato militare… tripartizione di cui parlavamo invece ieri a cena…).
Insomma i discorsi di una normale coppia…
“I vicoli di Velletri – tra borgo ed estrema periferia metropolitana” (2012) | un video di Valerio Mele
Colonna sonora:
“Ud song” (Valerio Mele, Emma Giannotti)
“Autumn” (Fabio Mariani, Valerio Mele)
In una dimensione sospesa tra rievocazioni storiche e solitudini da estremo confine metropolitano, inizia un viaggio esplorativo ed emotivo attraverso i vicoli di una cittadina che mostra ancora le sue ferite aperte (es: la “casermaccia”, il convento medioevale bombardato durante la II guerra mondiale, nascosto dalle erbacce e dall’incuria). Il punto di vista (dell’Autore) è quello di chi si è trasferito dal sud Italia per andare a vivere al confine della provincia romana in un modesto monolocale, dati gli elevati costi degli affitti nella capitale. Così, mentre Velletri ricorda un po’ annoiata e indifferente la sua storia con il suo folklore (e una comunità prova a compattarsi stancamente attorno ai suoi riti posticci), la contemporaneità vorrebbe degradarla a città-dormitorio di pendolari, priva di qualsiasi senso comunitario (che comunque è anche regressivo, identitario… “reazionario”, se vogliamo). In questa dicotomia di fondo si inserisce la poetica del video, la sua ricerca appassionata (in/dividuale, non comunitaria… non comune, né fashion…) della bellezza nascosta, dell’incanto, dell’imprevisto, di una realtà più seducente ed esteticamente attraente della banalità e dell’indifferenza quotidiane… La sfida ad entrare nel dedalo dei vicoli misteriosi del borgo, l’affidarsi all’angolo sconosciuto sempre da svoltare, divengono così chance, apertura alle possibilità della vita, all’esplorazione di sé… e della propria Ombra (rivelata, infine, allo specchio, proprio da questo onnipresente schermo che ce ne preclude la visuale e l’esperienza).
Così, mentre c’è chi celebra l’eco di riti d’esorcismo del “male” (come quelli ancestrali che vanno dalla festa di S. Antonio Abate alla fine del Carnevale… incanalando la violenza nei soliti stereotipi) per poter continuare a vivere la sua comunitaria realtà di cartone, c’è chi decide di affrontare l’oscurità… senza la pretesa di fondare alcunché…
Le oche starnazzanti della “sicurezza” e la dea Moneta.
CONTADINI – Signor Ubu, di grazia, abbiate pietà, siamo poveri contadini.
PADRE UBU – Me ne frego. Pagate.
CONTADINI – Non possiamo, abbiamo già pagato.
PADRE UBU – Pagate o finirete nella mia tasca!
(da “Ubu re” di Alfred Jarry, atto terzo)
Sono affari nostri se la Borsa va giù o affari loro? o non si vendono i titoli di stato? Perché questo costante martellamento per persuaderci di essere parte del loro gioco? Sono io parte dello Stato? o del Big Business?… (ho una carta di identità, maneggio qualche euro…) Oh sì, certo che è così… ma… siamo proprio sicuri? Siamo proprio sicuri che quel che siamo è nei portafogli? E senza propaganda e pubblicità esisterebbe lo Stato e la Borsa?… Credo di no.
Ti verrebbero a prendere a casa… e ti getterebbero in carcere (se ti va bene) senza che tu sappia neanche il perché. Si farebbero le leggi in gran segreto, per giustificare i peggiori soprusi. Oppure, allo stesso modo, potrebbero invitarti ad entrare nelle sale dove si decidono cose che nessuno conosce… a partecipare al banchetto insensato, non più pubblico, condiviso. Niente repubblica, solo una dittatura senza consenso che si farebbe conoscere dall’uso casuale o arbitrario della forza o del suo (poco probabile) contrario. Potrebbe mai esistere?… Non per molto… Ci sarebbe instabilità. Ognuno si arrogherebbe il diritto di legiferare segretamente e imporre l’obbedienza alle leggi. Sarebbe una “guerra per bande” (come lo è anche adesso, se non fosse per la propaganda che tutto copre e trasforma, sotto un manto di universalità). Ma ci si potrebbe interrogare anche sulla necessità di un centro… che non c’è… e da cui ci si dovrebbe tenere a debita distanza (come per il buco nero e il suo relativo orizzonte degli eventi al centro della galassia…). Insomma è un fatto dinamico… Occorre sfuggire alla gravità… e dai volti gravi dei sog-getti che dicono che la situazione è grave… mantenere la distanza, la sola cosa che permette di distinguere enti ed eventi… e interagire senza mostruosità (stesso etimo di “moneta”) con gli altri (e con se stessi). Ormai è questione di come evitare la psicosi… (sennò che schizo-capitalismo sarebbe?).
PS: Pare dunque che Giunone (dea madre e moglie per eccellenza) amMONisse tramite le oche dall’invasione dei nemici… e che questo MONito per difendere un territorio abbia dato origine alla MONeta… che i greci chiamavano “nòmisma”=cosa stabilita dalla legge (=”nòmos”)… da cui numismatica, numero… ma anche i “nomoi”, i distretti dell’antico Egitto o dell’attuale Grecia. L’arbitrarietà, l’ocaggine di questo potere dettato e scusato dalla difesa di un territorio da un’aggressione, l’ocaggine che oggi chiameremmo “sicurezza”, è dunque la “MONstruosità” cui accennavo…
L'”autonomia in/dividualista” (o meglio /dividualista) in questo senso designa un certo territorio virtuale, immateriale, da ridefinire e ritagliare di volta in volta… una regola del gioco, che non può essere definita universalmente, ma che segna uno strappo (alla lettera: mediante una sorta di symbolon, una “moneta” divisibile) rispetto allo starnazzante allarme del potere armato, sovra-determinante, “surcodificante” (direbbe Deleuze)…
* * * * * * *
(digressione alchemica)
In alchimia Giunone è associata alla coda di pavone-volo astrale (del plusvalore?…) che precede la formazione dell’oro ☉ (dell’elemento “divino”, sovra-determinante, con pretese universali… mediato in questo caso dall’argento lunare ☽ , notturno, dell’invasione del nemico). Nella moneta qui rappresentata, ci sono sia la dea madre e moglie per eccellenza (che difende la sua prole, coloro che condividono il volo astrale del plusvalore) che gli strumenti della lavorazione del metallo-anima degli alchimisti. Le armi di persuasione e propaganda dalla dea dei territori, della stabilità, della “sicurezza”, del verbo tintinnante (al pari delle spade) della zecca di Roma… Di qui anche l’eresia marziale ♂ (rubedo) dei romani: “Non con l’oro ☉ , ma col ferro ♂ si conquista Roma”.
Altro richiamo alchemico è nel nome di Brenno (il Corvo), il gallo vinto dagli schiamazzi delle oche capitoline… la nigredo ♄ cui segue l’albedo ☿ ☽. La sublunarizzazione-sussunzione della natura (di quella Venere- jeune-fille ♀, moglie di Vulcano, il Fabbro per eccellenza, forgiatore d’anime-metalli), la sottomissione del “nemico”, della forza lavoro… ecc, ecc…
Fermo immagine | Discontinuità
Fermo immagine.
Su di una panchina vicino al Colosseo, viale della Domus Aurea… Lei sdraiata con la testra poggiata sulle cosce di lui, che è seduto…
LEI – Ma cosa rimarrà di questo istante?…
IO – Quale istante?
LEI – Questo… Non lo possiamo fermare… A questo istante succede un altro istante e poi un altro…
IO – Beh… diciamo che è un’impressione… quella che il tempo scorra… noi ci siamo immersi… ma non è detto che un istante non sia “sospeso” tra presente-passato e futuro, tra ordine e caos entropico… e ogni istante non sia scomponibile… all’infinito… Si, ma in effetti il tempo scorre… e non possiamo farci niente…
LEI – Sì… e poi moriamo… E che senso ha tutto questo?
IO – Tutto questo cosa?
LEI – Tutto questo: il sole che ci scalda, la panchina, l’amore…
IO – Nessuno… C’è… Dà l’impressione che ci sia un senso, solo per il fatto che (probabilmente) ci siamo… siamo catturati in questa vibrazione più o meno armonica… Ci siamo ritrovati da questa parte… Ma il senso esiste solo in quanto vi è un non-senso… Te lo domandi quando sei viva… te lo domandi da sveglia… ma se dormi non ci sono più queste domande… Dunque quando ti poni queste domande, dormi…
Si appoggia con una guancia sulla mia coscia destra. Le scosto i capelli con la mano sinistra e le accarezzo la nuca, mentre il sole le illumina l’altra guancia… Si addormenta. Prima di cadere nel sonno mi stringe la mano per un istante. Poi quel che io vedo (il tizio che fa 太极拳, l’uomo seduto di fronte con gli occhiali da sole, i due che si riprendono a turno con una steady-cam dotata di braccio meccanico) lei non lo vede… Probabilmente neanche io.
Discontinuità.
Dopo quello che ho chiamato l’ultimo filosofo, dopo l’apertura decostruttiva (Derrida) o macchinica (Deleuze) del post-strutturalismo… dal piano della riflessione, si è passati alla realtà. Nelle fondamenta del mondo si aprono voragini, tutto quel che era crolla e va in frantumi… impossibile recuperarne il senso passato, impossibile costruirne uno futuro. Non possiamo percepire l’85% della materia (il fantasma fecale del nostro cosmo), siamo ciechi per 4 ore al giorno per via delle saccadi, ascoltiamo musica con 44.000 silenzi al secondo che non percepiamo, tra un atomo e l’altro vi sono spazi, campi, relativamente immensi, tra le stelle e le galassie vi è una dimensione spazio-temporale discontinua… granulare, a brane, a più dimensioni… abbiamo un genoma spazzatura che sta lì senza un perché (e questo solo perché non trasmetterebbe “informazioni”…), un chilo e mezzo di batteri nel nostro corpo, vediamo il flusso di immagini senza vedere i singoli fotogrammi, vediamo l’immagine sullo schermo senza vedere i pixel RGB.
In economia la valorizzazione che conta è in negativo… è il buco di bilancio a creare valore… buco che si è ormai diffuso (“spread”) ovunque… e ce l’hanno un po’ tutti (e questo alla lunga rende impossibile il capitalismo, che può perpetrarsi solo crinandosi in crisi, accumulando con ferocia o sopprimendo i creditori di volta in volta… Dunque compaiono buchi e distorsioni anche nel Diritto e nelle democrazie… nelle ideologie come nelle esistenze messe precariamente a lavoro… Ma la violenza è un lusso che è possibile fino a un certo punto…).
Infine, viviamo morendo progressivamente…
L’informatica sembra consacrare una cospirante assenza di spazi di ambiguità, obbedendo solo alla logica binaria di input/output (I/O) il nuovo soggetto monadico, computante e paranoico inventato da Leibniz, che magari Freud provò ad investire di (s)cariche libidiche, di giubilo di fronte al rocchetto che compare e scompare davanti agli occhi dell’infante (il gioco del fort-da, una specie di cucù-sèttete), ma che, dato il numero incredibile di ripetizioni di impulsi I/O che quella logica gestisce, per esempio, in un processore, è più un rumore disarmonico, il ron ron della macchina di cui delirava Antonin Artaud… quello che ci svuoterebbe appunto di quello che c’è in mezzo tra un sì e un no, tra un vivente e un morto… quello che continuiamo ad affermare contro Tutto, ad ogni passo, ad ogni impulso elettrico della nostra chimica (dis)organica… tra scosse, brividi, contrazioni, decontrazioni e fasci di nervi…
Insomma questa vita quantizzata, digitalizzata, discontinua è insopportabile. Spossessa continuamente di sé… ma in un modo che non è quello proprio della natura… Bataille avvertì che siamo accomunati intimamente dalla “continuità” (la “sozzura”, la morte, il sesso)… io non avverto niente di tutto ciò. Non ho niente in comune con niente e nessuno… mi percepisco come una discontinuità imprevedibile e radicale, priva di appartenenza… un vivente assolutamente contingente. “Sentirai di appartenere al tutto quando non sentirai più”, mi dicevo l’altro giorno alle 5 di notte, senza capire il senso di questa frase… Questo tutto di cui sarei parte dunque non esiste che a condizione di morire e non è conoscibile… Resto dunque una parte eccedente… schizzata fuori di -getto dal Tutto, che è infinitamente meno di quel che c’è ora, nei pressi, in questa stanza, tra le mie dita sulla tastiera illuminate da uno schermo a 60 Hz di refresh… prima di chiudere gli occhi come Shiva e far scomparire questo misero assoluto in un sonno incomunicabile… anche a “me stesso”, a questo nodo attorcigliato… in procinto di sciogliersi.
Buonanotte… zzzzzz.
Come si esce da questo supermercato?
– Scusi cassiera, come si esce da questo supermercato?
– Non si esce…
– Come non si esce?
– Se vuole i soldi per comprare la merce, si sieda con gli altri sugli appositi scaffali e si appiccichi un prezzo… passeranno poi i nostri addetti ad aggiornare i prezzi, a seconda di quel che dice il direttore… Quali sono le sue competenze?
– Uhm… musicista, videomaker, sound-designer, web-designer, fotogr…
– Ok, allora si accomodi in deposito… se si vende qualcosa, entro l’anno potrà sedere insieme agli altri sul bancone delle offerte speciali… quelle “tutto a 99 cent”…
– Ok, tornello vivente!… Questa è una rapina!… mi consegni l’incasso e le chiavi di questo posto di merda!
– Spiacente signore, ma non le ho… non le ha nessuno…
– Allora l’unica è saltare in aria… Mi chiami il direttore!…
– Non posso: il direttore è un software… un bot…
– Un “buono ordinario del tesoro”?
– Più o meno…
– Signorina… ma almeno si può fare sesso tra gli scaffali?
– Anche nel deposito, se vuole… Vada… c’è la sua ragazza che l’aspetta…
– Ok, grazie… di quella faccenda dell’esplosione ne parliamo dopo…
– Niente da fare… fuori ci sono altri reparti e poi altri reparti… ci provai anche io tempo fa… e ora mi hanno messo a fare la cassiera…
– Comunque io sono Valerio…
– Mi spiace, io non ho più il nome… me lo tolsero dopo l’evasione… Vuole una busta?
– No, grazie… Vado in deposito.
13 gennaio 2011 – CI SIAMO PERSI! (…la “presa” di Montecitorio).
Dovevamo trovarci con gli ombrelli rossi sotto gli archi di piazza del Popolo, ma siamo arrivati alle 15.00… ci siamo trovati impasticciati in una ressa di gente mentre parlava UNA SUORA (mortacci de’ la sinistra per finta!!!). Senza radio, né smart phone, abbiamo quindi proseguito in solitaria con una personale contromanifestazione decontaminante anti-Concita… (colei che ha saputo dividere tra donne per bene e per male, invitando i maschi a non dare le LORO donne in pasto al vecchio satiro, ecc…).
Comunque è stato bello e patetico assistere, dall’alto della terrazza del Pincio, al tramonto del sol dell’avvenire e del vetero-femminismo più bacchettone e moralista… Contenti per il corteo degli ombrelli rossi (che è riuscito a manifestare davanti a Montecitorio), cui non ci siamo agganciati solo perché l’abbiamo saputo troppo tardi, ahinoi (immagino che le decisioni siano state, per forza di cose, veloci e non rese note ai ritardatari, come noi, e ai molti dispersi nella piazza catto-finto-comunista, da gita domenicale, che ci siamo scrollati di dosso a fatica e con un certo sdegno, per via certi slogan del cazzo, da pattuglione della buon costume, tipo “Ci ruby il futuro”, “L’Italia è diventata un puttanaio”, ecc…). A quanti diranno:
– Io c’ero!
dovremo rispondere:
– Io no…
Sarà un destino? Non siamo mai nel luogo dell’identità e della riconoscibilità… Nella storia come nella vita privata… Sarà per questo più bello trovarsi nel luogo della “realtà”… un po’ come pisciare dopo averla a lungo trattenuta. Qui, più che altro, si continuano a manipolare simboli…
Orgasmi e glossolalie
Dopo il mio primo orgasmo, ricordo che mi distesi sul letto con molte questioni nella mente che non riuscivano a trovare una risposta a parole… ma che pure una risposta ce l’avevano. Così, disteso sul letto e con l’accappatoio, guardando in su verso il soffitto, cercai di liberare in una lingua le costellazioni che mi avevano attraversato dischiudendo ben oltre me stesso il flusso dei pensieri e del tempo. Ricordo che predominavano sillabe con la L… probabilmente perché è la lettera che frusta dal palato al fondo della bocca… e ciò dà un certo gusto… come di goccia che cade. Gli ebrei la chiamano “frusta” (lamed).
laie laie lalla
ielà lallà
iela
ralla lalài lalaiei
leilo leilo leila leilo
lai lallai laralei laralelai
Disarticolare la lingua è un buon esercizio per articolare il senso anche in assenza di significato e con una coerenza provvisoria… ovvero secondo il ritmo e la materia che suggeriscono le consonanti e le vocali. La L era solo un esempio… ogni suono ha sfumature diverse, ssssibila, vibrrrrrra, sffffffiata, ronzzzzza (TRRRR, CRRRRR, GRRRR, CLA, ARRRRT, FFFFFF, SSSSSSS, VVVVVVV, ZZZZZZZ). Ovvio che occorre fare attenzione a non lasciare che altri spiriti parlino con la propria bocca…
Vi sono esempi di glossolalie in Artaud, Robert Wyatt (per es.: in “The end of an ear”), Lisa Gerrard… nella stessa “Saaeee”…
Anche all’inizio di “Speed of light” degli Asian Dub Foundation… o nei vagabondaggi lisergici di questo signore:
La Rivoluzione a Velletri
Ieri sera, a causa di un parcheggio davanti al portone di casa mia, c’è stata la Rivoluzione nel vicolo in cui abito. Tutto è cominciato con una scampanellata. Mi affaccio. Vedo un uomo grasso sulla trentina, con moglie, che mi chiede abbastanza alterato:
– A chi è che dà fastidio la macchina parcheggiata davanti al portone?… Qui si può entrare e uscire tranquillamente!
(Si parla di 80 cm circa…). E aggiunge:
– Io ieri me so’ preso ‘na multa per aver parcheggiato, qqua!… Chi è che ha chiamato i viggili?
Gli rispondo:
– Mah… non saprei… e comunque, se non è difficile uscire dar portone, è ‘n problema che se restringe ‘a carreggiata della strada… Nun è che è proprio ‘n parcheggio fatto be’…
Infatti c’è un’altra macchina all’altro lato e la risultante della duplice sottrazione di spazio è un corridoio da cui può passare giusto una moto…
Si affacciano anche i rumorosi vicini che abitano all’unico piano sopra al mio (è una palazzina di 2 piani: ci siamo io e loro… e il loro barboncino abbaiante). Rivendicano di aver chiamato i vigili e che la macchina non può stare davanti al portone di casa!
Si affaccia una signora albanese di una certa età, che abita di fronte ed è la proprietaria dell’auto parcheggiata all’altro lato…
– Io là posso stare, anche se sta davanti al falegname (n.d.r.: una segheria rumorosissima)… Gli ho chiesto il permesso…
Io faccio notare:
– Signo’, ma non è il falegname il proprietario della strada… Tocca vede’ che direbbero i vigili…
Allora la signora scende, contrariata anche dal tipo che non ha nessuna intenzione di rinunciare al parcheggio in mezzo alla strada che ha faticosamente conquistato, anche per via della moglie incinta (li immagino a copulare e qualcosa non mi torna nella differenza di stazza…), che indica per invocare comprensione, ma in modo del tutto improprio… diciamo pure, incazzandosi…
La signora albanese sposta la macchina e trova parcheggio più in là nel vicolo… Si affacciano altre persone che protestano contro il grassone per il fatto che chiuderebbe l’accesso al vicoletto in fondo al vicolo, parcheggiandosi in quel modo…
Parte una selva di vaffanculo da parte del giovine pasciuto ai danni di svariati vicini… Si scambiano un segno di pace:
– Vaffanculo!
– Signo’… vaffanculo va!
– Ma vaffanculo te!
– Ha’ capito ch’ho detto?… Vaffanculo!
E così via. Fino a che egli torna verso casa sua… Sembra che si sia trasferito da poco… (lo capisco dal chiacchiericcio del vicinato, in parte sceso in strada…) che sia un “bestemmiatore” e che si sia persa la pace da quando si è trasferito insieme alla moglie (anch’ella propensa al “vaffanculo” facile)…
– Ma chi so’ questi?, si chiedono taluni, allibiti e sgomenti…
Ghigno tra me e me e chiudo le persiane a questo improvvisato V-day tra i vicoli veliterni…
Seconda parte…
Arrivano i vigili… Ari-bussano a casa mia. Mi affaccio… Discutono dell’opportunità di fare la multa… Chiedono a chi dia fastidio… Il regolamento recita che ci deve essere un metro di distanza dal muro… e che la carreggiata debba essere di tre metri… Misurano! L’energumeno ciccione scende e insiste che la macchina sua sta parcheggiata bene…
– Qui ci sono 90 cm…, gli fa il vigile.
Si affacciano i vicini di sopra, quelli precisi (cui pago la luce delle scale che loro non pagano… gli stessi che mi hanno accusato di cose da uomo ragno, come passeggiare sopra al loro tetto facendo cadere i calcinacci nel loro salotto, di fumare in casa mia, quando ancora fumavo, e che mi hanno fatto crollare 10 kg di intonaco ad un metro dalla mia capoccia per via di una perdita d’acqua dalla loro cucina, cui non è seguito alcun rimborso nei confronti del proprietario della casa ove sono in affitto, il quale preferì provvedere ad un controsoffitto e zitto). Insomma si incazzano. Il vicino, pallone gonfiato ad acqua dalla rancorosissima moglie, si impone dal balcone con un classico “lei non sa chi sono io”, davanti agli improperi del tipo grasso intemperante…
– Sono un pubblico ufficiale!…
– E ‘sti cazzi!…, ci fa quello… che prende la macchina e si sposta dieci centimetri più verso il centro della strada per raggiungere il metro regolamentare…
Ai vicini di sopra, quelli incazzòsi, non sta bene… Scendono. Scende anche speedy gonzales , la moglie del vicino, che parte anche lei con un “lei non sa chi sono io” alquanto grottesco:
– Anche io porto la divisa! Capito?… Faccio l’infermiera!…
E bla, bla, bla…
La situazione degenera quando l’energumeno per orizzontale fa notare ai vigili che ci sono macchine parcheggiate a meno di 1 metro dal muro in tutto il vicolo…
Il più anziano e severo dei due vigili intende applicare il regolamento… quello più giovane… sulla quarantina, mi guarda sconsolato:
– Non ho mai visto una cosa simile…
Non vorrebbe procedere, ma il collega più anziano è perentorio:
– Ci hanno chiamato… Applichiamo il regolamento! Multe a tutte le macchine della strada!
Cominciano.
Si scatena la protesta popolare e la solidarietà tra poveri, dopo la precedente miserabile guerra. Un tentativo di far valere il buon senso, diciamo, (delle abitudini tacite, obbligate dal labirinto del quartiere medioevale, e consolidate di un microcosmo fatto di spazi strettissimi e di trattative continue… solo a tratti burrascose) sulle leggi e i regolamenti rigorosamente applicati da un Terzo autoritario e multante… dallo Stato, incarnatosi nei corpi in divisa di due vigili (uno buono, l’altro cattivo, come in ogni governo che si rispetti…).
Un camionista che si stava facendo la doccia, sente il trambusto… Gli hanno multato la macchina (parcheggiata incollata alla cassetta della lettura della mia acqua)… e tuona in un:
– Ciccione de mmerda!… Ha’ rotto er cazzo!… Mo scenno e te gonfio!…
Scende, a torso nudo… non lo gonfia, ma si confrontano a brutto muso… E’ un camionista e rivendica la necessità passare la serata in pace dopo che ha lavorato tutto il giorno. Inveisco anche io dalla mia finestra
– Ao, ma che cazzo state a fa’?
Li separano delle signore anziane e mingherline, a confronto…
Il resto è rivolta popolare contro le multe:
– Io questa non la pago!, fanno… facce spaventate di chi non ha proprio 80 € in più da dare al comune!…
Si mette male per lo sfanculatore selvaggio, che comincia a chiedere scusa a tutti quelli del vicolo che gli si rivolgono contro, lo fermano , lo accerchiano…
Alla fine per fortuna non lo menano o lo linciano… forse giusto meditano vendette a freddo… Sento frasi pronunciate a mezza bocca da pensionate con la ricrescita dei capelli più scura:
– Ah… ma mo’ se deve da sta’ attento… ‘O tengo d’occhio… Alla prima cazzata ‘o denuncio!
Anche lui comunque viene multato, per i 90 cm non regolamentari…
La serata si spegne tra dialoghi per il vicolo e dalle finestre… Tutta la gente è per strada. A confrontarsi, sorridersi e pronunciare parole di riappacificazione… apparente.
Poteri dell’orrore pubblicitario

L’altro elemento che subito si aggiunge è la titillazione insistita dell’auto-stima e di un insano spirito competitivo (non sarai mica un sub-umano? tu puoi distinguere e distinguerti…) sotto la forma del test d’intelligenza (“Il 77,7% non passa questo test”… che mi richiama alla mente il numero della maledizione della stirpe di Caino… 777).
Mi cimento nel test per scoprire chi siano gli zozzoni autori di questa cacata di pubblicità virale (che si trova in svariati siti)… Si tratta di un test molto optical e nocivo per la salute visiva ove si fanno domande su geometrie contorte… Campeggia in alto il pungolo osceno che spinge alla competizione e all’auto-valorizzazione di sé a discapito altrui:
“Fai l’IQ quiz ora. Sei più intelligente dei tuoi amici?”.

E ora indovinate questo: “Chi è allora l’ibrido tra un porco e un umano?”.Ps: il titolo del post è ispirato ad un libro della padrona di casa di Raffaele Ventura, Julia Kristeva (come si deduce dal commento # 18): “Poteri dell’orrore“.
SECONDA PARTEPer una critica delMulino Bianco

Il desiderio e il riconoscimento di sé (alienati) impliciti in figurazioni alla Mulino bianco, sono altrettanto mostruosi e deformanti… se non crudeli.


Quella mistura di Papà-mamma-figli (che io percepisco alla “Society“, il film dell’ immagine qui sopra…) camuffa da Natura armoniosa, filtrata di giallo-grano, la natura“mostruosa”, contaminata, cannibalica, contagiosa, psicotizzante, della mercantilizzazione della vita… rappresentata per di più in salsa familiare,e proiettata nel simbolo arcaico di una tecnologia tradizionale che non esiste più, come confermano anche i rari mulini, ormai diroccati, che si potrebbero avvistare tuttalpiù in qualche sperduta campagna italiana…

TERZA PARTE
La pubblicità onnipervasiva | il codice e l’ostensione del potere
La Legge senza pubblicità (senza essere “resa pubblica”) manco esisterebbe. Dunque una legge si può definire, ai tempi attuali, come un frame del flusso spettacolare delle immagini (siano esse fantasmi, deliri o segni). Se non apprendessimo dalla TV che non si possono oltrepassare i 130 Km/h in autostrada, noi si continuerebbe a spingere a tavoletta… Dunque chi detta legge? La pubblicità…
Su questo garbuglio osceno e spettacolare di approfittamenti, omertà, omissioni, messaggi subliminali, frantumi ideologici, solleticamenti erotici ed emozionali, si innesta la grande macchina mediatica del potere, che produce, secerne, ingloba la materia vivente secondo codici che la spezzettano, la ritagliano ed inquadrano in una misura standard spazio-temporale (linee di pixel al secondo, frequenze di campionamento, etc…). Anche a costo di distruttivi effetti collaterali (guerre, soppressioni dei viventi che insorgono o meno…), che si possono sempre riciclare come “effetti speciali”.
Da tutto ciò è escluso il fuori-tempo, il futuro, l’imprevedibile, l’incommensurabile. La dismisura del vivente, del dettaglio.
Se Cristo pubblicizzava così il suo sacrificio:
“Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, fate questo in memoria di me!”,

io direi piuttosto:
“Non prenderete, né mangerete QUESTO CORPO (che non ostendo o pubblicizzo…). E non vi è memoria possibile per questo istante inondato dal futuro, con un -getto“.
Niente sacrificio, niente vittime, niente colpevoli, niente potere, niente che inscriva in un codice e registri la mia vita, rendendola “pubblica”, spacciando la menzogna per verità… quando vi è solo menzogna (finzione tattica di una finalità strategica).
Cristo va a parare esattamente dove vuole andare a parare il Capitale: la sussunzione del corpo in un codice più “alto”, la sua “pubblicizzazione”… l’universalizzazione del dettaglio… il debito incolmabile… la Moneta solare che splende su miriadi di vite e cose rese miserevoli…
Dobbiamo smontare uno ad uno i codici, per far emergere il -getto che li genera… Sono tutte menzogne e abbiamo il dovere di inventarcene sempre di nuove, senza timore di frantumare e mutare i codici.
Che il dettaglio preceda la sua iscrizione in un codice. E che valga per il DNA come per la Legge.
I viventi non sono il codice.
Divagazioni: La forza centrifuga e la r-evolution
Lo statuto incerto e aleatorio della verità dei fenomeni mediatici è incompatibile con la logica e l’ordine su cui si fondano certe teorie del tutto campate in aria e che si reggono sulla auto-valorizzazione, su ciò che ha titolo, sull’esercizio del potere (rituale e amministrativo), come nel caso del diritto o dell’economia. Così, per far bella figura davanti all’audience elettorale, si promulgano leggi di sghimbescio… che si contorcono in un codice che afferma tutto e il contrario di tutto, complicando all’inverosimile ogni possibile interpretazione… e che finisce per abolire l’efficacia di una legge per l’eccesso della sua complessità.
Creando nebulose, dissolvendo la materia.
La tendenza al frazionamento delle vite e delle popolazioni (la spinta al melting pot, al miscuglio più che al sincretismo…) è il contrappeso che blocca questo processo di frammentazione dei codici (e della loro possibile ricombinazione). I singoli (in)dividui non devono avere la possibilità concreta di riasseblare i codici e formularne di nuovi, a loro misura, ricostruendo da sé le basi materiali dell’esistenza. Tutti sono condannati ad usare un solo codice (centralizzato, come nel mitologema del nucleo del DNA)… che però è in crisi irreversibile ed è (auto)distruttivo.
Qui sotto un esempio in cui un codice viene riscritto in periferia (tramite RNA invece che DNA), causando probabilmente (ahimé) un cancro!

Sarebbe auspicabile decentralizzare e distribuire i saperi e le risorse… e nel contempo agglomerare i viventi…
Il capitalismo invece si limita ad interconnettere i saperi e i codici, centralizzandoli, e, nel contempo, a frammentare la “società” (il fantasma con cui definisce ed ordina l’insieme umano).
La prima è una forza centrifuga addensante, che crea nelle periferie. La seconda, una forza centripeta disgregante, che raccoglie al centro, distribuendo sempre meno (…o distruggendo a più non posso, visti gli impressionanti getti longitudinali di raggi gamma che sprizzano dai buchi neri centrali)…

Occorrerebbe studiare il movimento delle galassie per avere una risposta… Questa è un’esempio di galassia capitalista…
PS: Probabilmente il neo-liberismo genera entrambe le forze (secondo un doppio movimento, cui fa comodo concedere autonomie localmente, pur di mantenere ben saldo e irraggiungibile il potere centrale… la cosiddetta “d-evolution”…). Il problema, secondo me, è impedire il potenziamento del centro e dei suoi codici (il che assomiglia più alla “r-evolution”…).
Per l’inconcludente vertice della FAO…
Tratto dal più corposo “I neutrini“, questo CD racconta l’epopea di Hugh Inlove (al secolo, Ugo Innamorati), dopo la severa condanna subita per aver parodiato indegnamente l’opera del suo amico J.L. Gaudet, “Baraka” (che raccontava tra l’altro di una miracolosa danza della pioggia di un griot in un’assetatissima regione africana…). Si narra cioè dell’evasione rocambolesca via mare di Hugh (e del compianto amico Savy, alias Salvo Salviati), dell’incontro con la canterina regina di Atlantide, fastidiosissima soprano, e del suo ritorno a casa, accolto dal suo cane che stenta a riconoscerlo…
Per chi avesse l’ardire e la pazienza di seguire questo simpatico delirio, ecco i testi…
Ho sognato che il tempo aveva invertito il suo corso…

– Ma lo sai chi è questo “monumento” qui vicino?
– No, chi è?
– E’ John Bonham!
Gli sorride, ammirata… e lui si schernisce, dicendo qualcosa in inglese, davanti al suo boccale di birra.
Peccato che sia un morto che si è introdotto nella breccia del mio presente (anche se onirico). Infatti i problemi sono continuati nel sogno di stanotte. Ma erano molti di più i guai…
Oggetti che volavano venuti dal futuro, i morti di domani che invadevano a tratti il tempo presente… a volte erano le persone stesse che diventavano i morti che sarebbero stati… ma erano vivi… ed era normale…
come non lo è l’idea che l’ombra possa precedere la luce (cosa che sappiamo essere poco comprensibile, per le nostre menti attratte anche in modo pre-logico dalla luce e, d’altro canto, spaventate dall’ombra, dal buio… abituate a pensare il positivo prima del negativo, in quanto è su quel versante che noi riteniamo di essere… in quel che “c’è”, nell’esistente…).
Insomma era tutto un pullulare di morti viventi e umani che improvvisamente si divoravano l’uno con l’altro… Cunicoli avveniristici e catacombe. Rovine e agguati nell’ombra… Ma nel complesso tanta luce e tanti colori… Io difendo il mio sonno e la mia incolumità nel sogno con l’arma vincente della mia adolescenza: “Non esistete…”. E tutto perdeva potere e si dissolveva… in un paesaggio diurno di rovine e macchine fantascientifiche che volteggiavano qua e là insieme a pteranodonti e biciclette.
Cosa vuol dire? Che la linearità che conosciamo del tempo è frutto di un verso, di una direzione, in cui siamo presi come coscienza, linguaggio, corpi, materia, ecc…? Quella che da qualche tempo i fisici chiamano l’asimmetria della materia e a cui, in precedenza, un’inattuale e sovreccitato Nietzsche (scorgendola sotto le sembianze di un gorgo infinito che tutto riconferma) non potè far altro che “dir di sì”? Non fosse altro che per l’abisso che vi aveva intravisto…
O semplicemente è un riflesso del fatto che qui in Italia non si capisce più niente e tutto sembra essere mischiato e sottosopra?
Oppure si tratta di miei personali timori circa il futuro?
Eppure non avevo mangiato pesante…
