videomaker, fotografo, musicista e compositore

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Cori a Cori

(clicca qui per il diario fotografico della nostra deriva psicogeografica)

Prima di parlar male dell’architettura, bisognerebbe fare un salto a Cori (immagino improbabili etimi greci… kore inteso come “fanciulla”… chora come “luogo”, “ricettacolo”), dove gli accostamenti più dissonanti coesistono con un’ignoranza attiva, distruttrice di “bellezza”, inscritta nelle sue pietre (in tutte le fogge) di epoche (non stratificate ma) compresenti in modo imprevedibile, tra anfratti, archi, cunicoli e rovine che incorniciano il nulla… o tra templi che minacciano venti, marosi o l’improvviso comparire al galoppo dei Dioscuri. Noi, dopo aver visto i loro simulacri sotto forma di colonne corinzie di 10 metri, ci siamo imbattuti, per associazione di idee equine, in un’isolata e misteriosa cacata di cavallo sul sagrato di una chiesa…
Cori è la fine dell’architettura. Le persone sono pietre. Le pietre persone. La civiltà, coi suoi insediamenti umani, infastidisce la campagna ordinatissima che si stende a valle… Tutto il contrario di quella incolta e abusiva di Velletri… Tra le due cittadine, ad un certo punto, si stendono ettari di campagna senza tracce di civiltà… prati e filari d’alberi felicemente e silenziosamente incivili. E non per retorica antimoderna, ma proprio per odio verso chi accusa di rivolta antimoderna tutto ciò che non possiede quell’aura insopportabile di cultura (di colonizzazione) che tanto affascina la borghesia cittadina, gli hipster e i turisti in genere…
Noi (ce ne rendiamo conto un po’ alla volta) veniamo da lì e non volevamo Roma, non volevamo i Dioscuri, le fatiche di Ercole, le metamorfosi di Zeus… e non volevamo l’architettura di merda… Quelle pietre sono state messe lì ad arte per impedire la civiltà, non per edificarla o esserne i ruffiani. Forse anche per questo una piccola cappella sistina che non abbiamo potuto ammirare (nell’Oratorio della Santissima Annunziata), ai piedi di Cori, viene custodita da chi ci abita di fronte e da questi tenuta più chiusa che aperta…
Visitatori, noi vi spiamo, vi seguiamo, vi accompagniamo in visita alle pietre rupestri appena sbozzate che siete. Vi riduciamo ad imprevisti puzzle di dimensioni ciclopiche, vi facciamo sentire delle merde al cospetto di giganti a dismisura d’uomo, in agguato dietro l’angolo, fusi in un groviglio di alberi contorti, lune, braccianti stranieri ed anziane signore… Grigio! grigio! Ocra! Grigio! Poligoni! Cilindri! Archi! Scale! Grigio! Grigio! Ocra!


Matematica dell’amore

Tornare a casa è comunque una bella sensazione… cose già viste? dentro casa accadono molte più cose che all’esterno… specialmente rispetto ad un viaggio in treno o in metro o in autobus… piani-sequenza interminabili e pallosi… (con ostacoli davanti, persone incluse… che a volte ti si abbarbicano, a volte puzzano, ti sbirciano di nascosto come se fosse proibito guardarsi o interloquire… Ecco a che servono gli occhiali da sole… a mandare affanculo il prossimo… in realtà lontano anni luce…).

Poi 1 breve incontro di 2 dividui tra 2 binari, 2 baci veloci e 2 treni che partono a 10 minuti di distanza… 2 connessioni GSM inseguono i 2 dividui su 2 treni diversi… fino all’arrivo di 1 dei 2 a destinazione.

Risultati:
i 2 sono 8,
gli 1 sono 2,
il 10 è 1 solo.

Dalle copule precedenti deriva in modo assai poco logico che 1=2=8=10.


Valeriomelìa

E insomma, a scanso di equivoci, affermiamolo in modo definitivo:
Non siamo “persone”
Non esiste un’anima individuale o indivisibile (non esiste un anima, punto)… animelle? No, forse non ci siamo s-piegati
– Non c’è differenza, barra di-visiva, significante, tra movimenti animali e moti dell’anima, ma continuità, come su un nastro di Moebiusci si dividua e, solo dopo che ci si è piegati, ci si s-piega, ci si individua
– Come in ogni labirinto (anche impossibile, mutevole), è il percorso che fa la conoscenza, non la conoscenza che fa il percorso.
Capito coglione di un Teseo? al centro non c’è nessuna Bestia Mugghiante da uccidere… Hai perso il filo di Arianna, il filo della spada di castra-tori, il filo del desiderio e del discorso tutto insieme? Tu sei il labirinto che si piega e si s-piega, si apre e si chiude… continuamente. Tu sei un campo di battaglia.
– Che stavamo dicendo?

[…]

– Lo diciamo una volta per tutte: non c’è niente di amorevole o razionale che tiene in vita l’universoAmore, Ragione, Vita e Universo sono le più abusate e patetiche illusioni… tutte varianti, come anche l’Unità, la Totalità, della più grande delle menzogne, della Verità… Si fa di tutto per mantenere in vita artificialmente i rimasugli di umanesimo e antropomorfismo degli indivisibili individui spacciatori di religioni e dei seminatori di culture o colture infestanti… Siamo uno scherzo della natura, ripiegato, invaginato, annodato in uno degli infiniti eventi locali senza leggi assolute, un gioco miserabile, comunque di-vertente, che molti si ostinano a prendere per incontrovertibile, totale, unico, circondandolo di gendarmi e difendendolo fino alla morte… contro “se stesso”!…


Binari morti

Avevo sognato di vagare (di notte) per una Taranto del tutto in mano a bande criminali… scampato al furto della macchina che mi stava dando un passaggio, scopro, al posto del vecchio porto militare (nelle nari il tipico odore di mare e alghe morte), dei binari ferroviari con operai che costruiscono parti meccaniche al tornio all’interno di un vagone posto su un binario morto…
– Ma che fate, lavorate a quest’ora?
– Come tutti, no?
Lì vicino c’è Fulvio Abbate… ci guardiamo negli occhi senza dirci nulla… lacrime silenziose ci solcano il viso. Salgo sul tetto sfondato del vagone, mentre sento lo “scrittore” blaterare garrulo di Teledurruti davanti alla sua telecamerina…

(una visione infernale…)


Un esempio di nazismo (*) nella società “civile”

(*) Il richiamo è alla scusa “eseguivo gli ordini” da parte dei burocrati dei lager, nonché alle condizioni estreme di trasporto riservate ai prigionieri degli stessi. Diciamo che è una metafora, ma nemmeno tanto… dunque non la virgoletto.

Il 19 giugno 2013, mentre mi recavo a Ciampino con un autobus Cotral e con 35 gradi di temperatura all’esterno, un autista inflessibile e zelante nel rispettare il regolamento della sua azienda, non spegneva il condizionamento d’aria, che invece di raffreddare riscaldava… aria calda per tutto l’autobus, già ben caldo per l’esposizione delle sue lamiere al sole pomeridiano… insomma si soffocava. La gente straordinariamente paziente o cojona, protestava educatamente e l’autista rispondeva seccato che era costretto a tenere il condizionatore acceso anche se funzionava al contrario o altrimenti doveva fermare la vettura… al che ho pensato di protestare maleducatamente inveendo contro la stupidità di chi esegue gli ordini senza pensare mettendo a rischio la salute dei passeggeri (anche questa responsabilità dovrebbe comportare sanzioni… ne approfitto per mettere in crisi lo zelante dipendente Cotral…). Posto di fronte al dilemma schizo, l’autista si ferma e ricatta. O con il riscaldamento a 35 gradi o niente corsa e si aspetta tutti la successiva. Nel frattempo, fermo a S. Maria delle Mole, non fa salire altre persone che battono i palmi contro i portelloni come zombie inferociti, dato che ha deciso di far rispettare la regola (magari più condivisibile, ma non da chi resta per strada a boccheggiare per ore, dopo un paio di corse saltate) secondo cui non si può riempire l’autobus fino all’orlo… Decido di resistere per i pochi chilometri restanti e mandarlo a cagare una volta a destinazione… Nel frattempo dopo le mie rimostranze si scatena il gusto mediterraneo per la tragedia… una donna incinta si sente male… tutti protestano… Scendo. Finalmente si respira.


La norma “democratica” come stato d’eccezione dell’eccezione (una storia familiare)

“Il 25 Aprile si festeggia la continuazione del Dominio sociale capitalistico, sebbene sotto una guisa politico-istituzionale diversa da quella precedente”.

(“Liberarsi dal mito della Liberazione” di Sebastiano Isaia)

Mi chiedo… ma cosa ha rischiato a fare mio padre di essere colpito dalle pallottole dei tedeschi che gli fischiavano sulla testa mentre correva in salita o aspettava l’alba sotto una botola sepolta dal letame di una fattoria o incuneato tra i muretti a secco per non farsi scovare dai terribili dobermann?… Per il pasticcio “democratico” che ha condotto sin qui, sino a Letta e Nap0litan0?… penso proprio di no… Lo ha fatto per il boogie woogie, per il “jazz” che non piaceva a suo padre e perché fu questione di vita o di morte certa… quel giorno nella caserma di Torino gli fu ordinato (…era diciannovenne) dagli alpini, che decisero di fronteggiare i tedeschi (e morire), di fuggire in ordine sparso sulle montagne… di darsi alla macchia, vivere da barbone… lo fece per qualche giorno, prima di essere accolto dalle suore (una delle quali si innamorò di lui, si spogliò e scese dopo la guerra a cercarlo…) o foraggiato dalle coraggiosissime ragazze piemontesi, in un luogo che parlava un’altra lingua (“l’è un de la basa”= è un meridionale… parlava strano, parlava in italiano…). Neanche lui era convinto del valore della guerra in cui si era ritrovato… la giustificava solo come liberazione dai tedeschi, dai nazisti… “stronzi” (lo sento ancora il tono tra il disgusto e la paura con cui lo diceva… soprattutto quella, la “paura”, ricordava o l’angoscia di non respirare nei rifugi antiaerei durante i successivi bombardamenti “democratici” su Torino)… orripilato anche dai linciaggi dei collaborazionisti, dalla contro-barbarie che seguì… Alla fine si era comunque convinto che la nuova “libertà”, lui che fino ad allora aveva conosciuto solo il fascismo, questa “democrazia”, sembrava decisamente meglio che rischiare la pelle ogni giorno per le conseguenze della scelleratezza nazi-fascista (o piuttosto, diremmo, dell’improvvisa accelerazione dello sviluppo dell’industria pesante, del complesso militare industriale statunitense, in concorrenza con l’URSS e la Germania…)… ma nutriva più di qualche dubbio… per lui era tutto una porcheria… da una parte e dall’altra. Ad ogni modo, frequentò corsi di lingua inglese dalla signorina Colohumn (una bionda americana…), fece il maestro negli anni del “boom” economico (=dell’indebitamento colossale con gli USA…) e fece tre figli con una sua collega, profuga italiana dalle colonie africane… mia madre… anche lei salvatasi per un pelo dal ritrovarsi nel porto di Trieste (sbarcò, per sua fortuna, a Taranto, città da cui proveniva e dove sostò il transatlantico che la portava, dopo aver circumnavigato l’Africa, dato che da Suez non si poteva passare…).

Io, storicamente, sono figlio di questa illusione (che ha cominciato, nel mondo, a scricchiolare e mutarsi in allucinazione più o meno quando sono nato, nel 1968), di cui mio padre, pur vivendola, non fu mai troppo convinto (anche perché, all’inaugurazione della sua nuova vita in abiti borghesi, non gli fu neanche riconosciuto di essere stato partigiano, dagli stronzi che avrebbero dovuto riconoscerglielo alla consegna delle armi… neanche una ricompensa per aver rischiato di crepare…).

Fu per evitare il peggio1 che si istituì lo stato d’eccezione dell’eccezione… la doppia negazione (di cui la seconda sta decisamente esaurendo il suo tempo…).


1 …in un certo senso confermandolo o mascherandolo, incentivandone il cabaret con caramelline, concessioni e seduzioni, mantenendo, nel nuovo involucro, pressoché gli stessi rapporti sociali di prostituti (magari un po’ più normalmente e consensualmente alienati e alienanti), quelli della “società civile”… che si insiste a raccontare grottescamente e pomposamente come coesa, unita, popolare, nazionale, dignitosa, familista, ecc… ma che include anche lo stilista o l’artista eccentrico, il rivoluzionario, l’attentatore, i costumi sessuali disinvolti quanto standard (categorizzati per sfumature di preferenze con la minuzia delle tavole di Linneo) della merce su due gambe, certi single senza figli e annoiati che provano ad estinguere la razza italica, ma che sono magari produttivi comunque di qualche cacata  utile al sistema parassitario che li accoglie… supporti semi-viventi del sistema del dominio reale… feticci, modelli, macchine-umane, replicati-replicanti, zombie, cloni…


Il listrosauro dominatore del Permiano-Triassico e l’uomo telecomandato sulla Luna

(morti entrambi…)

250 milioni di anni fa noi viventi c’eravamo quasi riusciti ad estinguerci in massa… (anche se si dovrebbe parlare più propriamente di transizione biotica).

Sembra incredibile, ma questa brutta bestiaccia di un metro (antenata dei mammiferi, dunque anche di noi altri) ha scorrazzato indisturbata moltiplicandosi a dismisura costituendo il 90% dei vertebrati sulla terraferma del primo Triassico (prima che gli antenati dei coccodrilli la riducessero di numero per riempire la Terra di dinosauri enormi nel Triassico, Giurassico, ecc…) per una trentina di milioni di anni nei deserti post-catastrofe del Permiano di 250 milioni di anni fa… e magari per molto più tempo di quanto farà l’uomo…

E comunque, dopo la débâcle del gigantismo dei sauri (66 milioni di anni fa, sempre a causa di una catastrofe), tra i progenitori più recenti e vicini ai Primati e dunque all’uomo c’erano specie di topastri che si arrampicavano… e ce n’abbiamo messo di tempo prima di scendere dagli alberi e camminare su due zampe… Insomma, facciamo abbastanza schifo… Dal Lystrosaurus abbiamo filogeneticamente ereditato i buchi delle tempie dietro le orbite oculari, la termoregolazione, l’allattamento… da questi mostriciattoli arboricoli la vista frontale… per fare spazio alla massa celebrale… (mi viene da vomitare… mi immagino a camminare 250 milioni di anni fa a quattro zampe).

foto di Daniel Lee, da “Origin e Manimals II”.

Figli di lucertoloni-maiali con la coda corta e la testa di testuggine con solo due denti sporgenti e i labbroni da dugongo… botoli rovistatori nel fango… (stamattina ho fatto un po’ di paleoginnastica, immaginando come si muovessero i listrosauri una volta rovesciati sulla schiena… giusto 5 minuti… un grande balzo per l’umanità… Neil, fossi stato al tuo posto mi sarei mosso come un listrosauro, una volta sulla Luna… invece hai piantato una cazzo di bandiera stelle e strisce… e hai fatto il tuo “dovere” anche ai confini della morte sulla Luna… eroe del cazzo).

“Laggiù mancanza di ogni altra creatura. Robinson tra minerali, come un robot che non fa nessun passo senza ordini da lontano. Ordini trasmessi da lontano, terribile visione del futuro. Fai questo, fai quello, e in mezzo scherzi melensi per il pubblico sulla terra”.

(aforisma a proposito dello sbarco sulla luna tratto da “La provincia dell’uomo” di Elias Canetti)

Tra l’altro, a sentire il verso del Dugongo è probabile che quest’ultimo sia stato incomprensibilmente presente (si era spiaggiato? o era proprio un listrosauro, che pascolava nei pressi della centrale nucleare?) nel roveto di more dove ho ripreso questa ragna, l’argiope bruennichi, che ha la delicata abitudine di mangiare il maschio, cui spezza il pene, dopo l’accoppiamento (confrontate i versi sullo sfondo con quelli del Dugongo…).


Aborti!

Vinceranno i diritti dell’uovo contro una ragazzina che non ha nessuna intenzione di partorire?
(Secondo il mio punto di vista, è come se la legge impedisse ad una persona di tagliarsi le unghie… dove finisce la ragazzina? dove inizia lo spermatozoo-ovulo fecondato? Non siamo individui, ma /dividui!… siamo divisi e siamo una legione… fatevene una ragione… ed evitate di esorcizzare quel che vi spaventa).

Una mia cellula mi ha detto: “Il mio nome è legione” … e la cellula-cristo là vicino non ha protestato… anche perché faceva parte della “legione”…

Da un punto di vista paranoide, potremmo considerarci infestati di cellule… molte nemmeno hanno il nostro dna o ce l’hanno mutato, con errori, ecc… ma noi, con un colpo di mano, diciamo IO
Viviamo e moriamo nello stesso tempo.
E non è una faccenda che dovrebbe interessare lo stato nella sua forma più astratta ed eretta, quella del “diritto”.


Qui (1, 2, 3) tre post di Femminismo a Sud sulla vicenda… e uno di Mazzetta.


Adaequatio rei ad imaginem

– Abbiamo fatto carte false perché le immagini prendessero il sopravvento sulla realtà… ora la realtà deve marcare il passo… se abbiamo detto che abbiamo prodotto 25 e voi avete prodotto 1, non siamo noi a dover ridimensionare i conti a 1, ma voi a dover produrre 25.
– Ma non è possibile!… Non ce la faremo mai!
– Se volete le nostre banconote, la nostra contabilità truccata strutturalmente, e soprattutto garantirvi lo standard di vita che tanto vi piace, non avete altra scelta… E siete troppo rincoglioniti per inventarvi altro, senza crepare di fame… Il nostro edificio è bellissimo, perfetto… Non riuscirete mai a farne uno simile… Occorrono decine, centinaia di anni per pensare un’architettura così complessa e condivisa… e comunque, con-dividui, nel caso aveste idee diverse, abbiamo i droni…
– Probabilmente, quando avremmo prodotto 25, voi avrete fatturato per 1000… ma che razza di gioco sarebbe? Questa moltiplicazione dei pani e dei pesci è un miracolo miserabile!
– Zitti e a lavoro! Voi siete quello che avete nelle vostre tasche… niente altro… e a giudicare da quello che avete non siete un gran che…
– Ok, non siamo un gran che… ma proprio per questo non produrremo strutturalmente quanto richiesto…
– Allora non ci resta che azzerare tutto, uccidervi e ricominciare daccapo: non esiste lo sfruttamento, ma solo l’adesione ingenua, pigra o ignorante ad un modello di supposto-sapere delegato ad altri… voi produrrete 1 e noi fattureremo per 25, ecc…
– Ma come? e l’estrazione del plusvalore, lo sfruttamento, l’alienazione, l’accumulazione primaria, l’oppressione?…
Vi siete immaginati tutto quanto. E comunque sono tutte cose monetizzabili… L’opulenza che vi offriamo è maggiore di quel che producete… Siamo una potenza… e voi non contate un cazzo… Le vostre lotte di classe sono un capitolo trascurabile del capitale finanziario che paga sia padroni che lavoratori. Noi mettiamo in circolo il vostro sovrano assoluto. Lo avete nelle vostre tasche… voi siete le vostre tasche… voi siete monete viventi.
– Per adeguarci a questa immagine non possiamo che ucciderci… ma poi non vi sarà più alcuna immagine.
– Già…
– A meno che… non ci adeguiamo.
– Ci dovete solo provare… Il punto è che il nostro compito è finito. La pellicola è svolta fino all’ultimo fotogramma… Il cinema chiude. Provate a tornare a casa… non ce l’avete una casa!… e allora provate a vagare fino a trovarne una… nomadi pezzenti.
– Mai più case, mai più in giro… di sicuro mai più contabili ierofanti.
– Ecco, appunto… non contate niente…
– Perseguiremo lo zero, con gran piacere.
– Aspetta… dove vai?

(Punta il suo revolver alla schiena del fuggiasco, che si allontana fino a scomparire. FINE).


Identità di genere (tema)

 

Parte I

 In genere non ho unidentità… ma soprattutto non capisco perché tutti questi giuristi, psicologi, medici, preti, militari, sociologi, economisti, perfino quelli dell’ONU (riconoscendo il gender a modo loro come ideologia normativa, anche per avere una scusa in più per intervenire col maglio contro le terre e i corpi ancora da colonizzare), vorrebbero entrare nelle mie mutande… Vogliono vedere da che parte pende?… eppure il cazzo è solo una cosa avvitabile e svitabile… come le lampadine, come la testa… (che sia libido o coscienza, sempre elettricità è… e da un punto di vista energetico contano molto poco i miei gusti… eventualmente l’intensità e la frequenza con cui consumo neuroni o spermatozoi… ma per fortuna, non mi hanno ancora attaccato a nessuna centrale… e non pago bollette su neuroni e sperma…).

Lo s-vitato.

Parte II

(Agli uomini…). Ogni volta che vi fate le seghe toccate il pene di un uomo… e c’avete pure i capezzoli che non vi servono per allattare… e una sutura sullo scroto che vi ricorda che avreste potuto essere donne…

E pure le donne… ma siamo sicuri che non abbiano temporaneamente un pene quando le penetrate? e che i penetrati (pene tracti) per farvi aspirare sperma a fiotti non siate voi? (PS: lungi da me rispolverare il cliché della donna vampiro e altri fantasmi cari anche al paranoico Strindberg, amico di Munch… Qui si parla di una lieve schizofrenia, liberata con una certa cautela, come antidoto ai comportamenti dei soggetti paranoidi predominanti… e che non intende assolutamente solleticarne i deliri).


Allego infine un mio commento su Feisbuk ripreso da FaS in un dettaglio che riguardava il “diritto naturale” nelle mutande…:

Discutendo a letto con la donna che amo lei mi faceva notare che alla base dell’aggressività maschile ci sia tanta “frociosità” repressa (si uccide la donna che non si accetta dentro di sé) e che per stemperare questa paura occorrerebbe confondere i ruoli e i gusti maschili, se non esserne indifferenti a livello di giudizio, più che rimarcare differenze con classificazioni (LGBT, ecc…) che finiscono poi col sovrapporsi alle categorie “merceologiche” del porno, per esempio… o si istituzionalizzano al punto da sollecitare l’attenzione, tramite CEDAW, dell’ONU (quella delle guerre “umanitarie”!…). Io rincaravo la dose dicendo che si tratta anche di personalità paranoidi che seguono regole (socialmente condivise, ahimé, anche dalle maggioranze “normali”, che si eccitano coi loro “valori”), seguono regole, dicevo, paranoicizzanti… penso all’addestramento dei parà, alle pistole ai vigili urbani, al protagonismo identitario, alla competizione, a quella tentazione residua, feudale, di “diritto di natura” che vorrebbe legiferare nelle mutande… Insomma bisognerebbe mettere i riflettori sul piccolo maschio paranoico… anche nella versione “soft”, ironica, sorniona, col “pensiero debole”, tipo Fabio Fazio… modello maschile che simula il suo essere pulitino e ubbidiente, timoroso di una sempre incombente e fantomatica censura, pur rimanendo incollato ad una posizione privilegiata, con la “segretaria” pseudofemminista spalmata sulla scrivania, che si permette (o meglio, le si concedono in trasmissioni extra) pure sproloqui contro il femminicidio, pur incarnando a livello spettacolare (il solo che conta in TV) i più stupidi cliché maschili… Mi è stato detto che “è una brava comica”… A me non fa ridere il modo in cui è sottoposta agli elogi, alle pacche sulla testa del maschio-padrone dello studio… Tutt* si sono concentrati su di lei… nessun* su quella testa d’uovo di Saviano o sul suo “Mangiafuoco” camuffato da uomo dimesso, Fazio…

Qui la mia replica a distanza al post di FaS:

Senz’altro il “diritto di natura” (preti, antiabortisti in tonaca e non, sindaci genuflessi, estreme destre, etc…) è molto fastidioso quando vuole frugare tra le mutande… ma aggiungerei che manco il “diritto positivo” scherza… neanche quello internazionale dell’ONU con la sua sclerotizzata idea delle “identità” di genere (anche quelle non allineate). L'”identità” di cui cianciava per esempio un Hegel era già molto osteggiata dal femminismo della differenza… (qualcuna scriveva “Sputiamo su Hegel”). Ora ci sono altre teorie che mettono in discussione sia identità che genere… Credo più che altro che sia un equivoco considerare come problematico non avere un’identità (scrivendo di “difficile ricerca di identità perduta, senza che si agevoli o istighi la tentazione di rifugiarsi nei vecchi valori”)… Io per esempio credo di essere tranquillamente privo di questa cosa… e non è questo che mi turba… forse è proprio l’Identità (di ruolo, di genere, di carta, di quello che vi pare) a disturbarmi… anche assai…


Primavera meccanica

 Oggi osservavo un campo con svariati insetti che si cominciano a riprodurre… alcune afidi proteggendosi con della schiuma appiccicata agli steli… Era tutto un ronzare e un cinguettare.
Ad un tratto mi è sembrato tutto meccanico. Come se il fiore non fosse separato dagli insetti, ma fosse un corpo unico… e così tutto il resto… e ho pensato che fosse un pensiero paranoico, mortifero… quello stesso di Cartesio (che espelleva la vita come un’estensione estranea alla Ragione)… Eppure se penso “macchina”, penso “insetto”… non c’è niente in ambito vivente che ci somigli di più…

– E’ solo un’immensa comica. Forme e creature tra le più strambe, cui ne seguiranno di ancora più strambe… un accrocco infinito, un pasticcio inestricabile… se doveva essere qualcosa, poteva essere solo così… a cazzo di cane… secondo un disegno deficiente, senza un rimedio che non sia un rattoppo… Non c’è Ragione, né Dio. Involuzione dappertutto, man mano che ci si specializza… forme nate morte, che si guastano in troppo poco tempo…

Vite con un interruttore.


La droga delle religioni

“Può portare il soggetto a forti allucinazioni visivo-auditive definite come “di pre-morte”, con la percezione di ‘entità disincarnate’, apparenti visioni del futuro (flashforward) e vista del proprio corpo dall’esterno. […]
C’è ragione di pensare che l’organismo sfrutti molecole con azione simile in condizioni d’arresto cardiaco per preservare l’integrità del sistema nervoso centrale e periferico”.

(tratto dalla voce Ketamina della Wikipedia)

Stamattina, appena svegli, io e la mia fidanzatadiscutevamo dell’importanza degli umori (gli attuali neurotrasmettitori) per gli esseri umani… e ipotizzavo l’esistenza di un’endorfina estremamente potente, capace, in prossimità della propria morte di renderla più accettabile (un po’ come c’è l’orgasmo perché ci si riproduca, ecc…).
In realtà ancora prima si parlava dei residui dell’androginia fetale sul nostro corpo… Ci si poneva domande tipo:
– Perché gli uomini hanno i capezzoli se non servono?
 – Perché hanno una sutura longitudinale sullo scroto?
Di conseguenza notavo una sorta di lavoro della morte al principio della vita, che uccide selettivamente alcune cellule, membrane, ecc… per forgiare le forme umane che riconosciamo come tali. Da lì poi si è passati a parlare della morte (cazzo, appena svegli!!!)… e dunque di religioni e umori (questi sarebbero la base animale, indifferente e “innocente” della costruzione corporea delle etnie, animica delle religioni e razionale dell’apparato militare… tripartizione di cui parlavamo invece ieri a cena…).

Insomma i discorsi di una normale coppia…


“I vicoli di Velletri – tra borgo ed estrema periferia metropolitana” (2012) | un video di Valerio Mele

Colonna sonora:
“Ud song” (Valerio Mele, Emma Giannotti)
“Autumn” (Fabio Mariani, Valerio Mele)

In una dimensione sospesa tra rievocazioni storiche e solitudini da estremo confine metropolitano, inizia un viaggio esplorativo ed emotivo attraverso i vicoli di una cittadina che mostra ancora le sue ferite aperte (es: la “casermaccia”, il convento medioevale bombardato durante la II guerra mondiale, nascosto dalle erbacce e dall’incuria). Il punto di vista (dell’Autore) è quello di chi si è trasferito dal sud Italia per andare a vivere al confine della provincia romana in un modesto monolocale, dati gli elevati costi degli affitti nella capitale. Così, mentre Velletri ricorda un po’ annoiata e indifferente la sua storia con il suo folklore (e una comunità prova a compattarsi stancamente attorno ai suoi riti posticci), la contemporaneità vorrebbe degradarla a città-dormitorio di pendolari, priva di qualsiasi senso comunitario (che comunque è anche regressivo, identitario… “reazionario”, se vogliamo). In questa dicotomia di fondo si inserisce la poetica del video, la sua ricerca appassionata (in/dividuale, non comunitaria… non comune, né fashion…) della bellezza nascosta, dell’incanto, dell’imprevisto, di una realtà più seducente ed esteticamente attraente della banalità e dell’indifferenza quotidiane… La sfida ad entrare nel dedalo dei vicoli misteriosi del borgo, l’affidarsi all’angolo sconosciuto sempre da svoltare, divengono così chance, apertura alle possibilità della vita, all’esplorazione di sé… e della propria Ombra (rivelata, infine, allo specchio, proprio da questo onnipresente schermo che ce ne preclude la visuale e l’esperienza).

Così, mentre c’è chi celebra l’eco di riti d’esorcismo del “male” (come quelli ancestrali che vanno dalla festa di S. Antonio Abate alla fine del Carnevale… incanalando la violenza nei soliti stereotipi) per poter continuare a vivere la sua comunitaria realtà di cartone, c’è chi decide di affrontare l’oscurità… senza la pretesa di fondare alcunché…


Le oche starnazzanti della “sicurezza” e la dea Moneta.

CONTADINI – Signor Ubu, di grazia, abbiate pietà, siamo poveri contadini.

PADRE UBU – Me ne frego. Pagate.

CONTADINI – Non possiamo, abbiamo già pagato.

PADRE UBU – Pagate o finirete nella mia tasca!

(da “Ubu re” di Alfred Jarry, atto terzo) 

 

Sono affari nostri se la Borsa va giù o affari loro? o non si vendono i titoli di stato? Perché questo costante martellamento per persuaderci di essere parte del loro gioco? Sono io parte dello Stato? o del Big Business?… (ho una carta di identità, maneggio qualche euro…) Oh sì, certo che è così… ma… siamo proprio sicuri? Siamo proprio sicuri che quel che siamo è nei portafogli? E senza propaganda e pubblicità esisterebbe lo Stato e la Borsa?… Credo di no.

Ti verrebbero a prendere a casa… e ti getterebbero in carcere (se ti va bene) senza che tu sappia neanche il perché. Si farebbero le leggi in gran segreto, per giustificare i peggiori soprusi. Oppure, allo stesso modo, potrebbero invitarti ad entrare nelle sale dove si decidono cose che nessuno conosce… a partecipare al banchetto insensato, non più pubblico, condiviso. Niente repubblica, solo una dittatura senza consenso che si farebbe conoscere dall’uso casuale o arbitrario della forza o del suo (poco probabile) contrario. Potrebbe mai esistere?… Non per molto… Ci sarebbe instabilità. Ognuno si arrogherebbe il diritto di legiferare segretamente e imporre l’obbedienza alle leggi. Sarebbe una “guerra per bande” (come lo è anche adesso, se non fosse per la propaganda che tutto copre e trasforma, sotto un manto di universalità). Ma ci si potrebbe interrogare anche sulla necessità di un centro… che non c’è… e da cui ci si dovrebbe tenere a debita distanza (come per il buco nero e il suo relativo orizzonte degli eventi al centro della galassia…). Insomma è un fatto dinamico… Occorre sfuggire alla gravità… e dai volti gravi dei sog-getti che dicono che la situazione è grave… mantenere la distanza, la sola cosa che permette di distinguere enti ed eventi… e interagire senza mostruosità (stesso etimo di “moneta”) con gli altri (e con se stessi). Ormai è questione di come evitare la psicosi… (sennò che schizo-capitalismo sarebbe?).

PS: Pare dunque che Giunone (dea madre e moglie per eccellenza) amMONisse tramite le oche dall’invasione dei nemici… e che questo MONito per difendere un territorio abbia dato origine alla MONeta… che i greci chiamavano “nòmisma”=cosa stabilita dalla legge (=”nòmos”)… da cui numismatica, numero… ma anche i “nomoi”, i distretti dell’antico Egitto o dell’attuale Grecia. L’arbitrarietà, l’ocaggine di questo potere dettato e scusato dalla difesa di un territorio da un’aggressione, l’ocaggine che oggi chiameremmo “sicurezza”, è dunque la “MONstruosità” cui accennavo…

L'”autonomia in/dividualista” (o meglio /dividualista) in questo senso designa un certo territorio virtuale, immateriale, da ridefinire e ritagliare di volta in volta… una regola del gioco, che non può essere definita universalmente, ma che segna uno strappo (alla lettera: mediante una sorta di symbolon, una “moneta” divisibile) rispetto allo starnazzante allarme del potere armato, sovra-determinante, “surcodificante” (direbbe Deleuze)…

* * * * * * *

(digressione alchemica)

In alchimia Giunone è associata alla coda di pavone-volo astrale (del plusvalore?…) che precede la formazione dell’oro  ☉ (dell’elemento “divino”, sovra-determinante, con pretese universali… mediato in questo caso dall’argento  lunare  ☽ , notturno, dell’invasione del nemico). Nella moneta qui rappresentata, ci sono sia la dea madre e moglie per eccellenza (che difende la sua prole, coloro che condividono il volo astrale del plusvalore) che gli strumenti della lavorazione del metallo-anima degli alchimisti. Le armi di persuasione e propaganda dalla dea dei territori, della stabilità, della “sicurezza”, del verbo tintinnante (al pari delle spade) della zecca di Roma… Di qui anche l’eresia marziale ♂ (rubedo) dei romani: “Non con l’oro ☉ , ma col ferro  ♂ si conquista Roma”.

Altro richiamo alchemico è nel nome di Brenno (il Corvo), il gallo vinto dagli schiamazzi delle oche capitoline… la nigredo ♄ cui segue l’albedo  ☿   ☽. La sublunarizzazione-sussunzione della natura (di quella Venere- jeune-fille  ♀,  moglie di Vulcano, il Fabbro per eccellenza, forgiatore d’anime-metalli), la sottomissione del “nemico”, della forza lavoro… ecc, ecc…


Fermo immagine | Discontinuità

Fermo immagine.

 Il Colosseo visto dalla Domus Aurea

Su di una panchina vicino al Colosseo, viale della Domus Aurea… Lei sdraiata con la testra poggiata sulle cosce di lui, che è seduto…

LEI – Ma cosa rimarrà di questo istante?…

IO – Quale istante?

LEI – Questo… Non lo possiamo fermare… A questo istante succede un altro istante e poi un altro…

IO – Beh… diciamo che è un’impressione… quella che il tempo scorra… noi ci siamo immersi… ma non è detto che un istante non sia “sospeso” tra presente-passato e futuro, tra ordine e caos entropico… e ogni istante non sia scomponibile… all’infinito… Si, ma in effetti il tempo scorre… e non possiamo farci niente…

LEI – Sì… e poi moriamo… E che senso ha tutto questo?

IO – Tutto questo cosa?

LEI – Tutto questo: il sole che ci scalda, la panchina, l’amore…

IO – Nessuno… C’è… Dà l’impressione che ci sia un senso, solo per il fatto che (probabilmente) ci siamo… siamo catturati in questa vibrazione più o meno armonica… Ci siamo ritrovati da questa parte… Ma il senso esiste solo in quanto vi è un non-senso… Te lo domandi quando sei viva… te lo domandi da sveglia… ma se dormi non ci sono più queste domande… Dunque quando ti poni queste domande, dormi…

Si appoggia con una guancia sulla mia coscia destra. Le scosto i capelli con la mano sinistra e le accarezzo la nuca, mentre il sole le illumina l’altra guancia… Si addormenta. Prima di cadere nel sonno mi stringe la mano per un istante. Poi quel che io vedo (il tizio che fa 太极拳, l’uomo seduto di fronte con gli occhiali da sole, i due che si riprendono a turno con una steady-cam dotata di braccio meccanico) lei non lo vede… Probabilmente neanche io.

Sole tra gli archi del Colosseo

Discontinuità.

Dopo quello che ho chiamato l’ultimo filosofo, dopo l’apertura decostruttiva (Derrida) o macchinica (Deleuze) del post-strutturalismo… dal piano della riflessione, si è passati alla realtà. Nelle fondamenta del mondo si aprono voragini, tutto quel che era crolla e va in frantumi… impossibile recuperarne il senso passato, impossibile costruirne uno futuro. Non possiamo percepire l’85% della materia (il fantasma fecale del nostro cosmo), siamo ciechi per 4 ore al giorno per via delle saccadi, ascoltiamo musica con 44.000 silenzi al secondo che non percepiamo, tra un atomo e l’altro vi sono spazi, campi, relativamente immensi, tra le stelle e le galassie vi è una dimensione spazio-temporale discontinua… granulare, a brane, a più dimensioni… abbiamo un genoma spazzatura che sta lì senza un perché (e questo solo perché non trasmetterebbe “informazioni”…), un chilo e mezzo di batteri nel nostro corpo, vediamo il flusso di immagini senza vedere i singoli fotogrammi, vediamo l’immagine sullo schermo senza vedere i pixel RGB.

In economia la valorizzazione che conta è in negativo… è il buco di bilancio a creare valore… buco che si è ormai diffuso (“spread”) ovunque… e ce l’hanno un po’ tutti (e questo alla lunga rende impossibile il capitalismo, che può perpetrarsi solo crinandosi in crisi, accumulando con ferocia o sopprimendo i creditori di volta in volta… Dunque compaiono buchi e distorsioni anche nel Diritto e nelle democrazie… nelle ideologie come nelle esistenze messe precariamente a lavoro… Ma la violenza è un lusso che è possibile fino a un certo punto…).

Infine, viviamo morendo progressivamente

L’informatica sembra consacrare una cospirante assenza di spazi di ambiguità, obbedendo solo alla logica binaria di input/output (I/O) il nuovo soggetto monadico, computante e paranoico inventato da Leibniz, che magari Freud provò ad investire di (s)cariche libidiche, di giubilo di fronte al rocchetto che compare e scompare davanti agli occhi dell’infante (il gioco del fort-da, una specie di cucù-sèttete), ma che, dato il numero incredibile di ripetizioni di impulsi I/O che quella logica gestisce, per esempio, in un processore, è più un rumore disarmonico, il ron ron della macchina di cui delirava Antonin Artaud… quello che ci svuoterebbe appunto di quello che c’è in mezzo tra un sì e un no, tra un vivente e un morto… quello che continuiamo ad affermare contro Tutto, ad ogni passo, ad ogni impulso elettrico della nostra chimica (dis)organica… tra scosse, brividi, contrazioni, decontrazioni e fasci di nervi…

Insomma questa vita quantizzata, digitalizzata, discontinua è insopportabile. Spossessa continuamente di sé… ma in un modo che non è quello proprio della naturaBataille avvertì che siamo accomunati intimamente dalla “continuità” (la “sozzura”, la morte, il sesso)… io non avverto niente di tutto ciò. Non ho niente in comune con niente e nessuno… mi percepisco come una discontinuità imprevedibile e radicale, priva di appartenenza… un vivente assolutamente contingente. “Sentirai di appartenere al tutto quando non sentirai più”, mi dicevo l’altro giorno alle 5 di notte, senza capire il senso di questa frase… Questo tutto di cui sarei parte dunque non esiste che a condizione di morire e non è conoscibile… Resto dunque una parte eccedente… schizzata fuori di -getto dal Tutto, che è infinitamente meno di quel che c’è ora, nei pressi, in questa stanza, tra le mie dita sulla tastiera illuminate da uno schermo a 60 Hz di refresh… prima di chiudere gli occhi come Shiva e far scomparire questo misero assoluto in un sonno incomunicabile… anche a “me stesso”, a questo nodo attorcigliato… in procinto di sciogliersi.

Buonanotte… zzzzzz.


Il mio 15 ottobre – ovvero Della diserzione

La testa del drago. Cronaca della giornata.

Fui un obiettore e ora un disertore convinto.

Alla battaglia per la migliore inquadratura ci andassero i tronisti…

(scritto il giorno dopo)

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“Piazza mia bella piazza (girando in tondo con l’indice sul palmo),

qui c’è una lepre pazza…

Il cacciatore PUM PUM (percuotendo il centro del palmo)

sparò

e la lepre… chirichirichirichiri (questo è solletico lungo il braccio fino al collo…)

se ne scappò.

(Filastrocca infantile)

Già alla stazione di Ciampino trovo persone insospettabili, “femministe” sulla cinquantina di “Se non ora quando”, quelle che avevamo boicottato l’8 marzo, che vanno ad una manifestazione che si preannuncia tesa… Tra me e me sul treno che mi porta a Roma, penso a come sarà la mia deriva per le vie della città (qui il mio percorso individuale)… Vado a Roma come un turista ad un safari, armato di macchina fotografica, che si rivelerà solo un travestimento, visto che capisco fin da subito che riprendere o fotografare soggetti e fatti è alquanto inopportuno… diventerei un delatore involontario. Ed è comunque riduttivo… perché quando esco dalla Stazione Termini trovo il corteo già avviato (non ne distinguo né la testa, né la coda) e una folla sterminata che si traveste, cerca di inserirsi nel fiume di gente, si accoda dietro ai carri dei vari spezzoni che sfilano come fossero a carnevale, ma con carri che vendono birra, lanciano slogan e danno indicazioni… Cinema e Teatro occupati, con Arlecchino in cima al loro carro, Globalproject, Cobas, centri sociali, studenti, NoTav, USB, CUB, Rifondaroli, varie tipologie di anarchici… Bandiere di tutti i tipi, tanto sole… sembra una grande festa… ma con volti tesi e anche piuttosto incazzati (pochissimi i veri “indignati”, che a Roma non hanno raggiunto il centinaio e tutt’ora stentano a trovare consensi per i loro continui snobismi, scarti e soprattutto per la tendenza filo popolo viola, quella un po’ stronzetta e legalitaria che ha inquinato del tutto, grazie ai suoi innumerevoli replicanti – IDV, Santoro, Travaglio, Grillo – il dibattito politico italiano… e che davanti alla crisi vera comincia a perdere colpi e mostrare il suo conformismo, se non fascismo, latente). Slogan contro la finanza, ma soprattutto contro il sistema capitalista e maschere odiose (non fosse altro per la pochezza fascistoide di quel film, per l’ideologia ridotta a vendetta personale, risentimento, per la sussunzione della A cerchiata nella V cerchiata) di “V per Vendetta” o l’ambiguità e l’ambivalenza di Anonymous (sabotatori informatici che testano l’efficienza dei software di sicurezza o comunque valorizzano il paradigma e il dispositivo informatico che attaccano). Ma io voglio vedere la testa… chi c’è in testa… così decido di prendere una scorciatoia… voglio capire come è composta la fiumana (so fin da principio di non appartenere a nessuno spezzone… son qui per analizzare, capire, se ci sono punti d’aggancio, se c’è qualcosa che m’interessa, che condividerei…). Imbocco via Daniele Manin, la parallela a sinistra di via Cavour, dove sta sfilando il corteo, che vedo a intermittenza dalle traverse. Supero le scale transennate di S. Maria Maggiore e continuo per via Paolina… Incrocio il corteo all’altezza dello spezzone di Rifondazione. Dopo pochi minuti sento un annuncio dal camion di Rifondazione: “Mi dicono che più avanti hanno incendiato un albergo… ora ci fermiamo e decidiamo cosa fare”… Supero le bandiere rosse e giunto alla curva mi rendo conto che sale del fumo piuttosto alto lungo la fiancata di un palazzo. Mi trovo affianco ad Andrea Rivera (quello delle citofonate) che dice: “Annamosene, va…”.

Io resto e cerco di capire dove sia schierata la polizia, che (molto stranamente) non si vede proprio… Punto le scale a sinistra di via Cavour verso S.Pietro in Vincoli… Passeggiata turistica e affaccio sul corteo. Dall’alto scorgo due macchine incendiate e il corteo che continua come se niente fosse (del resto fa pendant con gli slogan anti banche e capitalismo finanziario… ma forse, più semplicemente, si sottovaluta il tentativo, da parte di vari gruppi di ragazzi col casco, interni al corteo, di alzare il livello dello scontro… prevale una più mandriana logica di camminanti, di manifestazione-sfilata che da tempo non ha quasi nessun effetto in Italia, grazie ad un sistema mediatico totalmente assevito, impegnato quotidianamente a far scomparire i fatti e a seguire solo la narrazione del governo o, in misura molto minore, dell’opposizione, che è comunque di orientamento liberale…). Il carro più lungo è quello di Globalproject, i negriani (si trattano bene…). Pare tutto tranquillo. Niente polizia, giusto i vigili del fuoco e qualcuno che pulisce. La cosa non mi piace per niente… Gli elicotteri continuano a controllare dall’alto. Scelgo di raggiungere il Colosseo con una lunga deviazione… Passeggiare sotto il sole è molto piacevole. Ancora turisti, manifestanti a cui non sta piacendo la piega che ha preso il corteo e semplici girovaghi… Continuo a cercare di capire dall’alto, affacciandomi da largo Gaetana Agnesi, quello che sta succedendo in questa manifestazione. Vedo siparietti divertenti, ma anche un po’ ambigui. Ragazzi incappucciati e velocissimi che scrivono slogan su muri bianchissimi, rimproverati se non allontanati con la forza da omoni dei vari servizi d’ordine… I più ostili sono quelli dei Cobas… Rimango colpito dalla velocità dell’azione e dalla capacità di scomparire in poco tempo allo sguardo, anche il mio che in teoria potrebbe distinguere meglio… Il moto browniano di queste particelle sfugge alla molarità della massa… Non passano che pochi minuti e la tensione all’interno del corteo sale improvvisa. La gente si muove come pesci in branco al minimo scoppio o al minimo accenno di rissa. È proprio quel che sta succedendo lì sotto, vicino al Colosseo. Un tizio sale su per i giardinetti… Gli chiedo come mai. Mi spiega che dei ragazzi col casco volevano entrare nel corteo e il servizio d’ordine li ha insultati e respinti… (poi saprò, dai diversi servizi televisivi e dalle riprese, che hanno preso le parallele a destra del corteo, dalla parte opposta che io ho percorso e hanno fatto un po’ di macello, da bravi casseur… o black bloc, come li definiranno i commentatori di regime di questo 15 ottobre, rievocando con la bava alla bocca i fasti repressivi di Genova… o infiltrati come preferisce la tradizione paranoide e squadrista degli stalinisti o la coglionaggine dei legalitari-giustizialisti).

Proseguiamo per via Labicana. Io continuo a seguire il corteo a sinistra, ma voglio tagliare a destra per arrivare a piazza S. Giovanni direttamente (niente da fare, non mi piacciono gli skinhead che bevono birra al Bar Colosseo… rinvio la deviazione). A quel punto di nuovo annunci dai megafoni del carro, questa volta dei Cobas, che ci invitano tutti a metterci sul lato sinistro perché hanno dato fuoco ad un cassonetto (in realtà si tratta di un po’ più di un cassonetto: una caserma, qualche auto, ecc…). Mi infilo nei giardinetti di questa villa, dove mi metto a chiacchierare col giardiniere precario, un po’ preoccupato dell’eventuale lavoro extra, ma d’accordo con la manifestazione… Sostiene che avrebbero fatto meglio a incendiare i palazzi del potere… Sorrido, pensando all’ingenuità strategico-militare dell’ipotesi (anche piuttosto qualunquista)… ma se non altro registro una vaga adesione ideale alla manifestazione nel pecariato assunto dal comune di Roma… Il corteo intanto, incurante dell’annuncio, ha riguadagnato l’intera larghezza della strada… Io lo attraverso e mi muovo per raggiungere prima piazza S.Giovanni… Lungo la parallela c’è praticamente un corteo bis, così devio ancora per traverse sulla destra e, all’angolo tra via Annia e via Celimontana, seguendo un improbabile gruppo di turisti tedeschi attempati, quando sono davanti al piantone del Policlinico Militare, vedo sfrecciare a tutta velocità svariate camionette e volanti di polizia e Carabinieri… Il tizio, piuttosto giovane e con un fucile di mezzo, mi chiede: “Ma che è successo?”. Escono anche un paio di impiegati dalla faccia sospettosa che non mi piacciono per niente… Rispondo: “Non so… dicono che hanno incendiato un cassonetto…”. Osservano: “Sì, lo sappiamo… ma tutti questi mezzi! Mi pare esagerato!”. Ordinano di chiudere la cancellata. Non si sa mai… Continuo a caracollare per via Celimontana e a questo punto per capire cosa sta succedendo accendo la radio. Radio Onda Rossa mi ragguaglia sul casino che c’è in piazza S. Giovanni, così decido di aggirare ulteriormente fino a che mi trovo all’angolo tra via della Navicella (dove sono parcheggiate tre camionette, nel caso dovessero estendersi gli scontri?) e via dell’Ambaradan. Provo ad avviarmi verso piazza S. Giovanni ma, mentre sento le notizie tremende della radio, vedo come un plotone che batte la ritirata. Musicisti di samba che con musi lunghi per la mancata esibizione. Chiedo spiegazioni e mi sconsigliano di continuare… dicono che la piazza è piena di lacrimogeni, le camionette fanno i caroselli. In effetti in quella direzione si leva un denso fumo nero e bianco. Alla radio sento la battaglia, l’accerchiamento, le cariche, gli investimenti, la piazza circondata… Vengo a sapere che appena ho lasciato il corteo in via Labicana c’è stata una carica (erano i mezzi che avevo incrociato prima all’angolo di via Celimontana). L’unica via di fuga sembra essere proprio via dell’Ambaradan, ma chi è in piazza non vuole andarsene. Si ostina in un corpo a corpo violento quanto sterile con la polizia, visto che il grosso del corteo tra l’altro è stato deviato verso il Circo Massimo. In pratica le forze dell’ordine hanno impedito la conclusione di una manifestazione legittima tagliando e isolando la testa del corteo. A quel punto i manifestanti isolati si sono incazzati e hanno preso a lanciare sassi insieme ai casseur di prima, usciti dalle traverse di via Labicana, che erano stati respinti anche in modo piuttosto ipocrita e sbrigativo dal corteo più frammentato e internamente conflittuale che abbia mai visto (Qui il “linciaggio” dell’iconoclasta per ristabilire la dottrina catto-comunista)… Insomma una débâcle… per la causa degli Indignados che avrebbero voluto accamparsi a S. Giovanni… una prova di forza della tenuta del “movimento” di fronte ad una polizia pasticciona (che presumeva di sgombrare fronteggiando mille o tremila persone legittimamente radunate) senza adeguati mezzi e con pochi uomini. Dopo aver lasciato che si innalzasse il livello di conflitto, lasciando scassare a casaccio senza intervenire (magari anche con qualche piccolo aiuto… ma davvero non ce n’era bisogno dato il livello di incazzatura crescente, da parte di molti anche nei confronti della manifestazione), chi era nella cabina di regia a manipolare i suoi reparti magari ha “ben” pensato di cercare il morto o il ferito tra le forze dell’ordine… sarebbe stato un precedente per un lunghissimo “divieto di manifestazione”, in perfetto stile fascista… ma non c’è stato… (scatta invece tra i “pacifisti”, o meglio tra i comunisti vecchio stampo anche un po’ reazionari, ad ogni botto di petardo, un coro automatico di “Fascisti! Fascisti!”, che vale per qualsiasi cosa non si conformi alla sfilata modello… giorni dopo infatti ci sarà una manifestazione pacifica della FIOM, giusto per neutralizzare del tutto e spegnere nelle narrazioni vendoliane o nella retorica sindacale di Landini il clima pesante e sovreccitato che s’è venuto a creare…). Così me ne torno passando dal Circo Massimo verso l’Arco di Trionfo… Sono tutti lì quelli che hanno abbandonato alle mazzate la testa del corteo… o che hanno prudentemente protetto i “pacifisti”… alcuni dei quali si scopriranno violenti delatori, fornitori di testimonianze audiovisive alla polizia… comunque facce tristi… Per quanto si voglia dipingere positivamente la giornata, risulta evidente che qualcosa è andato storto… e parecchio. Si sono scassati obiettivi a cazzo di cane, non si è compattato niente, non si è adottata nessuna strategia, non c’è stata particolare intelligenza tattica (giusto una prova di resistenza per i prossimi round), poca solidarietà tra gli spezzoni del movimento, tanta volontà di potenza di professorini e partitini del cazzo… Alle luci del tramonto, la mia impressione è quella di un esercito in ritirata… Così decido di andare controcorrente lungo il fiume arenato dei manifestanti e raggiungere nuovamente la stazione Termini. All’imbocco di via Cavour, dietro le ultime sigle anarco-sindacaliste, vedo plotoni di polizia in borghese dalle facce truci… brrrr… Risalendo via Cavour attraverso uno scenario fatto di vetrine rotte, macchine incendiate e scritte sui muri qua e là. Tutti si fermano a fotografare. Su tutto prevale il rumore delle camionette che puliscono le strade. Rumore di una normalità insensata e opprimente, anche nella distruzione degli oggetti più o meno simbolici…

Il nemico è nel portafogli…

Considerazioni

Insomma lo STATO D’ECCEZIONE modello Carl Schmidt continua (molti non se ne sono neanche accorti dato il poco peso che si è dato agli arresti preventivi nei mesi scorsi)… Doloroso vedere video in cui signore anziane vogliono menare i loro nipoti teppistelli (colpevoli solo di avere il look sbagliato)… Forse è proprio la “guerra di tutti contro tutti” di hobbesiana memoria. D’altronde le telecamere sono dappertutto… i punti di vista sovrapposti e confusi… la violenza idem… Semplificare (come si sta facendo, nel modo grottesco e incredibile dei media), in questi casi, vuol dire rafforzare l’apparato di sorveglianza e punizione e sollecitare l’Altro di cui ha bisogno il sistema per performare al meglio (il Terrorismo, ecc… che evidentemente proprio non c’è…). Le visioni del black bloc della Repubblica (davvero una farsa di articolo!), il pessimo servizio del TG3 che riprende quelle tesi, il prendersela coi soliti capri espiatori, che in realtà sfilavano tranquillamente in corteo senza far casino… fanno capire che l’azione repressiva sarà dura e indiscriminata…

Ma la crisi lo sarà di più… e metterà a tacere tutti. Non c’è niente da fare. Né azione, né reazione.

(scritto il 16 ottobre)

Oggi in ogni famiglia c’è almeno un nemico.

* * * * *

Nei giorni seguenti il mainstream mediatico e mediocratico (anche nel senso di mediocre) monterà la vicenda a modo suo… producendo più che altro una montatura insopportabile, portando i discorsi sulla dicotomia sterile e reazionaria violenza/non-violenza… come se non fosse violento rendere inutili le manifestazioni per anni, minimizzandole con le agenzie e i telegiornali; come se non fosse violento impedire in ogni modo che si sviluppi anche una rappresentanza istituzionale di istanze estranee alla religione liberale o liberista; come se non fosse violento, il giorno prima al Parlamento, scippare l’ennesima fiducia, questa volta col trucco dei radicali ligi ai regolamenti… come se non fosse violento bombardare i libici, come se non fosse violento negare diritti ai profughi rinchiudendoli nei CIE; come se non fosse violento derubare il futuro di milioni di persone con dei giochi di prestigio finanziari; come se non fosse violento barricarsi in una gerontocrazia di vecchi avidi, idioti e avari e impedire alle generazioni degli ultimi 40 anni di avere i diritti e le condizioni materiali delle precendenti; come se non fosse violento ogni fottuto supermercato, bancomat, casello autostradale o tornello della pubblica amministrazione, delle fabbriche o delle aziende; come se non fosse violenta l’idiozia imperante di dover continuare a pagare tasse e lavorare per sopravvivere… se non addirittura lavorare gratis… per ingrassare un mondo che premia in modo smisurato solo chi è più stronzo.

Dirò di più: il mainstream, lo Spettacolo, il taglio di montaggio del “potere”, vuole il sangue… Non c’è rappresentazione più perfetta di quella che rischia di smarrire il suo ordine, di quella che suscita emozioni primitive, sollecita il sistema, una reazione, una risposta… non c’è eroe mediatico migliore del black bloc… quanto meno del suo mito… Il Ribelle, l’individuo marginale (come può esserlo anche un broker rispetto alla Borsa o un massone rispetto allo Stato), che fino ad allora aveva zigzagato lungo il corteo per non farsi acciuffare (come io avevo zigzagato per disertare la fiumana di gente più o meno conforme, il drago…), ad un certo punto conquista il proscenio, diventa un mucchio di pixel su tutti gli schermi, con un estintore in mano… e tutti ad improvvisarsi detective, identificare, rendere identico quello che non lo è (che non corrisponde ad alcun modello, che mischia memi anche contradditori tra loro, versioni semplificate della realtà, format signoraggisti, perfino proto-nazisti…). Non è il Grande Fratello… non dobbiamo nominare chi deve uscire dal contesto della gabbia degli uomini liberi, giusti, onesti, residenti, cittadini a modo… Non si possono addirittura rispolverare leggi speciali (come ha ventilato Di Pietro: ”Si deve tornare alla Legge Reale. Anzi bisogna fare la ‘legge Reale 2’, alias Di Pietro, contro atti criminali come quelli di Roma. Si devono prevedere arresti e fermi obbligatori e riti direttissimi con pene esemplari”) dei tempi degli anni di piombo, per dei danni alle cose… ma ancor di più, per quello che tutta la società dello Spettacolo, della Simulazione e tutti i telegiornali in realtà desiderano. La notizia non c’è senza lancio di estintore, senza camionetta bruciata, senza blecchebloccheIl sistema performa meglio dove si crina, dov’è in crisi, dove genera la sua crisi... Ecco che i ragazzi che sono stati messi sotto dai caroselli delle camionette e resistevano al nulla, al potere che non c’è (ma che ha ancora bisogno di manifestarsi, in modo spettacolarmente territoriale e dispotico, sotto forma di manganelli, solo per far credere che lì vi è del potere… in qualche luogo preciso, istituzionale) sono vittima di un equivoco. Non c’è realtà del conflitto… solo una crassa farsa, una simulazione beota. Specialmente quando il luogo è ad alta rilevanza mediatica. La realtà si neutralizza, scatta la simulazione generale… Si attiva l’auto-panopticon… tutti riprendono tutti, cominicia la delazione generalizzata, il monitoraggio reciproco… La polizia chiede ai cittadini di fornire le prove registrate dei reati… I poliziotti vengono ripresi nella loro più o meno sportiva azione repressiva. Tutti sono chiamati ad essere poliziotti e black bloc di loro stessi… si cerca di insinuare in tutti un conflitto schizofrenico (ma non era una manifestazione che contestava il “potere”?)… come schizofrenica è una manifestazione che deve necessariamente alzare il livello di scontro per poter attivare la digitalizzazione collettiva delle immagini, l’eccitazione dei sensori, perché si riprenda all’infinito, da migliaia di angolazioni diverse… e inevitabilmente si annulli e ingolfi il pur implacabile e tremendo divenire del reale…

Senza questo schizo-capitalismo non c’è Spettacolo… non c’è nulla da raccontare, né narrare… c’è un trauma infinito, irrisolvibile, senza esito. Ogni scontro-evento si avvita su se stesso in suddivisioni infinitesimali dello scontro, si annulla infine nelle foto ricordo e si spegne un po’ alla volta… Quel che resta è il dispositivo che innesca, la macchina del controllo automatico che si perfeziona, che impara dalla sua sollecitazione, le contromosse; dall’esperimento con cavie umane, la tattica militare e mediatica; dai desideri, il loro possibile reimpiego o il loro appagamento riproposto in forme più innocue, più fashion… con surrogati, feticci, nuove merci, nuovi modelli umani…

Spunti

Nei giorni successivi alla manifestazione (così come era avvenuto tra le squadracce staliniste dei Cobas e i ragazzi incappucciati) in Grecia i membri del PAME hanno aggredito anarchici e popolazione greca con pestaggi indiscriminati… Bandiere rosse a difesa della polizia, che difendeva il parlamento, contro bandiere nere e manifestanti… botte da orbi… divide et impera.

Nulla fa pensare che questo pattern non si replichi in futuro, dato che ci attendono anni di scontri sociali e politici… se non guerre vere e proprie…

“E’ interessante notare che, sul piano strettamente visivo, questi “riots”, queste azioni rivoltose, sembrano le uniche in grado di colpire alla stessa velocità dei famigerati mercati finanziari. In termini puramente simbolici, le fulminee azioni della guerriglia urbana danno cioè l’illusione di essere le uniche capaci di tener testa al ritmo forsennato della speculazione finanziaria, che abbatte i prezzi dei titoli, aumenta i tassi d’interesse e offre un alibi ai governi che colpiscono il welfare e il lavoro. Potremmo dire, insomma, che a un primo sguardo i “demolitori” sembrano i soli in grado di “colpire veloci” come gli speculatori” (Emiliano Brancaccio).

Un esempio lampante di dromocrazia… In un certo senso questa violenza furtiva e rapidissima ci colpisce in ogni istante migliaia di volte… con i mille dispositivi di comunicazione cui siamo connessi. Eppure tutta questa macchina(zione) ha un punto debole… dipende da pochi elementi di fondo (Denaro, Lavoro, Centrali, Modelli, ecc) che abbiamo troppo interiorizzato per mettere in discussione… Ma a questo punto, rimettere in discussione i “fondamentali”, giocare un’altra partita, è forse l’unica via d’uscita.

Qui i dubbi di una ragazza sul senso della protesta… di borghesi delusi e defraudati… che se la prendono con la finanza… che è probabilmente la sola cosa che li tiene in vita e tiene in vita un sistema purtrescente e irriformabile:

‘Non sono proprio tutte le persone che credevano in un modo o nell’altro nel sistema capitalista quelle che ora, deluse, vanno a protestare? Non è questa la gente che sente che il sistema le prometteva una dignità che ormai hanno perso? Non sono queste le persone che hanno creduto alla favola della “democrazia”?’ Questo è ciò che accade con tutte le chimere, alla fine evaporano, lasciando dietro di sé una scia di scontenti, defraudati, indignati.

Ci si dovrebbe domandare cosa può esserci dopo il paradigma uscito dalla Rivoluzione Francese… dalle Repubbliche, dagli Stati Nazionali, dalle Democrazie rappresentative… Si sta esaurendo un ciclo. E non ci si è neppure cominciati ad interrogare sulla dissoluzione della forma stato e quello che verrà… di certo non sarà la catastrofe che ci si immagina… dipende dai punti di vista…

Tutto decade e poi muore. Per fortuna di chi verrà.

Dopo i riot e gli arresti del 15 ottobre. I negriani vogliono solo un potere più diffuso, “moltitudinario” come dicono loro, ma mai coincidente con ciascuno (e ciò va in culo ai loro “figli”, a quelli che si sono buttati nella mischia rimettendoci la libertà)… vogliono fare i capetti… come hanno spesso fatto i marxisti. Loro sono “dotati”… Poi, qui in Italia, la carriera è assicurata… un posto lo trovano sempre i professionisti del “tumulto” col culo altrui:

“Riteniamo sia di fondamentale importanza riaprire la riflessione e il confronto su un nuovo federalismo post-statale, da intendere non come modello o forma di governo ma, al contrario, come processo orizzontale, pattizio, aperto, in grado di coinvolgere una pluralità di poteri, SOGGETTI ED ISTITUZIONI DOTATI ab origine di CAPACITA’ COSTITUENTE. Un federalismo, per usare le parole di Luciano Ferrari Bravo, concepito come CONCENTRAZIONE DI POTERE NON CENTRALIZZATA, capace di tagliare trasversalmente e ricombinare dimensione territoriale e sociale”.

Grande opera di recupero della protesta all’interno di una dialettica innocua… una deviazione della “locomotiva” su un binario morto… E’ una critica spuntata quella che non tocca i fondamentali (Lavoro, Denaro, Prezzo, Banche, Stato, ecc…). Un’altro esempio di come si stiano annacquando i dibattiti sulla crisi… arrestando la critica e l’analisi con un linguaggio gergale, vago e alquanto paraculo…

Alla manifestazione del 15 è poi seguita una serie di occupazioni… a partire da #occupywallstreet…che vedremo come evolverà. Si definiscono il popolo del 99%… conto l’1% di cattivoni. Il popolo bue (di ogni stato) ha bisogno di un colpevole, di un capro espiatorio per sentirsi migliore, “onesto”, privo di responsabilità… Forse fanno schifo tutti… sia l’1% che il 99%… chi più, chi meno. Per quanto mi riguarda, ho l’ambizione di non essere un vivente disposto ad essere sondaggiato in percentuali… né voglio imporre il peso della mia volontà e immaginazione… tanto più secondo logiche di maggioranza. Bisognerebbe inventare le regole di un nuovo gioco e metterle in pratica


Come si esce da questo supermercato?

– Scusi cassiera, come si esce da questo supermercato?

– Non si esce…

– Come non si esce?

– Se vuole i soldi per comprare la merce, si sieda con gli altri sugli appositi scaffali e si appiccichi un prezzo… passeranno poi i nostri addetti ad aggiornare i prezzi, a seconda di quel che dice il direttore… Quali sono le sue competenze?

– Uhm… musicista, videomaker, sound-designer, web-designer, fotogr…

– Ok, allora si accomodi in deposito… se si vende qualcosa, entro l’anno potrà sedere insieme agli altri sul bancone delle offerte speciali… quelle “tutto a 99 cent”

– Ok, tornello vivente!… Questa è una rapina!… mi consegni l’incasso e le chiavi di questo posto di merda!

– Spiacente signore, ma non le ho… non le ha nessuno…

– Allora l’unica è saltare in aria… Mi chiami il direttore!…

– Non posso: il direttore è un software… un bot

– Un “buono ordinario del tesoro”?

– Più o meno…

– Signorina… ma almeno si può fare sesso tra gli scaffali?

– Anche nel deposito, se vuole… Vada… c’è la sua ragazza che l’aspetta…

– Ok, grazie… di quella faccenda dell’esplosione ne parliamo dopo…

– Niente da fare… fuori ci sono altri reparti e poi altri reparti… ci provai anche io tempo fa… e ora mi hanno messo a fare la cassiera…

– Comunque io sono Valerio…

– Mi spiace, io non ho più il nome… me lo tolsero dopo l’evasione… Vuole una busta?

– No, grazie… Vado in deposito.


13 gennaio 2011 – CI SIAMO PERSI! (…la “presa” di Montecitorio).

Dovevamo trovarci con gli ombrelli rossi sotto gli archi di piazza del Popolo, ma siamo arrivati alle 15.00… ci siamo trovati impasticciati in una ressa di gente mentre parlava UNA SUORA (mortacci de’ la sinistra per finta!!!). Senza radio, né smart phone, abbiamo quindi proseguito in solitaria con una personale contromanifestazione decontaminante anti-Concita… (colei che ha saputo dividere tra donne per bene e per male, invitando i maschi a non dare le LORO donne in pasto al vecchio satiro, ecc…).

Ci siamo persi...

Comunque è stato bello e patetico assistere, dall’alto della terrazza del Pincio, al tramonto del sol dell’avvenire e del vetero-femminismo più bacchettone e moralista… Contenti per il corteo degli ombrelli rossi (che è riuscito a manifestare davanti a Montecitorio), cui non ci siamo agganciati solo perché l’abbiamo saputo troppo tardi, ahinoi (immagino che le decisioni siano state, per forza di cose, veloci e non rese note ai ritardatari, come noi, e ai molti dispersi nella piazza catto-finto-comunista, da gita domenicale, che ci siamo scrollati di dosso a fatica e con un certo sdegno, per via certi slogan del cazzo, da pattuglione della buon costume, tipo “Ci ruby il futuro”, “L’Italia è diventata un puttanaio”, ecc…). A quanti diranno:

– Io c’ero!

dovremo rispondere:

– Io no…

Sarà un destino? Non siamo mai nel luogo dell’identità e della riconoscibilità… Nella storia come nella vita privata… Sarà per questo più bello trovarsi nel luogo della “realtà”… un po’ come pisciare dopo averla a lungo trattenuta. Qui, più che altro, si continuano a manipolare simboli…


Orgasmi e glossolalie

Dopo il mio primo orgasmo, ricordo che mi distesi sul letto con molte questioni nella mente che non riuscivano a trovare una risposta a parole… ma che pure una risposta ce l’avevano. Così, disteso sul letto e con l’accappatoio, guardando in su verso il soffitto, cercai di liberare in una lingua le costellazioni che mi avevano attraversato dischiudendo ben oltre me stesso il flusso dei pensieri e del tempo. Ricordo che predominavano sillabe con la L… probabilmente perché è la lettera che frusta dal palato al fondo della bocca… e ciò dà un certo gusto… come di goccia che cade. Gli ebrei la chiamano “frusta” (lamed).

laie laie lalla
ielà lallà
iela
ralla lalài lalaiei
leilo leilo leila leilo
lai lallai laralei laralelai

Disarticolare la lingua è un buon esercizio per articolare il senso anche in assenza di significato e con una coerenza provvisoria… ovvero secondo il ritmo e la materia che suggeriscono le consonanti e le vocali. La L era solo un esempio… ogni suono ha sfumature diverse, ssssibila, vibrrrrrra, sffffffiata, ronzzzzza (TRRRR, CRRRRR, GRRRR, CLA, ARRRRT, FFFFFF, SSSSSSS, VVVVVVV, ZZZZZZZ). Ovvio che occorre fare attenzione a non lasciare che altri spiriti parlino con la propria bocca…
Vi sono esempi di glossolalie in Artaud, Robert Wyatt (per es.: in “The end of an ear”), Lisa Gerrard… nella stessa “Saaeee”

Anche all’inizio di “Speed of light” degli Asian Dub Foundation… o nei vagabondaggi lisergici di questo signore:


La Rivoluzione a Velletri

Il vicolo dove vivoIeri sera, a causa di un parcheggio davanti al portone di casa mia, c’è stata la Rivoluzione nel vicolo in cui abito. Tutto è cominciato con una scampanellata. Mi affaccio. Vedo un uomo grasso sulla trentina, con moglie, che mi chiede abbastanza alterato:
– A chi è che dà fastidio la macchina parcheggiata davanti al portone?… Qui si può entrare e uscire tranquillamente!
(Si parla di 80 cm circa…). E aggiunge:
Io ieri me so’ preso ‘na multa per aver parcheggiato, qqua!… Chi è che ha chiamato i viggili?
Gli rispondo:
– Mah… non saprei… e comunque, se non è difficile uscire dar portone, è ‘n problema che se restringe ‘a carreggiata della strada… Nun è che è proprio ‘n parcheggio fatto be’…
Infatti c’è un’altra macchina all’altro lato e la risultante della duplice sottrazione di spazio è un corridoio da cui può passare giusto una moto…
Si affacciano anche i rumorosi vicini che abitano all’unico piano sopra al mio (è una palazzina di 2 piani: ci siamo io e loro… e il loro barboncino abbaiante). Rivendicano di aver chiamato i vigili e che la macchina non può stare davanti al portone di casa!

Si affaccia una signora albanese di una certa età, che abita di fronte ed è la proprietaria dell’auto parcheggiata all’altro lato…
– Io là posso stare, anche se sta davanti al falegname (n.d.r.: una segheria rumorosissima)… Gli ho chiesto il permesso…
Io faccio notare:
Signo’, ma non è il falegname il proprietario della strada… Tocca vede’ che direbbero i vigili…
Allora la signora scende, contrariata anche dal tipo che non ha nessuna intenzione di rinunciare al parcheggio in mezzo alla strada che ha faticosamente conquistato, anche per via della moglie incinta (li immagino a copulare e qualcosa non mi torna nella differenza di stazza…), che indica per invocare comprensione, ma in modo del tutto improprio… diciamo pure, incazzandosi…
La signora albanese sposta la macchina e trova parcheggio più in là nel vicolo… Si affacciano altre persone che protestano contro il grassone per il fatto che chiuderebbe l’accesso al vicoletto in fondo al vicolo, parcheggiandosi in quel modo…
Parte una selva di vaffanculo da parte del giovine pasciuto ai danni di svariati vicini… Si scambiano un segno di pace:
– Vaffanculo!
Signo’… vaffanculo va!
– Ma vaffanculo te!
Ha’ capito ch’ho detto?… Vaffanculo!

 E così via. Fino a che egli torna verso casa sua… Sembra che si sia trasferito da poco… (lo capisco dal chiacchiericcio del vicinato, in parte sceso in strada…) che sia un “bestemmiatore” e che si sia persa la pace da quando si è trasferito insieme alla moglie (anch’ella propensa al “vaffanculo” facile)…
Ma chi so’ questi?, si chiedono taluni, allibiti e sgomenti…
Ghigno tra me e me e chiudo le persiane a questo improvvisato V-day tra i vicoli veliterni…

Seconda parte…
Arrivano i vigili… Ari-bussano a casa mia. Mi affaccio… Discutono dell’opportunità di fare la multa… Chiedono a chi dia fastidio… Il regolamento recita che ci deve essere un metro di distanza dal muro… e che la carreggiata debba essere di tre metri… Misurano! L’energumeno ciccione scende e insiste che la macchina sua sta parcheggiata bene…
– Qui ci sono 90 cm…, gli fa il vigile.
Crollo di intonaco a casa miaSi affacciano i vicini di sopra, quelli precisi (cui pago la luce delle scale che loro non pagano… gli stessi che  mi hanno accusato di cose da uomo ragno, come passeggiare sopra al loro tetto facendo cadere i calcinacci nel loro salotto, di fumare in casa mia, quando ancora fumavo, e che mi hanno fatto crollare 10 kg di intonaco ad un metro dalla mia capoccia per via di una perdita d’acqua dalla loro cucina, cui non è seguito alcun rimborso nei confronti del proprietario della casa ove sono in affitto, il quale preferì provvedere ad un controsoffitto e zitto). Insomma si incazzano. Il vicino, pallone gonfiato ad acqua dalla rancorosissima moglie, si impone dal balcone con un classico “lei non sa chi sono io”, davanti agli improperi del tipo grasso intemperante…
– Sono un pubblico ufficiale!…
– E ‘sti cazzi!…, ci fa quello… che prende la macchina e si sposta dieci centimetri più verso il centro della strada per raggiungere il metro regolamentare…
Ai vicini di sopra, quelli incazzòsi, non sta bene… Scendono. Scende anche speedy gonzales , la moglie del vicino, che parte anche lei con un “lei non sa chi sono io” alquanto grottesco:
– Anche io porto la divisa! Capito?… Faccio l’infermiera!…
E bla, bla, bla
La situazione degenera quando l’energumeno per orizzontale fa notare ai vigili che ci sono macchine parcheggiate a meno di 1 metro dal muro in tutto il vicolo…
Il più anziano e severo dei due vigili intende applicare il regolamento… quello più giovane… sulla quarantina, mi guarda sconsolato:
– Non ho mai visto una cosa simile…
Non vorrebbe procedere, ma il collega più anziano è perentorio:
– Ci hanno chiamato… Applichiamo il regolamento! Multe a tutte le macchine della strada!
Cominciano.
Si scatena la protesta popolare e la solidarietà tra poveri, dopo la precedente miserabile guerra. Un tentativo di far valere il buon senso, diciamo, (delle abitudini tacite, obbligate dal labirinto del quartiere medioevale, e consolidate di un microcosmo fatto di spazi strettissimi e di trattative continue… solo a tratti burrascose) sulle leggi e i regolamenti rigorosamente applicati da un Terzo autoritario e multante… dallo Stato, incarnatosi nei corpi in divisa di due vigili (uno buono, l’altro cattivo, come in ogni governo che si rispetti…).
Un camionista che si stava facendo la doccia, sente il trambusto… Gli hanno multato la macchina (parcheggiata incollata alla cassetta della lettura della mia acqua)… e tuona in un:
Ciccione de mmerda!… Ha’ rotto er cazzo!… Mo scenno e te gonfio!…
Scende, a torso nudo… non lo gonfia, ma si confrontano a brutto muso… E’ un camionista e rivendica la necessità passare la serata in pace dopo che ha lavorato tutto il giorno. Inveisco anche io dalla mia finestra
– Ao, ma che cazzo state a fa’?
Li separano delle signore anziane e mingherline, a confronto…
Il resto è rivolta popolare contro le multe:
– Io questa non la pago!, fanno… facce spaventate di chi non ha proprio 80 € in più da dare al comune!…
Si mette male per lo sfanculatore selvaggio, che comincia a chiedere scusa a tutti quelli del vicolo che gli si rivolgono contro, lo fermano , lo accerchiano…

Alla fine per fortuna non lo menano o lo linciano… forse giusto meditano vendette a freddo… Sento frasi pronunciate a mezza bocca da pensionate con la ricrescita dei capelli più scura:
– Ah… ma mo’ se deve da sta’ attento… ‘O tengo d’occhio… Alla prima cazzata ‘o denuncio!
Anche lui comunque viene multato, per i 90 cm non regolamentari…

La serata si spegne tra dialoghi per il vicolo e dalle finestre… Tutta la gente è per strada. A confrontarsi, sorridersi e pronunciare parole di riappacificazione… apparente.


“E adesso specchi riflettete”.

Per contrastare questo schermo, questa navigazione, questo net surfing, questo continuo al di là dello specchio (in perfetto stile Alice nel paese delle meraviglie) evoco un poeta surrealista suicida, attraverso le sue parole: “E adesso specchi riflettete”. (Jacques Rigaut)

Avanti… alzatevi dalla sedia… andatevi a sedere comodi da qualche parte e riflettete… invece di accettare questo piacere a dosi omeopatiche (un post, una foto, dei “commenti”… o, come su Facebook, un “mi piace”, un “condividi”…) che vi solleva (ma per quanto?) dalla difficoltà di vivere… Sottraiamo il tempo alla macchina globale, alla Grande Rete…

Per me la Rete serve per catturare più che mettere in comunicazione… limitare, virtualizzare e controllare gli spazi d’azione. E’ piacevole… ed è innegabile il suo fascino… Seguo questa metafora dello schermo che si comporta come uno specchio strano… che non rimanda la propria immagine, ma l’aldilà dello specchio (come nel Paese delle Meraviglie)… ci mostra che non siamo noi stessi… ma mille rivoli di pensieri, immagini, idee… si sostituisce all’analogo movimento reale che è dentro di noi… lo contamina, lo condiziona… Io navigo comunque, nella realtà… La Rete è come se inserisse nella mia interiorità un’esteriorità fatta di possibilità pressoché infinite…

Allo specchioMa se stacco… vado a dormire… o mi faccio una passeggiata… io sovranamente penso, vago e rifletto (o rifrango, se sogno)… sono in presenza di uno “specchio”… Mi piaceva l’idea di guarire dallo schermo, guardandomi allo specchio, in un riflesso… cercare un’immagine, incarnare una finzione, modificarmi, modificare il reale… visualizzare me e tutto quel che mi attraversa…
Gli specchi di Rigaut, in un certo senso erano posti davanti ad ognuno di noi (quasi con un senso di sfida)… per rimandare un’immagine (ma non solo…) che forse dimentichiamo troppo, che ci sembra noiosa… e che forse emerge davvero e si delinea solo andando nel mondo… scavalcando l’insopportabile Narciso, attraversando paesaggi urbani, strade, campi… incontrando i volti e i riflessi altrui… infinitamente rassomiglianti, infinitamente diversi…

Insomma mi chiedo se uno specchio non sia più istruttivo di uno schermo…

Da uno schermo ci si aspetta costantemente qualcosa… Gli specchi invece, aspettano costantemente qualcosa da noi…

Qui davanti allo schermo domandiamo… interroghiamo la macchina… che risponde (per modelli…).
Lì, davanti allo specchio, siamo interrogati, ci vengono poste domande… si avanzano miriadi di richieste… si focalizzano azioni… sulla soglia dell’immaginario (ideale dell’io o io ideale), di ogni immagine possibile, vi è della magia… la possibilità di mutare di-segno.


Poteri dell’orrore pubblicitario

Oggi sono rimasto alquanto disgustato dall’uso della manipolazione cognitiva operato (anche “maldestramente” per certi versi) da una pubblicità di suonerie, vendute da FlycellPoco prima leggevo il blog Kelebek, che scrive a proposito di una trans che entra a far parte dell’amministrazione Obama come consigliere del Dipartimento del Commercio, de “l’impressione che suscita il pensare a modificazioni o mutilazioni al proprio corpo e alla propria immagine” e di un “sistema mediatico […] congegnato in modo da rendere il prodotto-notizia interessanti per chiunque. Dove interessante significa due cose: la notizia deve essere immediatamente comprensibile e deve essere eccitante; e tutto ciò che ha a che fare con il corpo, il sesso e il genere è insieme comprensibile ed eccitante.” Subito dopo mi metto a cantare Mercedes Benz di Janis Joplin, ma non ricordo le parole (che sono una sarcastica accusa di certe voluttà consumistiche – cantate da un’icona del consumo autodistruttivo, tra l’altro…), così le vado a cercare in un sito e mi imbatto in un’immagine anomala, trans-umana, mutante, bizzarra e che instilla un certo senso dell’orrido (che suscita comunque un’emozione, giocando sul limite umano-animale, sulla deformazione dell’immagine del corpo, nonché sull’incertezza reale/virtuale… che potrebbe cominciare ad alterare con discrezione le nostre percezioni):

animali-ibridi

L’altro elemento che subito si aggiunge è la titillazione insistita dell’auto-stima e di un insano spirito competitivo (non sarai mica un sub-umano? tu puoi distinguere e distinguerti…) sotto la forma del test d’intelligenza (“Il 77,7% non passa questo test”… che mi richiama alla mente il numero della maledizione della stirpe di Caino… 777).
Mi cimento nel test per scoprire chi siano gli zozzoni autori di questa cacata di
pubblicità virale (che si trova in svariati siti)… Si tratta di un test molto optical e nocivo per la salute visiva ove si fanno domande su geometrie contorte… Campeggia in alto il pungolo osceno che spinge alla competizione e all’auto-valorizzazione di sé a discapito altrui:

“Fai l’IQ quiz ora. Sei più intelligente dei tuoi amici?”.
Accompagnato da immagini piuttosto psichedeliche e rincoglionenti e domande tipo “Guarda bene. Si muovono i cerchi?”:
optical
Cominciano a girarmi le palle, ma poi mi accorgo che il percorso non premia proprio per niente, anzi… in fondo alla pagina, scritto in piccolo, ci sono le condizioni dell’acquisto di suonerie del cavolo (sfido chiunque a leggere con attenzione scritte piccole dopo aver fissato l’immagine qui sopra…), che per qualcuno sono una truffa Si pensi solo a quanti bimbominkia possano abboccare a simili scemenze… che sono in realtà l’uso massiccio e simultaneo di diverse tecniche di marketing non convenzionale condite con un’estetica psichedelica, caleidoscopica e abbabbianteOooooh!

E ora indovinate questo: “Chi è allora l’ibrido tra un porco e un umano?”.Ps: il titolo del post è ispirato ad un libro della padrona di casa di Raffaele Ventura, Julia Kristeva (come si deduce dal commento # 18): Poteri dell’orrore.



SECONDA PARTEPer una critica delMulino Bianco 
Ovviamente va detto che la pubblicità della Flycell, che fa emergere del “materiale primario”, psicotico, mette a nudo strategie comunicative che sono proprie di tanti altri spot e marchi…

Il desiderio e il riconoscimento di sé (alienati) impliciti in figurazioni alla Mulino bianco, sono altrettanto mostruosi e deformanti… se non crudeli.

Quella mistura di Papà-mamma-figli (che io percepisco alla “Society“, il film dell’ immagine qui sopra…) camuffa da Natura armoniosa, filtrata di giallo-grano, la natura“mostruosa”, contaminata, cannibalica, contagiosa, psicotizzante, della mercantilizzazione della vita… rappresentata per di più in salsa familiare,e proiettata nel simbolo arcaico di una tecnologia tradizionale che non esiste più, come confermano anche i rari mulini, ormai diroccati, che si potrebbero avvistare tuttalpiù in qualche sperduta campagna italiana…




TERZA PARTE

La pubblicità onnipervasiva | il codice e l’ostensione del potere

Si potrebbe estendere la “pubblicità” a categoria giuridica, come ciò che sancisce la legittimità di una norma, ciò che pubblicizza una metafisica che prende per duratura l’opinione passeggera, condivisa a maggioranza, di un mucchio di signori poco raccomandabili rinchiusi in un’aula (…parlamentare).

La Legge senza pubblicità (senza essere “resa pubblica”) manco esisterebbe. Dunque una legge si può definire, ai tempi attuali, come un frame del flusso spettacolare delle immagini (siano esse fantasmi, deliri o segni). Se non apprendessimo dalla TV che non si possono oltrepassare i 130 Km/h in autostrada, noi si continuerebbe a spingere a tavoletta… Dunque chi detta legge? La pubblicità…

Su questo garbuglio osceno e spettacolare di approfittamenti, omertà, omissioni, messaggi subliminali, frantumi ideologici, solleticamenti erotici ed emozionali, si innesta la grande macchina mediatica del potere, che produce, secerne, ingloba la materia vivente secondo codici che la spezzettano, la ritagliano ed inquadrano in una misura standard spazio-temporale (linee di pixel al secondo, frequenze di campionamento, etc…). Anche a costo di distruttivi effetti collaterali (guerre, soppressioni dei viventi che insorgono o meno…), che si possono sempre riciclare come “effetti speciali”.

Da tutto ciò è escluso il fuori-tempo, il futuro, l’imprevedibile, l’incommensurabile. La dismisura del vivente, del dettaglio.

Se Cristo pubblicizzava così il suo sacrificio:

“Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, fate questo in memoria di me!”,

io direi piuttosto:

“Non prenderete, né mangerete QUESTO CORPO (che non ostendo o pubblicizzo…). E non vi è memoria possibile per questo istante inondato dal futuro, con un -getto“.

Niente sacrificio, niente vittime, niente colpevoli, niente potere, niente che inscriva in un codice e registri la mia vita, rendendola “pubblica”, spacciando la menzogna per verità… quando vi è solo menzogna (finzione tattica di una finalità strategica).

Cristo va a parare esattamente dove vuole andare a parare il Capitale: la sussunzione del corpo in un codice più “alto”, la sua “pubblicizzazione”… l’universalizzazione del dettaglio… il debito incolmabile… la Moneta solare che splende su miriadi di vite e cose rese miserevoli…

Dobbiamo smontare uno ad uno i codici, per far emergere il -getto che li genera… Sono tutte menzogne e abbiamo il dovere di inventarcene sempre di nuove, senza timore di frantumare e mutare i codici.

Che il dettaglio preceda la sua iscrizione in un codice. E che valga per il DNA come per la Legge.

I viventi non sono il codice.


  POSCRITTO

Divagazioni: La forza centrifuga e la r-evolution
Quel che vi è di positivo nel capitalismo avanzato è che, nel quadro generale della divisione del lavoro e dei saperi (che ha tenuto insieme il mondo industriale per due o tre secoli), è sorta una tendenza alla centralizzazione informatica e mediatica (nata però per motivi di “sicurezza” e di difesa degli interessi dei gruppi dominanti) che, come effetto collaterale, interconnette i saperi, accelerandone la differenziazione, mettendoli in crisi tutti, relativizzandoli e complicandoli, specie quelli umanistici su cui si reggono le ideologie degli apparati burocratici: economia, diritto, ecc…

Lo statuto incerto e aleatorio della verità dei fenomeni mediatici è incompatibile con la logica e l’ordine su cui si fondano certe teorie del tutto campate in aria e che si reggono sulla auto-valorizzazione, su ciò che ha titolo, sull’esercizio del potere (rituale e amministrativo), come nel caso del diritto o dell’economia. Così, per far bella figura davanti all’audience elettorale, si promulgano leggi di sghimbescio… che si contorcono in un codice che afferma tutto e il contrario di tutto, complicando all’inverosimile ogni possibile interpretazione… e che finisce per abolire l’efficacia di una legge per l’eccesso della sua complessità.
Creando nebulose, dissolvendo la materia.

La tendenza al frazionamento delle vite e delle popolazioni (la spinta al melting pot, al miscuglio più che al sincretismo…) è il contrappeso che blocca questo processo di frammentazione dei codici (e della loro possibile ricombinazione).  I singoli (in)dividui non devono avere la possibilità concreta di riasseblare i codici e formularne di nuovi, a loro misura, ricostruendo da sé le basi materiali dell’esistenza. Tutti sono condannati ad usare un solo codice (centralizzato, come nel mitologema del nucleo del DNA)… che però è in crisi irreversibile ed è (auto)distruttivo.

Qui sotto un esempio in cui un codice viene riscritto in periferia (tramite RNA invece che DNA), causando probabilmente (ahimé) un cancro!

Transcrittasi inversa: duplicazione genetica tramite RNA (un esempio di ricodificazione decentralizzata...)

Sarebbe auspicabile decentralizzare e distribuire i saperi e le risorse… e nel contempo agglomerare i viventi
Il capitalismo invece si limita ad interconnettere i saperi e i codici, centralizzandoli, e, nel contempo, a frammentare la “società” (il fantasma con cui definisce ed ordina l’insieme umano).
La prima è una forza centrifuga addensante, che crea nelle periferie. La seconda, una forza centripeta disgregante, che raccoglie al centro, distribuendo sempre meno (…o distruggendo a più non posso, visti gli impressionanti getti longitudinali di raggi gamma che sprizzano dai buchi neri centrali)…

Occorrerebbe studiare il movimento delle galassie per avere una risposta… Questa è un’esempio di galassia capitalista

PS: Probabilmente il neo-liberismo genera entrambe le forze (secondo un doppio movimento, cui fa comodo concedere autonomie localmente, pur di mantenere ben saldo e irraggiungibile il potere centrale… la cosiddetta “d-evolution”…). Il problema, secondo me, è impedire il potenziamento del centro e dei suoi codici (il che assomiglia più alla “r-evolution”…).


Per l’inconcludente vertice della FAO…

Makoutou

…Ecco un mini CD del 2007, “Li grassi leoni dell’Africa secca”, che il mio compare Ugo Innamorati (voce recitante dei tre brani, su miei testi e musichette) mi invita a pubblicare in versione MP3 in occasione del vertice FAO, che ha raccolto un pressoché 
globale disinteresse… specie da parte dei metaforici “leoni” del titolo (ovvero dei paesi ricchi, delle nazioni interessate più a sfruttare nei modi peggiori le materie prime di quel martoriato continente, che a pulirsi una pur lordissima coscienza con degli aiuti umanitari atti ad arginare situazioni prossime allo sterminio di massa…).


Tratto dal più corposo
I neutrini, questo CD racconta l’epopea di Hugh Inlove (al secolo, Ugo Innamorati), dopo la severa condanna subita per aver parodiato indegnamente l’opera del suo amico J.L. Gaudet, “Baraka” (che raccontava tra l’altro di una miracolosa danza della pioggia di un griot in un’assetatissima regione africana…). Si narra cioè dell’evasione rocambolesca via mare di Hugh (e del compianto amico Savy, alias Salvo Salviati), dell’incontro con la canterina regina di Atlantide, fastidiosissima soprano, e del suo ritorno a casa, accolto dal suo cane che stenta a riconoscerlo…

Per chi avesse l’ardire e la pazienza di seguire questo simpatico delirio, ecco i testi


Ho sognato che il tempo aveva invertito il suo corso…

…anche se era un fenomeno che si mescolava alla normale linearità del tempo che porta da un passato ad un presente attraverso questo ponte o (come direbbe la Arendt) questa “breccia” del presente. Anomalie del tempo all’incontrario qua e là. Preannunciate da un’altro sogno in cui……mi ritrovavo in una bella casa grande, in una festa tra amici, modello festa liceale, dove suonava un gruppettino rock: i Led Zeppelin
John Bonham, batterista dei Led ZeppelinIn una pausa tra una suonata e l’altra mi ritrovo accanto nientepopodimeno che John Bonham… il batterista morto dei Led Zeppelin… e lo indico alla mia ragazza:
– Ma lo sai chi è questo “monumento” qui vicino?
– No, chi è?
– E’ John Bonham!
Gli sorride, ammirata… e lui si schernisce, dicendo qualcosa in inglese, davanti al suo boccale di birra.

Peccato che sia un morto che si è introdotto nella breccia del mio presente (anche se onirico). Infatti i problemi sono continuati nel sogno di stanotte. Ma erano molti di più i guai…

Oggetti che volavano venuti dal futuro, i morti di domani che invadevano a tratti il tempo presente… a volte erano le persone stesse che diventavano i morti che sarebbero stati… ma erano vivi… ed era normale…

come non lo è l’idea che l’ombra possa precedere la luce (cosa che sappiamo essere poco comprensibile, per le nostre menti attratte anche in modo pre-logico dalla luce e, d’altro canto, spaventate dall’ombra, dal buio… abituate a pensare il positivo prima del negativo, in quanto è su quel versante che noi riteniamo di essere… in quel che “c’è”, nell’esistente…).

Insomma era tutto un pullulare di morti viventi e umani che improvvisamente si divoravano l’uno con l’altro… Cunicoli avveniristici e catacombe. Rovine e agguati nell’ombra… Ma nel complesso tanta luce e tanti colori… Io difendo il mio sonno e la mia incolumità nel sogno con l’arma vincente della mia adolescenza: “Non esistete…”. E tutto perdeva potere e si dissolveva… in un paesaggio diurno di rovine e macchine fantascientifiche che volteggiavano qua e là insieme a pteranodonti e biciclette.

Cosa vuol dire? Che la linearità che conosciamo del tempo è frutto di un verso, di una direzione, in cui siamo presi come coscienza, linguaggio, corpi, materia, ecc…? Quella che da qualche tempo i fisici chiamano l’asimmetria della materia e a cui, in precedenza, un’inattuale e sovreccitato Nietzsche (scorgendola sotto le sembianze di un gorgo infinito che tutto riconferma) non potè far altro che “dir di sì”? Non fosse altro che per l’abisso che vi aveva intravisto…

O semplicemente è un riflesso del fatto che qui in Italia non si capisce più niente e tutto sembra essere mischiato e sottosopra?

Oppure si tratta di miei personali timori circa il futuro?

Eppure non avevo mangiato pesante…