Fermo immagine | Discontinuità
Fermo immagine.
Su di una panchina vicino al Colosseo, viale della Domus Aurea… Lei sdraiata con la testra poggiata sulle cosce di lui, che è seduto…
LEI – Ma cosa rimarrà di questo istante?…
IO – Quale istante?
LEI – Questo… Non lo possiamo fermare… A questo istante succede un altro istante e poi un altro…
IO – Beh… diciamo che è un’impressione… quella che il tempo scorra… noi ci siamo immersi… ma non è detto che un istante non sia “sospeso” tra presente-passato e futuro, tra ordine e caos entropico… e ogni istante non sia scomponibile… all’infinito… Si, ma in effetti il tempo scorre… e non possiamo farci niente…
LEI – Sì… e poi moriamo… E che senso ha tutto questo?
IO – Tutto questo cosa?
LEI – Tutto questo: il sole che ci scalda, la panchina, l’amore…
IO – Nessuno… C’è… Dà l’impressione che ci sia un senso, solo per il fatto che (probabilmente) ci siamo… siamo catturati in questa vibrazione più o meno armonica… Ci siamo ritrovati da questa parte… Ma il senso esiste solo in quanto vi è un non-senso… Te lo domandi quando sei viva… te lo domandi da sveglia… ma se dormi non ci sono più queste domande… Dunque quando ti poni queste domande, dormi…
Si appoggia con una guancia sulla mia coscia destra. Le scosto i capelli con la mano sinistra e le accarezzo la nuca, mentre il sole le illumina l’altra guancia… Si addormenta. Prima di cadere nel sonno mi stringe la mano per un istante. Poi quel che io vedo (il tizio che fa 太极拳, l’uomo seduto di fronte con gli occhiali da sole, i due che si riprendono a turno con una steady-cam dotata di braccio meccanico) lei non lo vede… Probabilmente neanche io.
Discontinuità.
Dopo quello che ho chiamato l’ultimo filosofo, dopo l’apertura decostruttiva (Derrida) o macchinica (Deleuze) del post-strutturalismo… dal piano della riflessione, si è passati alla realtà. Nelle fondamenta del mondo si aprono voragini, tutto quel che era crolla e va in frantumi… impossibile recuperarne il senso passato, impossibile costruirne uno futuro. Non possiamo percepire l’85% della materia (il fantasma fecale del nostro cosmo), siamo ciechi per 4 ore al giorno per via delle saccadi, ascoltiamo musica con 44.000 silenzi al secondo che non percepiamo, tra un atomo e l’altro vi sono spazi, campi, relativamente immensi, tra le stelle e le galassie vi è una dimensione spazio-temporale discontinua… granulare, a brane, a più dimensioni… abbiamo un genoma spazzatura che sta lì senza un perché (e questo solo perché non trasmetterebbe “informazioni”…), un chilo e mezzo di batteri nel nostro corpo, vediamo il flusso di immagini senza vedere i singoli fotogrammi, vediamo l’immagine sullo schermo senza vedere i pixel RGB.
In economia la valorizzazione che conta è in negativo… è il buco di bilancio a creare valore… buco che si è ormai diffuso (“spread”) ovunque… e ce l’hanno un po’ tutti (e questo alla lunga rende impossibile il capitalismo, che può perpetrarsi solo crinandosi in crisi, accumulando con ferocia o sopprimendo i creditori di volta in volta… Dunque compaiono buchi e distorsioni anche nel Diritto e nelle democrazie… nelle ideologie come nelle esistenze messe precariamente a lavoro… Ma la violenza è un lusso che è possibile fino a un certo punto…).
Infine, viviamo morendo progressivamente…
L’informatica sembra consacrare una cospirante assenza di spazi di ambiguità, obbedendo solo alla logica binaria di input/output (I/O) il nuovo soggetto monadico, computante e paranoico inventato da Leibniz, che magari Freud provò ad investire di (s)cariche libidiche, di giubilo di fronte al rocchetto che compare e scompare davanti agli occhi dell’infante (il gioco del fort-da, una specie di cucù-sèttete), ma che, dato il numero incredibile di ripetizioni di impulsi I/O che quella logica gestisce, per esempio, in un processore, è più un rumore disarmonico, il ron ron della macchina di cui delirava Antonin Artaud… quello che ci svuoterebbe appunto di quello che c’è in mezzo tra un sì e un no, tra un vivente e un morto… quello che continuiamo ad affermare contro Tutto, ad ogni passo, ad ogni impulso elettrico della nostra chimica (dis)organica… tra scosse, brividi, contrazioni, decontrazioni e fasci di nervi…
Insomma questa vita quantizzata, digitalizzata, discontinua è insopportabile. Spossessa continuamente di sé… ma in un modo che non è quello proprio della natura… Bataille avvertì che siamo accomunati intimamente dalla “continuità” (la “sozzura”, la morte, il sesso)… io non avverto niente di tutto ciò. Non ho niente in comune con niente e nessuno… mi percepisco come una discontinuità imprevedibile e radicale, priva di appartenenza… un vivente assolutamente contingente. “Sentirai di appartenere al tutto quando non sentirai più”, mi dicevo l’altro giorno alle 5 di notte, senza capire il senso di questa frase… Questo tutto di cui sarei parte dunque non esiste che a condizione di morire e non è conoscibile… Resto dunque una parte eccedente… schizzata fuori di -getto dal Tutto, che è infinitamente meno di quel che c’è ora, nei pressi, in questa stanza, tra le mie dita sulla tastiera illuminate da uno schermo a 60 Hz di refresh… prima di chiudere gli occhi come Shiva e far scomparire questo misero assoluto in un sonno incomunicabile… anche a “me stesso”, a questo nodo attorcigliato… in procinto di sciogliersi.
Buonanotte… zzzzzz.
Dio è Tutto… dunque anche ogni sua eccezione
Facevo quattro passi sulla via di Damasco per smaltire una cena pesantuccia a base di soma e fagioli con le cotiche, quando una strana figura con una ancora più strana cavalcatura mi si parò innanzi. Pareva un elefante a cavallo di un topolino. Sceso dal topino, l’elefante si sedette con un piede poggiato in terra e l’altro no come a dire: “Vivo nel mondo senza essere nel mondo”… La sua proboscide era storta per imitare con la sua figura la sillaba sacra OM che in sé racchiude la veglia, i sogni e il sonno senza sogni… Stavo quasi per addormentarmi quando, mi balenò una domanda…
VALERIO – Chi càspita sei?
GANESH – Come puoi leggere dal copione, sono Ganesh, figlio di Shiva, l’Assoluto senza attributi, e Parvati, la madre degli esseri… Sono il “Signore delle moltitudini”… una specie di Abrhamo l’ebreo (il “padre delle moltitudini”)… ma divino.
VALERIO – Come mai da queste parti?
GANESH – Ho letto nel tuo post “Sono un isolotto vulcanico“, che hai fatto esperienza del Bramhan… dopo aver preso il soma.
VALERIO – No, un momento… la Brabham era una macchina di formula 1 giusto?… E quello non era il soma, ma una “sola”… acido spacciato per fumo.
GANESH – Vedo che hai le idee confuse, ma sono qui apposta… Mi chiamano per indicare la via verso il Bramhan Nirguna, l’Assoluto senza Attributi. L’essenza, la beatitudine e la consapevolezza siano con te… Rimuoverò tutti gli ostacoli materiali e spirituali che ti impediscono di accedere al Bramhan.
VALERIO – Però…
GANESH – Guarda la mia fronte… C’è il tridente del tempo, presente-passato-futuro… E nel mio ventre ci sono tutti gli universi. Tu hai saggiamente affermato che non pensi se non grazie a fulmini che continuamente attraversano e muggiscono nella tua mente-labirinto… Ebbene, sappi che è il Non-manifestato, il Bramhan senza attributi che parla nella tua mente, fuori del Tempo e dentro il Tempo allo stesso istante. Poiché Dio (o Bramhan o Shiva) è Tutto…
VALERIO – Tutto?… Allora anche io sono Bramhan, tuo padre… E non devo rinunciare al mio “ego” per raggiungerti. Egli è già qui. La tua ascia che taglia i desideri e il tuo cappio che vuole avvincermi a te non mi servono… Ti capisco e questo basta. Quanto alla tua pinguedine che trattiene in sé tutti i mondi possibili, la ritengo una fonte di infinita ilarità…
(ridiamo come fanciulli per 5 sruti… che non so cosa siano)
VALERIO – Appurato che non penso, ma scaglio frecce che arrivano a bersaglio prima ancora di essere scoccate…
GANESH – Dice la Kena Upanishad: “Esso s’annuncia come fa il lampo”… solo per intuizione puoi cogliere il Bramhan. “Ciò che non può essere pensato con il pensiero, ciò per mezzo del quale il pensiero vien pensato, questo sappi che è il Bramhan”… Se ti balena in mente un’idea, questa è Indra, il fulmine.
VALERIO – …Non mi interrompere, che perdo il filo… Appurato che in accordo con quanto dicono le Upanishad non ci sono che fulmini scagliati dal di fuori del tempo che noi chiamiamo pensiero… e che non siamo l’osservatore, ma l’osservare… che mai sarà conscio di sé in quanto è fuori di sé in ogni istante… appurato questo io ti dico una cosa: non è con l’ascesi, il dominio di sé e i sacrifici che trovo pace… Io così vedo solo un uomo grasso seduto che crede di avere un’illuminazione. Se Dio è Tutto è anche una sua parte… E una parte deve necessariamente possedere le qualità del Tutto. Anche la più infima delle forme. Il problema, caro Ganesh, è che anche tu, come me, sei un’eccezione, un’apparenza. Come ti manifesti nella realtà sei fregato. Sei soggetto al tempo, anche se ne sei il padrone, devi assumere sembianze comprensibili… L’Assoluto, lo Zero, deve eccepirsi per essere qualcosa o tutte le cose. Tu che sei il “dio di tutte le cose” sei l’Eccezione. E di certo non avevo mai visto un elefante cavalcare un topo!
GANESH – E’ senz’altro così… ma non è la Verità.
VALERIO – Per la “scienza” di mia invenzione, l’analogica, questa è una “sinèddoche“… la parte per il tutto o il tutto per la parte… o, per la matematica frattale (disturbata dal caos, dunque dalle innumerevoli eccezioni che i matematici chiamano “attrattori strani”), io stesso sono te che ti dici Tutto e hai nel tuo ventre gonfio tutti i mondi possibili. Insomma: Dio essendo il Tutto e tutte le sue parti dialoga con se stesso (quante sono le sue eccezioni e le forme simili possibili) in continuazione… poliloga… Come l’intera umanità, tutti gli animali, le piante e i minerali. E’ un triste dettaglio dell’eccezione, quello di dover morire per confermare la regola… e la regola è che Dio eccede costantemente se stesso per esistere… Abdica costantemente alla sua totalità… E’ fuori di sé perché non vi può essere che contingenza. La mia esistenza è il coronamento di questa spirale che ha fatto cadere Dio sin quaggiù… Se nego me stesso, con tutti gli ammennicoli che mi appartengono (mente, ego, immaginazione, forma, corpo, desiderio, ecc…) nego Dio, dunque te, signore manifestato… e non potrei stare a dialogare con Te in questo momento. Né potrei con alcuna delle tue altre forme o eccezioni. Invece parlo con altri… faccio finta che siano davvero loro, ma non vedo che eccezioni del tuo essere, perennemente martoriato dalla molteplicità delle tue forme… Di certo, tornare alla sorgente può essere un’esperienza memorabile, ma io non vedrei in me che un vecchio grinzoso con le gambe conserte e in posa ascetica che rinsecchisce come un albero in inverno. Se dovessi tornare, tornerei come Eccezione dell’Eccezione che sono. Mi eccepirei come parte soggetta allo spazio-tempo, muterei la mia luce, la mia energia e la mia massa… tornerei nel tuo ventre e ne riuscirei come tua nuova eccezione. Perché il Bramhan ineffabile è qui in ogni istante del tridente che hai impresso sulla fronte… e ogni istante lancia folgori. Anche se lui non c’è se non fuori di sé, ovvero come eccezione. Una folgore solo un po’ più potente sarà lanciata e le cose cadranno dal basso verso l’alto. E pioverà dalla Terra verso il Cielo. E toccato lo Zero con un dito, tornerò come nuova creatura o non ritornerò affatto… oppure rimarrò nei mondi intermedi. Ma come si può eccepire lo Zero?
GANESH – Dio parla con Dio. L’uomo con l’uomo. Dio parla con l’uomo, l’uomo con Dio. Una Parte è il Tutto e Tutto è una Parte. Tutto è simile e differente, ma non è Uno… ed è nella sua giusta posizione solo come Eccezione... Grazie per avermi restituito la zanna spezzata. Ora da Zero passo direttamente a Due… e a tutte le altre cose… L’Uno, misura di tutte le cose, non è poi così “stabile”… è 0,99 perioodico o 1,00000001 periodico. Oscilla. Io stesso, con la sola zanna del mio “monismo”, non mi reggevo che su un topolino. L’Essere e la Verità sono impossibili… E anche io non vedo che un presuntuoso uomo assorto nel pensiero, quando dovrebbe piuttosto essere quel fulmine… che noi indù adoriamo come Indra.
(Shiva, padre di Ganesh, chiude gli occhi e incenerisce tutto)
NEL SILENZIO DELLA NOTTE IMPENSABILE
– epilogo –
WILLIAM BLAKE – Arise and drink your bliss, cause every thing that lives is holy! *
BARUCH SPINOZA – Deus sive natura.**
ERACLITO – Il fulmine governa ogni cosa.
VALERIO – Ho compreso. Non c’è che questo e qualcos’altro che sta per accadere.
C. – Ma questo l’ho detto io stanotte!…
PARVATI (madre di Ganesh) – La mia infinita bellezza non è data che da un piccolissimo granello o da una singola onda.
VALERIO – L’assoluto è contingente. Tutto è libero. L’emblema è sciolto***.
PARVATI (sposa di Shiva) – Preso da fuori è gettato dentro. Ma il dentro è il fuori.
VALERIO – Troppo soma…
NOTE
* trad.: “Levatevi a bere alla vostra beatitudine, poiché ogni cosa che vive è sacra!” (da “Visione delle figlie di Albione”).
** trad.: “Dio, cioè la natura”.
*** L’emblema (la forma che rimanda ad altre per analogie e rassomiglianze) è “ciò che viene gettato dentro“. “Sciolto” è invece l’etimologia di “Assoluto”. Così la libertà assoluta (dell’eccepire, del “prendere da fuori“) nega se stessa e diventa la necessità delle forme e del loro infinito approssimarsi alla matematica e alla geometria senza riuscirvi. Un triangolo non è mai un triangolo…
e ovunque non ci sono che singolarità di un modello perfetto che non c’è. L’emblema comporta l’eccezione. Questo “effetto collaterale” è tutto ciò che c’è. Torniamo sempre qui ma con qualche variazione.