videomaker, fotografo, musicista e compositore

Articoli con tag “vittima

S’appagan di pagare

Attenti a ricevere troppe palme, che si fa una brutta fine…

Anche se, sotto sotto, tutti vogliono fare una brutta fine… magari gloriosa… Da queste parti (Roma e dintorni) per lo più prevale la prosaica finaccia brutta zozza, qulla che si esorta con espressioni maledicenti quali: possino ammazzatte, va’ a mori’ ammazzato… rivolte in ispecie a chi supera una certa soglia di fastidio, a chi vuole essere più di quanto sopportabile per gli altri… a chi ambisce a qualche forma di fama o di riconoscimento… sia pur come Vittima… che, appunto, per definizione, va a morire ammazzata… subisce la Legge per erotizzarla, privandola della sua sterilità, diventando carne, corpo nudo martoriato di colpi, partorendo orride coscienze contaminate da questa idea del “di più” che esistere… del ri-tornare, ri-sorgere, come ogni mattina dai sogni, sempre Se Stessi… nella fabbrica d’anime individuali, inossidabili, cristi fatti in serie, con lo stampino, fastidio e debito infinito che si maschera da guscio di cioccolata.

paga e gnamme gnamme
paga e gnamme gnamme
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Culi al caldo

“[…] è una lotta fratricida in seno alla classe media, a colpi di quattrini”.
(RAV)

Uhm… forse avrei dovuto girare dei corti tratti dal decalogo “Come fottere un lavoratore atipico” girati in grandangolo alla Lynch… (sarebbero stati validi sia come suggerimento per il compratore di un servizio che come spunto per correre ai ripari da parte del venditore di un servizio…).

 Molto più blanda, superficiale e senza suggerimenti pratici la versione che sta facendo condividere a molti i video del gruppo Zero (che hanno creato la campagna no budget #coglioneNo)… che cerca di dare una “dignità” di retribuzione ai “lavori creativi” (decisamente svalutati per mille ragioni) pari a quella attribuita a idraulici e giardinieri. Ma il punto è: perché chiamare “lavori creativi” condizioni di lavoro atipiche inquadrabili a stento da partite IVA, lavori a progetto, ritenute d’acconto, prestazioni a nero per lo più, che in Italia vengono definite (da chi è “sistemato”, dai borghesi col culo caldo o con la strizza al culo, data l’ondata montante dell’esercito di riserva che potrebbe rimpiazzarli) con l’assai squalificante termine di “lavoretti”?
Patti chiari prima col cliente o committente di turno. Capacità di riconoscere chi può fotterti. Qui in Italia si tende a buttarla sempre sul vittimistico… “Poveri cuccioli questi freelance… diamo loro una mancetta…”. Ma questa è una guerra… e, soprattutto, un bordello. Non ci si può aspettare comprensione. Capire, prevenire e combattere chi vuole fottere gratis o quasi il tuo tempo di lavoro è il punto di partenza per poter rimanere in piedi. Nel frattempo si possono solo cercare nuove relazioni di scambio che sfuggano a questo rapporto sociale prostitutivo… e, si spera, non per servire meglio i sistemi che gestiscono la guerra e il bordello in questione… anche se la qualità delle relazioni è spesso assai scadente e per lo più modellata su ruoli da zombie, soci e macchine umane…

(Fermo restando che quel che si fa in tempi di crisi è vincolato ad una domanda sempre più scarsa e che non vuole fronzoli o prodotti superflui, autoreferenziali, non è detto che prodotti superflui e autoreferenziali non siano a maggior ragione ricercati dalle élite e dai culi caldi che dispongono ancora di un budget da sprecare… non fosse altro che per continuare a sognare ancora sull’onda dei bisogni e desideri posticci che li compone e li anima… persino i miserabili nutrono simili mostruosità al loro interno e vogliono apparire come merce spettacolare, ingellandosi le unghie, andando in palestra, partecipando ai contest, spendendo le loro restanti misere fortune al gioco nella speranza di accedere al paradiso dei ricchi, ecc… Insomma sembra che l’incantesimo dei simulacri di senso e valore resti in piedi nonostante il disincanto e le crepe che cominciano a farsi strada ovunque… Tutto sembra procedere per inerzia, sia pur rallentando… fino alla catastrofe… al sogno dei sogni… al Gran Finale… come disinnescare questa porcheria? questa pacchianata di sapore persino teologico, apocalittico? che poi non è che la pacchianeria per eccellenza…).

Ci sono parecchi apocalittici e integrati (comunque tutti malcelatamente frustrati) in giro.

(Ora, vi avviso, comincia un invettiva).

Il reazionario e assai semplificatorio “va a lavurar pelandrun” di chi ha il culo al caldo continua ad agitare gli animi di una borghesia (=il nulla condensato che mastica diuturnamente il suo culo fingendo serietà e impegno o sfoggiando ironie e saccenze) spettralmente autoreferenziale, schizoide, spaventata dai suoi falsi sembianti (“sfigati”, “coglioni”, “fannulloni”, “evasori”, ecc). Taluni “intellettuali” invitano (da quale pulpito viene la predica!) ad andare in fabbrica per difendere strenuamente la loro posizione assisa da frustrante lavoro d’ufficio, emorroidi inclusive. Invitano ad andare a lavorare in fabbrica come se il lavoro in fabbrica non fosse merce persino più rara di quello creativo, nell’epoca del trionfo della fuffa formativa, della cassa integrazione, della delocalizzazione, della modernizzazione tecnologica impossibile in un territorio dove prevalgono rapporti feudali, nepotistici, mafiosi e clientelari e un asservimento cieco e imbecille all’alea dei flussi del capitale finanziario (“occidentale”, quello che va in giro per il mondo a seminare orrore, cui affidare le sorti collettive come si farebbe con un videopoker, nella speranza di una “mancetta”, di un TTIP, di un’elemosina delle quote di plusvalore continentalmente e digitalmente generato dalle aspettative di profitto delle quote atomizzate o accumulate di capitale fittizio scambiato a velocità di nanosecondi)… come se la merda piddina non intendesse riversare fiumi di denaro europeo in progetti tragicamente farseschi, neoliberisti o  keynesiani in ritardo massimo come quello delle “smart city”, delle “città metropolitane” (da rivalutare, “gentrificare”), “sostenibili” nel senso di piene di puttanate legate ai nuovi media, all’e-commerce e alle merdate che piacciono tanto agli hipster più o meno barbuti dei vari associazionismi paraculi, amici dei comuni… che intratterranno i pochi benestanti rimasti con stronzate colossali iper-tecnologiche o meno, gare, corsi, contest, eventi evocanti tradizioni anacronistiche e inventate, magari anche un po’ cattoliche, pittoresche solo per i pochi turisti rimasti che giustamente rideranno della coglionaggine e sboronaggine estrema degli italiani, pur nella miseria di massa che monta, con tutta la pericolosità sociale che questo comporterà e sta comportando… E se la meritano tutta! Ma non si aspettassero una rivoluzione colorata, no!… un ennesimo occupy su cui scrivere fiumi di merda digitale o inchiostrata, ma più probabilmente il diffondersi a livelli messicani di una criminalità che s’è già impadronita di intere filiere produttive… Fanno finta di non vedere… Il capitalismo arriverà comunque, legalmente o meno, a liberare ad ondate sempre più insostenibili i suoi flussi di merce e persone a bassissimo costo. E non ci sarà stato, privilegio, funzionario o burocrazia che potrà arginarlo.

Oppure prevarrà (temporaneamente) qualche forma di autoritarismo fascistoide… il più duraturo dei made in Italy… abbondantemente preannunziato dalla gramigna legalitarista, forcaiola, giustizialista che infesta qualsiasi dibattito e chiacchiera da bar.

“[…] il capitalismo per conto suo ha saputo interpretare il principio generale secondo cui le cose non funzionano bene se non a condizione di guastarsi” (Deleuze-Guattari, L’anti-Edipo).


Silenzio… non fate chiasmo…

IL CARCERE DEL CHIASMO

Il carcerato, il cattivo, che sogna di essere, in cattività, in un altro carcere.

E’ la forma di violenza (e di assedio) più efficace, quella del carcere… modello di tutti i rapporti umani e sociali (alcuni esempi: dalla Famiglia alla Coppia, dalla Coppia alla Famiglia… dalla Nazione alla Transnazione, dalla Transnazione alla Nazione… gli sblocchi ci sono solo per bloccare ulteriormente…). Non uccide… uccide lentamente… toglie un po’ alla volta tutte le possibilità di fuga…

…un maledetto carcere frattale!

Schizzi di “verità” da tutte le parti…

“Ciò parla” (Lacan)… non si sta mai zitto questo linguaggio… questo lignaggio… questo linciaggio…

Le parole come pietre. Mettiamoci una pietra sopra. Come gli ebrei. Seppellivano i vivi e i morti allo stesso modo. Cos’altro è un significato se non un morto sotto un mucchio di pietre-significanti?

Altro che Girard e le catene vittimarie… E’ il linguaggio stesso la violenza, l’assedio, la “rieducazione”, il carcere… la sassaiola, la pietra tombale delle cose… la registrazione, l’iscrizione…

EMBLEMI EMBOLICI

Un po’ di silenzio
Danza di immagini e suoni
Senza parole

Ricordare
e montare sequenze
Senza fermare
e trasformare
il flusso
in liquami,
nella tomba dei concetti
e dei significati.


Teologia erotica

“Dio sarà tutto in tutti” (1 Cor 15,28), cita il papa per evangelizzare Scalfari. Teologicamente è un argomento debole… perché non è già ora tutto in tutti se è tanto onnipotente? Perché collocare la volontà (non onnipotente, depotenziata…) dell’ipotetico creatore del tempo, nel tempo a venire, separando il presente-passato dal futuro ma, contraddittoriamente, sotto le insegne dell’Eterna Presenza? Se egli fosse già ora questa Totalità, e lo è se no non è dio, non sarebbe se non in tutto e in tutti. Se questo (l’olografico e frattale “tutto in tutti”) è il punto di vista soteriologico, palingenetico ed escatologico (che non mi pare così secondario da essere relegato nel posteriore, inteso sia come tempo che come questione scatologica…) dio esisterebbe nei suoi simulacri (di relazione non assoluta, cioè d’Ammore, sempre secondo il papa… che alla “luce” di questa escatola vuota che si riversa in tutti, svuotandoli a loro volta, mi pare piuttosto “ateo”…) senza essere. E tutti i cristiani graviterebbero da millenni intorno ad un Grande Zero, amandolo, credendo sia tutto, ma tenendosene il più possibile a distanza “catecontica” (come una stella da un buco nero) e come anche il Caput (la Grande Testa Vuota) capit-alista suggerisce in questi ultimi secoli… “Nel lungo periodo siamo tutti morti”, pensava Keynes… conta solo il gaudeamus igitur in vista di una panzana colossale (la Crescita o, dall’altro lato, la gloriosa Rivoluzione… o ancora: il di più divino, l’“id quod maius cogitari nequit”, la Coscienza – anche “di classe” – riconciliata, fintamente o a forza, con una presunta Origine pura, naturale o, ancora peggio, sociale…). Una panzana colossale, dicevo, che deve contagiare tutti delle fantasie più strampalate, nel frattempo che egli si decide a venire, tutte ordinate secondo questa strategia mefitica di Dominio di un Centro Vuoto su teste e testicoli a loro volta svuotati…. Ora io non sono certo per la “pienezza”… ma per una modulazione… Una scansione, un ritmo, una tensione contro il Caput che miri a impedire che sorga ovunque esso ci provi e in qualsiasi modalità… una resistenza infinita a questa integrazione nella Totalità che vorrebbe venirci dentro in un cosmico cream pie


“UMANISTI” CONTRO “NICHILISTI”

E’ in atto un tentativo, da più parti (cristiane e marxiste, grosso modo…) di contrapporre un fronte di “umanisti” contro quelli che chiamano i “nichilisti”… Io trovo che sia solo finalizzato a lasciare in piedi l’orrida e tragicomica visione soteriologica, palingenetica ed escatologica che ci vorrebbe rendere tutti vittime, carnefici, colpevoli, graziati, vendicatori, risentiti, creditori, debitori, ecc… e lasciarci marcire finché siamo in vita in questo carcere (psichico, sessuale, politico, economico, ecc…), in questa squallida dialettica della Salvezza (ben evidente in qualsiasi trama narrativa, specie su quella parete di caverna platonica che è il cinema)… Non c’è niente da salvare (o risparmiare, si penserebbe in anglo-americano con “save”), dato che si muore… (o dato che, con un processo simultaneo, si vive… finché non prevale il movimento che ci solca, ci piega, ci scinde, ci dividua, anche prima della nascita e del concepimento).

Anche io, come il papa, salvo la relazione (contro il rapporto sociale in particolare e in generale), ma non certo quella mediata dal Terzo…  sono per la relazione “assoluta” (nel senso di libera, svincolata, sciolta, come il trattino dell’io-tu… ludica, con regole del gioco… non: contrattatasocialmente per giunta! come avviene, per esempio, nella famiglia nucleare borghese, “prima società naturale”, dice questo papa e la sua chiesa,  o nei rapporti di Lavoro – con dei fantasmi o con dei replicanti, delle macchine che si credono “umane”…).


Snuff polity

(il titolo allude agli snuff movie… ormai divenuti realtà quotidiana tra le strade di ecumenopoli… e ad una certa cinematizzazione dei teatrini sociali… Il senso del termine polity è accennato qui)

La polizia turca estende la tassonomia dei “facial”

…e trasforma le piazze di Istambul (come la Taksim, termine che fino a pochi giorni fa pensavo indicasse delle improvvisazioni… suonate, per esempio, con l’ud turco) in acquafan gratuiti quanto non richiesti… per non parlare del condimento piccante.

Incredibile comunque come le coscienze occidentali siano più colpite dalla resistenza territoriale contro gli scempi urbani del capitalismo avanzato, che (per esempio) dal massacro senza fine in Siria, benedetto da europei, americani e russi… Ci si indigna per gli alberelli e quello che di “blandamente” ingiusto sembra accadere anche nelle metropoli occidentali, ma stupri, torture, gente sfigurata, rapita, fatta a pezzi, cannibalizzata sembrano ok… così come la sostanza del sistema in cui si esiste…

Ma poi, arriva il tensore che lacera la superficie… (“yummy, yummy… victims!” – sembra sottintendere la condivisione febbrile, sui social network, di corpi lacerati e teste spaccate… NON CLICCATE SUL LINK!)… giungono notizie dei primi morti…

* * * * * * *

Ormai si prescinde da qualsiasi circostanza… l’importante è provare empatia per la pozza di sangue… fonte emotiva, sensologica, di qualsiasi posticcia legittimazione e consacrazione identitaria. Sembrerebbe che abbia ragione a prescindere la parte di chi può mostrare pubblicamente un martire, prima di qualsiasi analisi…

* * * * * * *

A mente fredda, Miguel Martinez fa giustamente notare che occorre capire cosa sia un’“ecumenopoli” (e a cascata tutte le idiozie sulle smart city che tutt’ora ci perseguitano…) per il capitalismo terminale o neoliberista che dir di voglia, per poter inquadrare in una cornice più ampia quelle che, a mio avviso, sono rivolte con caratteri reazionari… come per esempio, oltre al caso turco, tutte quelle delle primavere “arabe”, rigorosamente dotate di bandierina nazionale

(Riuscireste a definire qualcosa del genere in Italia, con relativa bandiera bianca rossa e verde, come una manifestazione “rivoluzionaria”?… Molti media poi, insistono a sovrapporre forzatamente letture occidentali degli scontri: laici contro islamici, donne contro idranti, ecc… i più avveduti: ecologisti contro speculatori, oppositori secolaristi e nazionalisti contro Erdoğan, ecc…).

Le si potrebbe definire anche rivolte antimoderne 2.0 o anti(post)moderne (dunque un conflitto tra due tipologie di modernità, una sorta di reazione difensiva contro un’oligopolista e insensibile accumulazione primaria 2.0), forme di resistenza di una modernità e di una borghesia morenti (attaccate ad un’economia che si insiste a definire “reale”, ma che è la più spettrale e crudele delle simulazioni) contro il postindustrialismo, il postideologismo e l’anti-statalismo (ancora molto complice però, contraddittoriamente, di certi episodi di repressione dittatoriale a tutela degli “affari”, delle impopolari “grandi opere”, di imprese spesso energivore, mortifere, schiaviste…) che caratterizzano il capitalismo degli ultimi 40 anni… rivolte che sono simili per certi versi a quelle che di tanto in tanto si verificano anche in Italia, ma su un campo di battaglia frammentatissimo, privo (fortunatamente, a mio avviso…) di qualsiasi narrazione identitaria forte…

Personalmente, pur condividendo una certa preoccupazione per la fase terminale del “dominio reale” capitalista, non riesco a far scivolare sotto i miei occhi il nazionalismo (dovuto probabilmente al particolare percorso d’indipendenza nazionale turco che ha saltato a pie’ pari gli orrori nazionalisti della II Guerra Mondiale che hanno invece così caratterizzato la visione del mondo europea, per esempio…) nonché il richiamo implicito, moralista e religioso a ciò che dovrebbe essere un buon musulmano, ravvisabile in questa testimonianza diretta di un turco che sente in qualche modo tradito, da quanto sta accadendo, un certo spirito kemalista (conciliatore di più istanze fortemente contraddittorie, più o meno in accordo col temibilissimo Occidente capitalista, anti-comunista e spesso anti-islamico a prescindere):

“Il governo ha venduto la nostra nazione, la nostra libertà, i nostri diritti civili in cambio degli investimenti stranieri. Ovunque aprono centri commerciali di grandi marchi. Non ascoltano niente, non ascoltano la loro gente. Quando manifesti ti danno ragione, ma i soldi sono la loro religione, e poi dicono di essere musulmani tutti d’un pezzo.

Fanculo. Stronzate.

Sono venuti con 20 cannoni ad acqua nella più importante piazza storica di Izmir, dove è stata sancita l’indipendenza nazionale dalle forze dell’impero dopo la prima guerra mondiale…”.

* * * * * * *

La mia personale resistenza si sintetizza in:
IO NON MI ENTUSIASMO PER UNA POZZA DI SANGUE.

Vi è molto di peggio prima che accada il “peggio”, il frame storico congelato dei metodi “nazisti”, ormai sovrapponibili a quelli democratici… e l’invasione non avviene tanto violando dei confini nazionali o i diritti del “privato” (dell’idiota aristotelico, del cittadino, dell’alienato, del feticcio, della merce-su-due-gambe, dello zombie…), quanto per contagio, per diffusione di pratiche elementari, comuni, iconizzazioni, semplificazioni immaginarie e simboliche che finiscono per ricodificare (o sussumere) qualsiasi tradizione e identità, dopo averla strappata a sé… (movimento deterritorializzante comunque interessante, se poi non si riterritorializzasse in memi e paranoia di massa…).

E non esiste qualcosa come degli sbirri globali contro i popoli globalizzati (un “soggetto sociale universale”)… se non nelle cervella degli schiavi mediatizzati o nei sogni di egemonia globale dell’Occidente.

* * * * * * *

Un mio amico al telefono definiva quanto sta avvenendo in Turchia “uno scontro tra due simulazioni” (cui evidentemente si sovrappongono anche le “nostre” simulazioni)…

Resta il fatto che la morte non simula… ma non per questo può essere costituita come origine del senso, “verità” delle simulazioni, scaturigine sacralizzata di ogni emozione e rimozione (nella nota forma abbacinante, sado-maso, del sacrificio, del martirio). E’ anche vero che quando vi è uno scontro vi sono sempre (almeno) due simulazioni. Forse dunque è più importante la modalità macchinica sottesa alle simulazioni, quella che non divide la “massa” in due fronti, ma divide ciascuno in specifiche inimicizie (le rende cinematiche, le sequenzia in video) tra sé e i propri atti, tra i propri atti e le loro conseguenze, ecc… è questo che chiamo fronte frattale… la cui (de)composizione (o smontaggio) potrebbe risultare illeggibile dal punto di vista delle vecchie simulazioni (teatrali, attoriali), ma che magari potrebbe risultare più efficace e imprevedibile in un’altra situazione, in un altro momento… magari senza lo sfondo stagionale, rituale, delle primavere e degli autunni caldi… e altre cavolate giornalistiche…

Restano molte cose fuori quadro, gesti dati per scontato, che andrebbero montati diversamente… mettendo da parte qualsiasi facile e oscena sollecitazione umorale.

Una nuova pratica diffusa, ben divisa e diversificata, relazionale, non “sociale”, burocraticamente illeggibile, invisibile e imprevedibile. Fuori dal co-mune… ben munita e premunita Im-mune al contagio semiotico, ecc…

(Altrove, semplificherò… per ora attendiamo l’ennesimo nulla di fatto, condito dalle onnipresenti simulazioni libertarie con relativo merchandising di mascherine di V per Vendetta, che seguirà a queste vacanze low cost in ecumenopoli col brivido splatter della pozza di sangue, dello snuff… e che chiamano, anche i turchi, all’americana, “occupy…”).

 


zona rossa – zona sacra – zona morta (derive analogiche e pensieri frammentari)

Hanno esteso la “zona rossa” intorno a Piazza Montecitorio… Evidentemente il sacro eccita troppo… così hanno deciso di estendere la zona sacra che non è possibile valicare… tutti sogneranno di orgasmare all’interno del suo perimetro… è una roba come la belarda di “Madame Edwarda” (quella che per Bataille era Dio… o il corpo accecante e nauseante dell’incesto di cui lo stesso autore scrive in “Mia madre”…).

O come nella storiella dell’albero della conoscenza del Bene e del Male nel paradiso terrestre che non si doveva toccare sennò iradiddìo… un po’ fallo un po’ pelo di fica… (“fallo” è una parola polisemica… con double bind incorporato: può essere inteso sia come imperativo di “fare” – “Fallo!” – che come “infrazione punita dall’arbitro” o, ancora, “posto sbagliato”… quando si dice, per esempio, “mettere un piede in fallo”).

Io mi tengo alla larga persino dal centro di me stesso, per evitare le intensità allucinate della piega corrugata che si crede dio…

Roma… l’idea barocca di orbitare ellitticamente intorno al vuoto.

Una parabola dell’assoluta ambivalenza delle (psicotiche e psicotizzanti) tecnologie di controllo “preventivo” è il film di Cronenberg “La zona morta”

Qui invece un video liberamente ispirato a “Essi vivono” di Carpenter (con epilogo che rende bene l’idea della barbarie individuale cui porta la paranoia che si diffonde a tutto spiano):

Ora si parla (col solito appeal asettico, rassicurante e innocentino) delle nuove tecnologie, di realtà aumentata… (un’altra invenzione sperimentata, come “internet”, prima dai militari statunitensi e poi commercializzata per tutti i replicanti, ritornanti e consumati-consumatori sparsi per il mondo), come si riporta in questo video:


Ed ora un po’ di mainstream… o flussi schizo, che dir si voglia…

La vicenda di Luigi Preiti mette in scena il rischio di morte implicito (la shakespeariana “libbra di carne” da sacrificare per un debito non più restituibile) nelle scelte di chi vive per scommessa… è il riflesso di un’intera economia in un singolo individuo comunque conforme e assimilato al sistema che pur lo esclude, suppliziandolo come un Tantalo con i suoi beni, con i suoi bi-sogni (nel senso – seguendo un falso etimo – di doppi, paradossali, ambivalenti),  squalificandolo magari anche per il tramite dei corpi sociali come le sue famiglie (d’origine e acquisita…) con i loro immaginabili giudizi pressanti… voci interiorizzate (che si vanno a sommare ai noti, amplificati e reiterati insulti di stato… “bamboccioni”, “fannulloni”, ecc…) che intimano all’uomo di vendere la sua forza lavoro, anche se non vi riesce, mantenere moglie e figli (vedi al minuto 3’40”) e se stesso… oppure, sempre il sistema, la Grande Macchina, con una piccola variazione sul tema, lo esorta a dipendere dal meccanismo ossessivo-compulsivo dei giochi d’azzardo, a drogarsi di speranze disperate come quelle di tante economie nazionali che annaspano, prosciugate dei loro liquidi, seguendo un ordine assurdo e mortifero che i sadici del profitto e della sussunzione universale insistono a considerare immutabile e senza alternativa… T.I.N.A. (o valorizzi il capitale vendendo il tuo tempo, la tua forza-lavoro e, in definitiva, il tuo corpo o lo valorizzi comunque cedendo al circuito del capitale quote di salario e rendite residuali raccattate alla bell’e meglio… per il tramite onnipervasivo della forma-denaro).

Altra assurdità che mi colpisce è quella dei “politici”, in generale, individuati dallo sparatore giustiziere (secondo la ricorrente opposizione popolo/politica estremamente semplificata e priva di qualsiasi senso strategico o della realtà) come coupable (colpevoli-colpibili) della sua rovina personale… è certamente espressione di una rabbia oltremodo impotente e per questo tremendamente cieca, predisposta ad essere schiacciata sotto gli anfibi (se non sotto i colpi) della gendarmeria… Sono gesti che paradossalmente spostano l’attenzione da ciò che vi è di politico in molti gesti banali e quotidiani, familiari anche allo sparatore, su qualcosa che di per sé sarebbe il Vuoto se non vi fosse chi finisce addirittura per volerlo sacrificare (confermando cioè la sua tautologica e sedicente sacralità). Lo dicevo qualche anno fa che il potere non esiste… nasce da un movimento corale di in/dividui opportunamente plasmati (e individuati, nel senso di “resi individui”, cioè identificati, iscritti e registrati per accedere alla fabbrica che li ha prodotti surcodificando e sussumendo – decodificando e ricodificando – la loro nuda vita) che lo legittima… Ma quando per legittimarsi si trova a sospettare di tutti i “cittadini” poveri o in difficoltà e senza alcuna determinazione politica in quanto potenziali sparatori? Non è un po’ troppo vasta questa categoria per non trasformare il Nulla (il buco nero di ogni centro, galattico e non) in dispotismo totalitario, perdendo del tutto i connotati della finzione “democratica”?

Nel frattempo in Italia c’è un clima in cui la stampa adora i necrologi dei fondamentalisti del Lavoro Perduto, martiri e suicidi (ovviamente solo quelli innocui, effetti collaterali del disfunzionamento perfino della legge bronzea di Ricardo), che si immolano alla causa dell’articolo 1 della “Costituzione più bella del mondo”… e c’è anche un clima da inquisizione di chiunque prenda la parola in merito a quella sparatoria insensata, cui viene richiesto un “abiura!” preventivo, manco fossimo nello Stato Pontificio… Di questo passo criminalizzeranno in tutto il Lazio anche il popolarissimo te-possino-ammazza’ o il ma-va’-a-mori’-ammazzato… Io a questo proposito non ho niente da aggiungere, dal momento che ravviso in ciò che accade, in queste dinamiche spettacolari e semplificate, una procedura che non mi coinvolge, non mi eccita né sovreccita… Lo trovo semmai un po’ deprimente e di cattivo gusto questo sollecitare emozioni… no alarms and no surprises… non cerco colpevoli (per quello ci sono già corpi armati dappertutto) o condanne esemplari, torture nelle patrie galerie (come si usa fare anche a chi è solo “clandestino”… un reato che, stando alle loro premesse teoriche sui Diritti dell’Uomo, non dovrebbe esistere… come piuttosto, in senso anti-universalista e anti-territorialista, il confine e il νόμος che lo istituisce, aggiungerei io)… né si possono far diventare colpevoli preventivamente tutti i depressi o i disoccupati senza psicotizzare tutto l’insieme, minando le fondamenta “pattizie” (ma dove sarebbe questo patto fantasma, imposto, asimmetrico, se non nei sogni del Dominio reale?) della “società civile” che si intenderebbe “proteggere”… Mi sembra un colossale equivoco… e sembra tutto previsto… già visto…

“Nessuno è mai morto di contraddizioni. E più si guasta, più si schizofrenizza, meglio funziona, all’americana”.

(da “L’anti-Edipo” di Deleuze-Guattari).


Complicare o semplificare? | L’ambivalenza della guerra in corso

Il nostro edificio è bellissimo, perfetto… Non riuscirete mai a farne uno simile… Occorrono decine, centinaia di anni per pensare un’architettura così complessa e condivisa… e comunque, con-dividui, nel caso aveste idee diverse, abbiamo i droni…
[…]
Provate a tornare a casa… non ce l’avete una casa!… e allora provate a vagare fino a trovarne una… nomadi pezzenti.

(da “Adaequatio rei ad imaginem” di Valerio Mele)

Innanzitutto bisognerebbe capire a quale guerra in corso mi riferisco… Forse alla IV Guerra Mondiale di cui parlava Baudrillard?

“La prima [guerra mondiale] aveva posto fine alla supremazia europea e all’era del colonialismo; la seconda al nazismo; e la terza al comunismo. Ciascuna ci ha portato sempre più vicini all’ordine mondiale unitario di oggi, che si sta ora avvicinando alla sua fine, in ogni parte, ad ogni lato in lotta contro forze ostili. Questa è una guerra di complessità frattale, condotta su scala mondiale contro realtà singole ribelli che, come gli anticorpi, oppongono resistenza in ogni cellula”.

1 – Rassegna di blog sulla guerra in Mali e non solo…

(consiglio di prendere fiato prima di leggere: vi sono domande molto lunghe e piene di parentesi)

…o mi riferisco a questa nuova guerra in Mali (che pur ho cominciato a seguire in un commento che ho intitolato  “L’ITALIA E’ IN GUERRA (di nuovo) MA LA CHIAMANO “SUPPORTO LOGISTICO” in cui narro le gesta e le opinioni di Prodi, Terzi, Leon Panetta, Bersani e alcuni giornalisti inqualificabili… azzardando alcune ipotesi circa la nuova strategia indiretta del dominio statunitense),  le cui motivazioni reali [più che appassionandosi agli scontri tra i ribelli Touaregs del Mouvement National de Libération de l’Azawad MNLA, forze governative invocanti l’aiuto del protettore globale, fantomatici integralisti-terroristi-alquaidisti dai metodi talebani come Ansar Dine, il Mouvement pour l’Unicité et le Jihad en Afrique de l’Ouest (MUJAO), Al-Qaïda au Maghreb Islamique (AQMI) e Boko Haramvenuti fuori non si sa da dove e finanziati non si sa da chi, di cui si sa solo quello che passa la propaganda guerrafondaia occidentale – e chissà quante altre ulteriori etnie e gruppi maliani…] si spiegano comunque in buona parte dando un’occhiata alla mappa di uno stato posticcio (messo su da un golpe militare per rimpiazzarne uno corrotto, marionetta ultraliberista dell’IFI) sezionato dai diritti di esplorazione (concordata evidentemente da team multinazionali, da squadre munite di squadrette) delle compagnie petrolifere?…

…o [le motivazioni reali di questa guerra in Mali] si spiegano meditando sulle altre risorse naturali di cui il paese è ricco (“fosfati, ferro, molto oro estratto dalle sabbie del Sahel, diamanti, petrolio, uranio, bauxite, manganese, ecc.”)… o su questo movente da società gassosa che suggerisce Olympe de Gouges?

Il ministro delle miniere del Mali, Amadou Baba Sy, ha firmato, il 18 dicembre 2012, un decreto attestante l’acquisizione da parte dello Stato del blocco 4 del bacino di Taoudeni, precedentemente concesso a ENI e Sonatrach (Sipex), multinazionale algerina (2° esportatore di GNL e GPL e 3° esportatore di gas naturale del mondo) dallo spodestato presidente Amadou Toumani Touré.

Di quale guerra in corso stiamo dunque parlando?… Un post notevole di Miguel Martinez inquadra il fenomeno Mali per come lo possiamo leggere in questo momento, con tre racconti, un’ipotesi e due vie, fornendo una lettura per certi versi in trasparenza dei mutamenti del mondo e delle società (anche “occidentali”) nell’epoca del superamento della forma stato-nazione… nell’epoca della “globalizzazione” intesa come smaterializzazione dei confini dello sfruttamento:

  • Racconto primo, che è l’unico che sentirete nei media o dai politici. Ci sono i soliti Pazzi Terroristi Islamici, che questa volta agiscono nel Mali, che sta da qualche parte tra l’Afghanistan e l’Iran, forse. Sgozzano, vietano i film, picchiano le donne. Due minuti d’odio. Ma ecco che si alzano in volo i nostri luccicanti bombardieri dotati di insetticida, evviva!

  • Racconto secondo, leggibile in represensibili angoli di Internet. Ci sono, è vero, i Pazzi Terroristi Islamici, solo che sono al servizio dell’Emiro del Qatar, che è amico dell’Occidente, e quindi è tutta una truffa.

  • Racconto terzo, reperibile anch’esso solo in luoghi reconditi. Ci sono i saccheggiatori francesi, o americani, che stanno facendo un’ennesima guerra per riportare a casa un carico di… segue un lungo elenco di risorse naturali, tratto da Wikipedia.

Voglio però costruire lo stesso un’ipotesi, magari piena di bachi. I paesi che si definiscono “civili” hanno avuto negli ultimi due secoli come caratteristica fondamentale lo Stato Nazione. Si tratta di un immenso dispositivo impersonale che tiene insieme la società.
[…]
Il Mali, disegnato sulla carta da qualche amministratore francese poco amante dell’arte, è uno dei paesi più poveri del pianeta.
[…]
Le ricche risorse minerarie non solo non danno lavoro, ma provocano la cacciata dei contadini dai loro villaggi.
E il paese è popolato da almeno tre grandi etnie che non si amano affatto. Quindi, uno Stato Nazione semplicemente non ci può essere nel Mali.
[…]
Il Mali si trova su due vie fondamentali. La prima è quella dell’emigrazione dei nigeriani verso nord. La seconda, a sorpresa, è la nuova grande via della cocaina sudamericana verso l’Europa, per valori che superano quello di tutto il prodotto interno lordo di molti paesi della regione. Quindi, ciò che succede nel Mali si ricollega sempre alla Grande Idrovora, al nucleo del dominio che risucchia il mondo, e alle incessanti lotte per attaccarsi alle sue tubature. Quando non c’è uno stato nazione, o c’è solo per finta, la società si organizza in altri modi. Questa è ormai la regola in vaste aree del mondo, forse la maggioranza.
[…]
Tutto questo diventa interessante, se ci rendiamo conto che si tratta di un processo mondiale. Lo Stato Nazione inizia a crollare in realtà a partire dal centro del dominio: lo constatiamo tutti anche qui, dalle infinite piccole crepe.
[…]
Una vicenda come quella del Mali diventa così di enorme interesse, ma non per il gusto di fare il tifo di squadra. Per capire il futuro del mondo.

Alessandra Corrado di Uninomade, dopo aver descritto in modo chiaro e lineare la situazione attuale in Mali e le ragioni che avrebbero portato popolazioni nomadi ad alzare il tiro delle rivendicazioni territoriali fino a chiedere l’indipendenza dei territori a nord del Paese, giunge a queste conclusioni che sottolineano un iniziale e forzato processo di “semplificazione” del fronte da un lato e dall’altro (pur finendo per schierarsi in favore di fumose ed improbabili rivendicazioni sociali che dovrebbero salvare il paese dalle parti in conflitto… prospettiva irrealistica che fa quasi desiderare la fine dello stato del Mali e il trionfo dei gruppi armati anti-occidentali…):

La guerra senza fine mossa dall’Occidente contro il terrorismo sta avendo l’effetto paradossale di rafforzare e unire le organizzazioni fondamentaliste, producendo come si legge su Le Monde diplomatique una «autostrada dell’internazionale sovversiva», che va dal Pakistan al Sahel, passando per l’Irak e la Somalia e attraverso la quale circolano combattenti, idee, tecniche di lotta, armi, in una guerra contro le “nuove crociate”. Si rileva infatti che dal 2001 queste nuove guerre hanno avuto luogo in paesi musulmani – Afghanistan, Irak, Somalia, Libano, Mali, e non dimenticando Gaza. Ma individuando solo nella motivazione cultural-religiosa l’elemento di scontro e lotta si occultano quelli che sono i veri interessi in gioco fra le parti – quelli di una economia mineraria ed espropriatrice – e le strategie di mobilitazione sociale attivate, anti-occidentali da un parte e securitarie e islamofobiche dall’altra.

Scrive invece Sebastiano Isaia circa la guerra in corso, a suo avviso sociale e sistemica, su cui stiamo indagando (che costituisce la precondizione dell’intervento militare in Mali, come di altri passati e futuri interventi “umanitari” e che parla più di ciò che accade e accadrà qui in Europa):

Qui fa capolino la vecchia illusione europeista, ridicolizzata a suo tempo da De Gaulle, teorico dell’«Europa delle patrie», di chi immagina possibile la creazione di uno spazio politico-istituzionale di tipo federale (gli Stati Uniti d’Europa) attraverso una pacifica e totale cessione di sovranità da parte di tutti i Paesi europei. E quando dico pacifica non intendo alludere solo alla guerra di tipo tradizionale, quella che ha sconvolto e insanguinato periodicamente l’Europa, ma anche alla guerra di tipo economico-sociale, che infatti è in pieno corso nel Vecchio Continente. Anche qui, la guerra degli eserciti in armi non è che la continuazione della guerra sociale incardinata sul solito mantra capitalistico: profitti, profitti, profitti! La guerra sistemica (economica, scientifica, tecnologica, politica, culturale, psicologica) è la guerra peculiare dei nostri disumani tempi. I raid aerei “umanitari” ne sono solo l’ultima manifestazione. Ma può capirlo questo chi ha in testa gli Stati Uniti – e capitalistici! – d’Europa come il massimo di “utopia” possibile nel XXI secolo?

Un noto Institut infine, cui si abbevera la sapienza filo-atlantica della pregiatissima dirigenza politica italiana (e cui è doveroso far riferimento per capire le intenzioni da questo lato del campo, tese a quanto pare a non compattare e semplificare gli schieramenti come sostiene Alessandra Corrado), lascia intuire tra le righe (scritte in inglese) a che serve “il processo di frammentazione in corso dei gruppi jihadisti” (ops! ma non si stavano ricompattando?) e la proliferazione di “nuovi gruppi di insurgent con figure regionali sul modello di Bin Laden”… e cioè (questo è quel che penso) ad una rinascita della (bushiana) “guerra al terrorismo” sotto una nuova forma (obamiana) di guerra strutturale, di guerra preventiva, di “guerra giusta” con un fronte interno ed esterno, non più localizzabile ai confini dell’Impero, ma ovunque e ad ogni livello, con nemici più o meno arbitrari, che gestisca il caos non risolvendo più il conflitto in senso classico, clasusewitziano (data la crisi irreversibile degli stati-nazione), ma preferendo operare anche come i terroristi (il che potrebbe far capire come mai al Quatar, per esempio, secondo alcuni, sia stato lasciato il compito di appoggiare sia il “terrorismo” che gli interessi NATO), sollecitando e sostenendo un conflitto asimmetrico o “a bassa intensità” (includendo cioè il “rischio” di schegge impazzite come Mohamed Merah per convincere l’opinione pubblica interna della necessità e legittimità della guerra) e generando un fronte frattale, complesso fino all’impossibilità cioè di un esito che possa dirsi positivo o negativo… una strategia di governance del caos, da stato d’eccezione permanente che solleciti continuamente l’appoggio di un’opinione pubblica tenuta in costante stato d’allerta, che includa mezzi (come riassume Mazzetta) di libero bombardamento con dronikilleraggio mirato di qualunque cittadino, anche straniero… che cerchi “nuovi modi di cooperare con i governi locali anche in situazioni in cui non ci si fida pienamente di loro, replicando in qualche modo la corrente relazione USA-Pakistan in un contesto differente”, come si legge nell’articolo originale:

The decision by Mokhtar Bel Mokhtar to target the BP plant and attack Algeria’s strategic interests seems to be a reaction to France’s intervention in Mali, but in fact it stems from an ongoing fragmentation process among jihadi groups that are probably going to take the initiative with new attacks and kidnappings. The ensuing dynamic among terrorists in the Sahel and the governments fighting them will mark the beginning of a new phase in the “war on terror”, with the proliferation of insurgent groups and regional Bin Laden-like figures. Western countries, in turn, will need to learn new ways to cooperate with local governments also in situations where they would not fully trust them, somehow replicating the current US-Pakistan relation in a different context.

Ci si potrebbe chiedere quale possa essere lo scopo di una guerra sistemica, generalizzata, preventiva“giusta”, frattale, permanente, ecc… è ancora guerra?… o è semplicemente l’impossibile governance globale che si rivela per quello che è?… e cioè una gestione violenta dello stato d’eccezione permanente determinato dalla difesa ad oltranza degli interessi del capitale “globale” nell’epoca della crisi del dominio imperialista americano, coperti in modo sempre più approssimativo dai fantasmi (che ancora incredibilmente dominano le allucinazioni collettive della pubblica opinione occidentale) della Democrazia e dei Diritti Umani?…

E’ lo scenario messo in campo, per esempio, dalla Guerra al Terrorismo, in cui, dietro un’apparente gestione razionale degli eventi, si cela un mostro di innesti e proliferazioni nel tessuto stesso della società, che si pretende Razionale e che si suppone esista (pur essendo una sorta di finzione scenica, la rappresentazione di un ordine semi-naturale, un sostrato mitico su cui adagiare il corpo-in-frammenti del sistema). Dunque questo Dualismo terrorista, questa Eccezione del Diritto, quando rivela la sua verità oscena, nascosta dal Sistema che la copre e la supporta occultamente, sembra presentarsi come fosse la Realtà… Ma è un mostro creato in laboratorio…

(da “Il feto-monolito e lo schizo-capitalismo”)

Vengo a sapere oggi che la guerra in Mali sembra sia “finita” (o forse è solo un’impressione di qualche commentatore), che le truppe franco-maliane abbiano sfilato per le strade festanti di Timbuctù, che ci saranno nuove elezioni per mettere un fantoccio più conciliabile con gli interessi delle multinazionali dell’estrazione mineraria, che Leon Panetta ha ammesso il coinvolgimento statunitense nell’operazione e che gli stessi USA intendono costruire una base aeronautica per i droni (come del resto accadrà anche in un’altra colonia, l’Italia, col progetto MUOS), dicono, per sorvegliare i fantasmi alqaidisti (da loro stessi invocati…) che dovrebbero arrivare dal deserto…

2 – Teoria e prassi dei conflitti contemporanei

dalla rottura della linearità del conflitto tra stati-nazione alla dimensione frattale, labirintica, aleatoria, deterritorializzata, spettacolare, proliferante, contagiosa dei conflitti (sociali, economici, politici).

Dalla rassegna riportata nella prima parte emerge una differenza di opinione sui conflitti… in particolare tra la posizione di Alessandra Corrado e il post del noto Institut… Quest’ultimo, pur rispolverando la roboante “war on terror” scrive di una visione complessa del conflitto (che include terminologie come proliferazione, processo di frammentazione…) che si suppone di poter controllare (ma vedremo in quale modo schizo-paranoide, caotico, segreto e ben oltre gli ormai sostanzialmente superati limiti moderni del conflitto convenzionale…), mentre la prima sostiene che una reazione militare di un certo peso compatti una resistenza, delineando un andamento schmittiano del conflitto, fatto cioè di semplificazioni di un fronte più complesso. Dunque cosa accade: si semplifica o si complica all’infinito in modo proliferante e frattale questo fronte?

Sebastiano Isaia ci ricorda il pensiero di Schmitt e le semplificazioni del potere (nazional-socialista o liberale-capitalista poco importa… parliamo di tecnologie di controllo e di strategie di dominio – comuni a dittature e democrazie – volte a difendere proprietà, beni, capitali, rendite, profitti, rapporti sociali dati, ecc…, che oggi sembrano essersi nebulizzate tra le teorie cognitiviste e il marketing, rese fruibili anche dagli infanti, più che essere espresse con la propaganda paranoide che costruisce il “nemico”):

Nel 1932 Carl Schmitt, teorico della dialettica amico-nemico (Legalità e legittimità), scrisse che la contesa politica nella moderna società della tecnica si svolgeva ormai quasi completamente attorno alla figura del nemico di turno descritto ossessivamente come brutto e cattivo, come una «entità esistenziale» irriducibilmente «altra»: è questa caricatura «umana» che infatti si dà in pasto al popolo assetato di «senso» («che senso ha tutto ciò?, di chi è la colpa?») per riceverne l’appoggio e la legittimazione politica, ed esso mostra di gradire una tale «semplificazione». Chi non ha «denti critici», preferisce ingoiare le pappe «predigerite» – più spesso già defecate.. – amorevolmente cucinate dagli altri.

Ma senza incartarci nella costruzione del nemico o dell’amico o della vittima o nelle empasse della logica ricorsiva della ricerca di una impossibile (e dunque finta, arbitraria) giustizia ultima e neutrale così ben raccontate e illustrate da RAV

(“Questa è una guerra in cui nessuno ha diritto di vincere” […] “Soprattutto, l’inganno della prima vittima si basa sull’inganno del soggetto politico. Per costruire un’unità politica – un popolo, ad esempio – a partire da un aggregato di singoli è spesso necessario «semplificare» la complessità dell’aggregato in questione” […]  “Se la prima vittima non esiste, o meglio esiste soltanto come mito, appare del tutto vana la pretesa di rivendicare un ordine politico neutrale o una soluzione neutrale del conflitto”)

riprenderei dal rovesciamento del noto motto di Clausewitz (“La guerra è la continuazione della politica con altri mezzi”) da parte di Foucault e di Deleuze-Guattari, per i quali il motto diventa: “Il potere è la guerra, la guerra continuata con altri mezzi” (Difendere la società di Foucault) oppure in Capitalismo e schizofrenia di Deleuze-Guattari:E’ la politica che diventa continuazione della guerra, è la pace che libera il processo materiale illimitato della guerra totale. La guerra smette di essere la materializzazione della macchina da guerra, è la macchina da guerra stessa che diviene guerra materializzata”. Oltre ad evidenziare il carattere generalizzato e microfisico del conflitto contemporaneo, dunque rintracciabile in tutti i rapporti di potere o sul piano molare della rappresentazione, Deleuze-Guattari scrivono in particolare dell’indisciplina della macchina da guerra, che in qualche modo rischia sempre la fuga dal controllo della macchina statale:

Non si può certo dire che la disciplina sia la caratteristica della macchina da guerra: la disciplina diviene il carattere indispensabile degli eserciti quando lo stato se ne appropria; ma la macchina da guerra risponde ad altre regole […] che animano un’indisciplina fondamentale del guerriero, una continua messa in discussione delle gerarchie, un ricatto perpetuo all’abbandono e al tradimento, un senso dell’onore spiccatamente suscettibile che contrasta con la formazione di stato. (cap. Capitalismo e schizofrenia, in Millepiani)

per poi giungere al paradigma contemporaneo del “nemico qualunque” (fissato dal controllo totalitario o, se si preferisce, dal dominio reale del capitalismo):

Abbiamo visto la macchina da guerra mondiale prendere proporzioni sempre più grandi [..]; l’abbiamo vista attribuirsi come obiettivo una pace ancora più terribile della morte fascista; l’abbiamo vista mantenere o suscitare le più terribili guerre locali […] l’abbiamo vista fissare un nuovo tipo di nemico che non era più un altro stato, e nemmeno un altro regime, ma il ‘nemico qualunque’ […] multiforme, manovriero e onnipresente[…], d’ordine economico, sovversivo politico, morale”. (ibidem)

Nemico qualunque di cui anche io scrivevo quasi un anno fa a proposito di questa guerra frattale, totale praticata per lo più in modo non convenzionale, da terroristi, mercenari, traditori, doppiogiochisti infiltrati, agenti dei servizi segreti, trafficanti, sovversivi, folli armati, ecc:

I sospettati siamo tutti noi… “colpevoli” semplicemente in quanto coupable, “colpibili”… da un potere che per funzionare non deve reprimere secondo un criterio logico, razionale, ideologico, punitivo, castratore (che ritagli i suoi particolari capri espiatori per assoggettare o soggettivare delle masse produttive, rincoglionendole a suo comodo), ma statisticamente, in modalità random, senza che si produca alcun soggetto (se è vero che vi è una «crisi della produttività di soggettività»)… La nube (di connessioni possibili e tecnologie di controllo) che chiamiamo, semplificando, “potere” è così che agisce quando performa al meglio… quando è al passo coi tempi. Il minimo dispendio col massimo profitto. Non c’è nemmeno bisogno di mobilitare reti terroristiche, investire in infiltrazioni, attentati, corpi speciali, mettere su complotti, logge segrete, ecc… Il sistema è abbastanza schizofrenico da mettere direttamente d’accordo il dispositivo di controllo e la sua eccezione terroristica, senza che sia necessario un complotto o una stretta di manoLa produzione di discorsività individuali sovversive è un effetto collaterale (e fortemente invocato e incentivato) dai meccanismi di controllo totalitario già in atto. […] Il fantoccio del terrorismo potenziale sembra funzionare in qualche modo… in pensieri, parole, opere e omissioni… Ormai sembra che la dinamica di ogni conflitto sia disinnescata a monte… (a me sembra che si impedisca con ogni mezzo il sorgere di nuovi modi di produzione, spostando continuamente il conflitto su un piano simbolico, metaforico… in una sandbox di conflittualità su base etnica, religiosa, nazionalista, ecc… è solo di questo che si ha paura… che si tocchino i modi di produzione, la proprietà privata/pubblica, i metodi di estrazione di plusvalore, difesi dagli apparati e dalle macchine umane che ne fanno la guardia… Si ha paura che riprenda in concreto questo discorso… per questo la si butta sulla follia, sulla schizofrenia… che ormai è sistemica… è il cuore del sistema, che reagisce col suo criterio paranoide di auto-legittimazione… Si fa di tutto purché scompaia la realtà e non sia possibile un’azione con una qualche efficacia, che produca una trasformazione dell’esistenza cibernetica o miserabile che ci si prospetta…).

E’ chiaro che in questa prospettiva, dal punto di vista dello spettatore-killer “occidentale”, siamo di fronte anche ad una simulazione di guerra, quasi un videogame… cosa che fece affermare a Baudrillard che la guerra in Iraq non ci fosse stata, scomparsa come era dietro la fantasmagoria iperreale della sua sovraesposizione mediatica… Baudrillard si dimostrò più volte abile nel destreggiarsi tra i paradossi e le allucinazioni del mondo contemporaneo… Memorabili anche la sua descrizione dell’America come traversata nel deserto a folle velocità, come scomparsa del reale in una dimensione deterritorializzante in cui sprofondano e si s-terminano tutti punti fermi della modernità…

“La velocità è creatrice di oggetti puri, è essa stessa un oggetto puro, perché cancella il suolo e i riferimenti territoriali, perché risale il corso del tempo per annullarlo, perché va più in fretta della propria causa e ne risale il corso per annientarla. La velocità è il trionfo dell’effetto sulla causa, il trionfo dell’istantaneo sul tempo come profondità, il trionfo della superficie e dell’oggettualità pura sulla profondità del desiderio. La velocità crea uno spazio iniziatico che può implicare la morte e la cui sola regola è quella di cancellare le tracce. Trionfo dell’oblio sulla memoria, ebbrezza incolta, ebbrezza da amnesia. Superficialità e reversibilità di un oggetto puro nella geometria pura del deserto. Correre in macchina crea una sorta di invisibilità, di trasparenza, di trasversalità delle cose attraverso il vuoto. E’ una sorta di suicidio a rallentatore, attraverso l’estenuazione delle forme, una forma deliziosa del loro sparire. […] Nostalgia dell’immobilità delle forme dietro l’esacerbazione della mobilità. Analoga alla nostalgia delle forme vive nella geometria”

(Da “L’America” di Jean Baudrillard)

E nel deserto ci si ritrova anche in Mali… in una guerra lampo, annunciata ed evocata da tempo (senza vittoria possibile perché i “nemici” sembrano fantasmi del deserto,  come ne Il deserto dei Tartarirevenant… scomparsi chissà dove, così come erano giunti)… mancava giusto la passerella dei soldati francesi a Timbuctù, supportata dagli alleati, figuranti di interessi osceni, volti ad accrescere l’obesità ubuesca di un sistema capitalista ipertrofico… che si muove non per un senso qualsiasi, ma per l’inerzia dei suoi contratti e obbligazioni, dei suoi business siderali, desertici, votati ad una distruzione sempre sospesa, quanto insensata (…relativamente… c’è sempre bisogno di riprodurre il rapporto sociale alla base del capitalismo quando questo va in crisi o genera crisi… e ricomincia sempre dai margini del vivibile e dell’abitabile… facendo il deserto… tendendo fino allo spasimo le potenzialità dello sfruttamento intensivo ed estensivo, agendo la morte, o la caduta tendenziale, che scaccia da sé).

Interno alle figure de “Le strategie fatali” (come quella dell’ostaggio) sembra essere anche l’assalto al compound in Algeria… in cui la posizione indefinibile degli ostaggi (multinazionali) nega qualsiasi funzionalità e senso alla rappresaglia (clausewtziana non direi proprio a questo punto…) che si era tentato di mettere in atto… Ognuno si è rivelato ostaggio di qualcosa, compresi i guerriglieri, ostaggi degli ostaggi… che il governo algerino, ostaggio dell’intervento francese, si è trovato a gestire a modo suo, per evitare di essere coinvolto maggiormente nel conflitto… I maliani del nord ostaggi di alcuni di gruppi armati che i paesi del blocco NATO sono corsi a “liberare”, il Mali “ufficiale” a sud ostaggio delle politiche coloniali “occidentali” (si veda il paragrafo “Notre triste statut d’otages in questo articolo critico dell’intervento militare “per procura” scritto da Aminata Traoré, una femminista maliana, come ricorda il blog Marginalia), noi stessi ostaggi dei sistemi di approvvigionamento energetico che la nazione cui apparterremmo ci ha approntato con altri stati-nazione fantoccio potenzialmente ostili… Siamo in una logica costantemente reversibile e ambivalente… in cui sembra decisamente naufragare il progetto di Edgar Morin di voler affrontare, pensare e gestire la complessità del reale a colpi di pedagogia ed epistemologia… ma ancora in nome di un umano ormai improponibile o divenuto regno del kitsch, sentimentalismo da soap opera… spalmato come marmellata su una distesa di macchine da guerra.

Non ci si può voltare dall’altra parte. Il campo di battaglia pieno di morti che è il fine di ogni guerra secondo Elias Canetti (in Massa e potere) è un campo di segni. I nostri discorsi, i nostri concetti, giacciono su un campo di battaglia, ordinati e contenuti da confini mobili che ne determinano la praticabilità, li suddividono in categorie, evocano significati o fantasmi di senso… la guerra ci insegue ovunque, fin dentro i pensieri (finzioni tattiche intagliate da una finalità strategica che ci sfugge e che cerchiamo se non altro come direzione, se non vi è più da tempo un centro che tiene… campo di battaglia del -getto nel sog-getto, del /dividuo nell’in/dividuo, futuro che brucia il margine del presente/passato, caos entropico che si condensa in materia ordinata e visibile), determina contro ogni possibile autonomia o anomia il nostro essere residenti, cittadini, viventi in quanto ostaggi di uno stato (o lavorate alle nostre condizioni… o crepate!)… la morte ci incalza nelle retrovie sempre, schierata sul campo come fosse qualcosa che ci è estraneo… Non c’è migliore definizione della guerra (e della vita) che questa di Canetti, questa assurda lotta tra vivi e morti:

Peculiarità di questo particolare tipo di lotta fra morti e vivi è il suo carattere intermittente. Non si sa mai quando accadrà nuovamente qualcosa. Forse non accadrà nulla per molto tempo. Ma non vi si può contare. Ogni nuovo colpo giunge improvvisamente dalle tenebre. Non c’è alcuna dichiarazione di guerra. Dopo una sola morte, tutto potrebbe essere finito. Ma potrebbe anche continuare a lungo, come nei contagi e nelle epidemie. Si è sempre in ritirata, e non è mai davvero la fine.

Noi “occidentali” ragioniamo come un esercito. “Sussumiamo” le nostre sensazioni e i dati esperienziali in un presunto ordine (che visivamente è sempre una “griglia“… di concetti, di soldati, di operai, di fabbriche, fabbricati, campi, isolati… che tende sempre a quadrare). In logica, per sussunzione, un gruppo diviene parte di una insieme ad esso gerarchicamente superiore. Nel caso di un individuo è necessario diventi “studente” tra i banchi, “militare” eventualmente o “impiegato”, ecc… e, in tutti i casi, un “cittadino” sottoposto al quadrillage delle leggi e del pattugliamento poliziesco e all’esposizione delle videocamere di sorveglianza… La sua natura di libero animale bipede, che vaga liberamente, senza precise traiettorie e senza confini viene sussunta in una cultura che ritaglia e (ri)definisce gli spazi e i tempi del suo agire (e del suo pensare) in continuazione. Lo scrivevo qui

Dunque la guerra è morte che si vuole allontanare da sé come se fosse il nemico, assecondando un delirio paranoide (più anima, più proprietà, più profitti) di immortalità, di accumulazione perenne. Lotta per un’universalità impossibile.

E ancora (lascio delle ultime riflessioni come appunti)… guerra di segni: andirivieni ambivalente di depistaggio-complottismo/sabotaggio-sovversione, paranoia/schizofrenia… E ancora: spazio dell’indisciplina… violenza eccedente che può sempre rivoltarsi controviolenza che risponde all’eccedenza di plusvalenze virtuali, di aspettative di utili già divenute titoli, la nuova terra di un capitalismo finanziario dai tratti “feudali”.

* * * * * * *

C’è poi chi, come Obama, dopo Hiroshima, ha ancora il coraggio di “scatenare “una campagna infinita per IMPORRE i nostri valori”… e ancora lui, sempre alla cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Pace lancia intendere, tra le righe, l’annuncio degli eventi bellicosi che verranno: “Le guerre fra nazioni sono sostituite sempre più dalle guerre all’interno delle nazioni. La resurrezione di conflitti etnici o settari, la crescita di movimenti secessionistici, guerriglie e Stati allo sbando intrappolano sempre di più i civili in un caos senza fine“.

Le caratteristiche della guerra contemporanea per Alessandro Dal Lago, nel suo libro “Le nostre guerre”, sono la guerra globale, privatizzata, preventiva, asimmetrica:

Si è trattato di guerre di aggressione «asimmetriche», nelle quali l’uso di armi di distruzione di massa sempre più sofisticate e potenti ha reso soverchiante il potere distruttivo degli aggressori e sottratto agli aggrediti ogni speranza di salvezza. E molto spesso gli aggressori si sono fatti forti del proprio strapotere economico arruolando truppe mercenarie di contractors, alle dipendenze di grandi corporations globali, talora in numero superiore a quello dei combattenti di ruolo. E si è trattato di guerre «privatizzate» nelle quali non esiste più un «nemico legittimo», definito come tale dalle norme del diritto internazionale, come un tempo accadeva.
La logica delle guerre di aggressione contemporanee è la stessa di qualsiasi «guerra civile», nella quale si lotta fino all’estremo e non si fanno prigionieri. Per di più, si tratta di guerre che non hanno la finalità di una conquista territoriale: si combatte su scala globale coinvolgendo potenzialmente il mondo intero. La finalità è un obiettivo strategico di dimensioni planetarie che coincide con la volontà egemonica degli Stati Uniti e che si esprime attraverso la costante minaccia dell’uso della forza.

3 – SCENA FINALE

– Uscite fuori!
– Non ci fidiamo… ci volete ammazzare!
– Uscite fuori: lì siete reclusi! E se continuate a star lì morirete… il cibo scarseggia… qui sareste liberi!
(Si sentono spari dalla caserma)
– Ecco! Abbiamo ucciso chi voleva uscire… Smettetela di tormentarci, spiriti delle tenebre!…
– Pazzi!… Ma che fate?… Uscite fuori!…
– Voi non esistete… siete voci nella nostra testa!… E comunque abbiamo un regolamento da rispettare… Andatevene via!… via!
– Uscite fuori, se volete vivere!…
(Caricano i fucili… altri spari. Silenzio).

* * * * * *

Infine la canzone, dalle direzioni paradossali, che mi ha suggerito questo lungo post… che alla fine mi lascia con la sensazione che non si possa non sfidare la complessità con un’altra complessità… divergente… ogni tanto forse, al momento più propizio, occorrerebbe semplificare… (intensificare il conflitto)… ed è vero… forse la guerra è infinita… ma è anche vero che “noi” che non siamo il fantasma di una totalità maggiore della somma delle sue parti, abbiamo già vinto.

Left on man (di Robert Wyatt)
(che si potrebbe tradurre con A sinistra, amico… ma resta il sotto-significato di Lasciato per l’uomo… traduzione mia)

(Coro: Semplifica! Riduci! Semplifica di più!)

Quando si dice “Libertà”, qui a nord, si intende la nostra libertà di usarti
E se non collabori, ti tagliamo le linee di approvvigionamento
Ma sarai libero di riconnetterti, se ci chiedi perdono
Tu dici che semplifico un po’ troppo, beh… faceva così anche Albert Einstein
Non ci sono vie di mezzo: Pentagono über alles!
Non c’è mai stata una via di mezzo, è questo il punto
Non c’è mai stato un posto che potesse essere una via di mezzo
Sinistra o destra dell’equatore


A proposito di “veline”, pubblicità, mercificazione dei corpi… e gratuità del sesso

Quanto segue è frutto di alcune mie riflessioni e commenti (anche altrui) su un noto social network…

Mi chiedo (considerando le istanze di tanti/e che si indignano per l’uso dei corpi in pubblicità): ma perché mai la merce sessuale, i corpi ammiccanti, i tanti culi-tette-fica-cazzo simbolici da comprare metaforicamente, dovrebbero essere più osceni di un prosciutto cotto o della Coca-cola o dello stesso inganno metaforico, del surrogato, del “di più” di piacere che non c’è? Perché i primi stimolano in modo più diretto il riflesso condizionato dell’eccitazione, reificando qualcosa (i corpi, cioè) che la contemporaneità ritiene ipocritamente sacro e inviolabile? Certe battaglie contro la mercificazione dei corpi sono perse in partenza.
Siamo fottuti… questa è la realtà.
Sottrarre anche quel poco di piacere a questa condizione di prostrazione senza indicare altri piaceri (montati secondo altre modalità e paradigmi, giacché di macchine si tratta, non di “istinti”, che non esistono…) è un’operazione moralista, penosa, reazionaria.
(A mio avviso si dovrebbe godere molto più di quel che viene suggerito e di come viene suggerito… in modo improvviso e traboccante… una festa che spazzi via tutte le contrazioni ragionevoli immaginabili: questa nauseante morale del sacrificio, della vittima, questo chinare continuamente il capo, questo legare un piacere omeopatico a idiozie pubbliche e pubblicitarie frizzanti, gustose, brillanti, pulite, morbistenti… ammorbanti… questo mendicare diritti, questa continua interiorizzazione e richiesta di una Legge pensata da mentecatti criminali…).

Noemi commenta:

Come ti dicevo: ieri vedevo “Veline” e mi è apparso evidente che a prescindere dal desiderio indotto dalla TV, non vedo questa cosa come oscena. Dimenarsi e far arte spicciola delle proprie movenze per guadagnare diviene un lavoro come un altro (forse più piacevole e meglio retribuito e con l’agognata fama che questo mondo e modo impone). Trovo osceno, inguardabile, non le veline (che si dice siano di contorno) ma quel centro della scena dal quale due maschietti allupati ammiccano e fanno battute di bassa lega. L’attenzione e l’indignazione vanno rivolti al ruolo che il maschio pretende dalle donne e al perché la morale bigotta richieda alle donne intelligenza e profondità da mostrare… Mi vengono in mente quei quadri che ritraggono delle modelle: pensiamo forse che a loro siano state riservate modalità più sublimi? Qualcuna la pagavano… altre, di quei pittori famosi, divenivano le amanti e quelli, in cambio di qualche lusinga ricevevano la disponibilità delle fanciulle a mostrarsi gratis. E così mi domando: se le “veline” non si facessero pagare per mostrarsi, avrebbero la stessa attenzione? Quel che noto è molto spesso il fastidio nei confronti di chi ottiene posizioni e ricompense per la propria estetica, delle donne che scelgono questo ruolo e che vengono apostrofate come incapaci, inutili ecc… Invece questi maschietti che presentano, loro si che son bravi, pensiamo a un morandi, a un fiorello… mecojoni!

Inoltre se mi indigno per esempio per “Miss italia” o cose simili, implicitamente indico che la colpa sia della donna che si presta a questi giochetti e divertimenti maschili… In questo modo si alimenta proprio quella cultura che invece si vorrebbe cacciare…

Rispondo:

“Se le “veline” non si facessero pagare per mostrarsi, avrebbero la stessa attenzione?”
Questa è una domanda interessante… crea una specie di cortocircuito… Insomma di “norma”, secondo una preponderante morale del sacrificio, il desiderio sarebbe bello perché si paga… (a un tot di sacrificio simbolico – un tot di denaro – corrisponderebbe un tot di piacere simbolico – un surrogato sessuale più o meno sublimato o porno… che è la stessa cosa).
La gratuità dell’esibizionismo credo sia il vero scandalo, in quanto sarebbe un (incomprensibile!) sottrarsi alla forma-merce… o comunque sarebbe un fattore di forte deprezzamento dell’istanza sessuale nello spettacolo e nella merce (se il sesso è dappertutto ed è gratis o quasi, non è una buona esca…), spingerebbe ad una sorta di deflazione del sesso, della prestazione sessuale soft… e in definitiva al ripiego delle strategie pubblicitarie verso altri oggetti… (ma poiché le maggioranze seguono ancora principi feudali… temo che ci sarà ancora per molto quel “centro” maschile di coglionazzi ducetti automasturbatori… ammaestratori e domatori nel circo delle veline… potenzialmente indisciplinate… Ecco forse in questa indisciplina generalizzata potrebbe esserci la auspicabile “deflazione”… Anche se “farla pagare cara” resta la sola momentanea arma di difesa femminile contro chi sembra essere irrimediabilmente coglione, tipo i presentatori che indicavi… Insomma: darla/o gratis e il più possibile o farsi pagare il più possibile? deflazione o inflazione? allargare i cordoni della borsa o continuare con la stretta al credito?)

Senza dimenticare l’origine del sostantivo “veline”, che viene dal Min.Cul.Pop. (…m’incolpò? m’inculò?) fascista… cosa che marchia gli organi (nascosti… tipo il retto, l’ano, ecc…) delle ragazze, in mostra di qualcosa di soft, che va al di là della ovvia questione della merce su due gambe, che tutti siamo, più o meno… Questo qualcosa è più che hard (implicito, nascosto, inculcato… o comunque inteso in senso semplicemente sessuale)… sa proprio di mistificazione, di violenza politica, psicologica e morale, da parte di quel “centro” di cui scrive Noemi… che appunto tende a scaricare la colpa della presunta oscenità del proprio desiderio dell’altro sull’oggetto del desiderio stesso… (come dire: segretamente, più o meno metaforicamente, ti inculo , piegandoti ad esempio alla disciplina oscena dei contest, alla precarietà estrema del lavoro nello spettacolo, magari alla scorciatoia della prestazione sessuale sottobanco, e pubblicamente e spettacolarmente ti incolpo… della tua stupidità, inferiorità morale, superficialità, dei tuoi ammiccamenti sessuali, della perversità dei tuoi atteggiamenti che pur richiedo, ecc…).
A mio avviso può avere una sua intelligenza darla/o gratis quanto e a chi vuoi e farsi pagare il più possibile da chi non vuoi… ma in questa distinzione volontaristica potrebbe celarsi un ulteriore criterio capitalista di valorizzazione al ribasso o che investa, come già si sta facendo, nella socialità della produzione (si tratterebbe di definire i criteri della propria volontà, che andrebbe resa autonoma dalla Grande Macchina, altrimenti è tutto un cavolo…). Il problema dunque, come al solito, è il valore (anche il volere è valore, in certe condizioni…), che sembra pervertire sin da principio e irrimediabilmente qualsiasi gratuità spontanea della vita, del sesso, ecc…


La pelle di Borsellino

Vogliamo riempire di contenuti questo lutto per un giudice che da giovane militava nel FUAN, divenuto icona e martire bipartisan e in particolar modo della nuova “sinistra” legalitarista?
La lotta alla mafia da parte dello stato è senza senso, essendo entrambi parte di uno stesso sistema e funzionando con modalità simili (dispongono entrambi di un “organico”, di un esercito, di un sistema di alleanze, apparati, gerarchie, regolamenti, fondi, tangenti o tasse, ecc). La messa in scena della legalità delle “persone oneste” serve solo a coprire la legittimità delle “persone disoneste”… e non sono aspetti dissociabili… Senza esecuzioni la Legge non potrebbe mai essere esecutiva.

La differenza sta solo nel definire chi sarebbe legale ammazzare (su chi sarebbe legittimo ammazzare può esservi comunque accordo o “trattativa”…).

Entro i confini ristretti, particolari e storicamente determinati della legalità, il giudice B. è probabilmente un utile martire… ma sapendo come funziona praticamente l’applicazione delle leggi (gli ammazzamenti oltre-confine, il lento sterminio dei non abbienti, quello più rapido dei rivoltosi, ecc) e la violenza che rende legittima la Legge, c’è poco da farne un Eroe (come se esistesse da qualche parte uno stato sacro, con i suoi santi laici e un paradiso dei legalitaristi e dei giustizialisti… il che mi pare un’evidente astrazione priva di ogni senso storico e della realtà)… Diciamo che è morto perché ha sconfinato oltre il limite consentito dalla stessa Legge. Voleva vederne la Verità… come se ci si potesse aspettare qualcosa di diverso da un BUUUUUUUM!… tanto tritolo. Non c’è Dio e la Madonna a garanzia dell’ordine della Legge (disposta più che altro a difesa della legge strutturale del valore). Al massimo può esserci la Sacra Corona… o, più mondanamente, i necessari, “normali” e banalmente prevedibili meandri oscuri della “democrazia” e del capitalismo… quelli che decidono d’ufficio dello schmittiano stato d’eccezione… specie quando si rischia di svelare il segreto di pulcinella degli interessi particolari (o sistemici) dei dominanti.


E’ ri-morto.

“Questo quadro!…”, gridò il principe, come colpito da un’idea improvvisa. “Questo quadro!…”, ripeté.
“Ma questo quadro può far perdere la fede!”
“Infatti la si può perdere”, confermò inaspettatamente e all’improvviso Rogòzin.

(F. Dostoevskij – L’idiota)

In effetti è un quadro che va persino oltre i peggiori incubi di Quentin Tarantino (poiché rimane indefinitamente lì, in un teatro misero di cui sfonda la quarta parete, senza redenzione alcuna)… Un quadro ateo. La Kristeva ha scritto un saggio a tal proposito in “Sole nero – depressione e malinconia”

RESTIAMO UMANI.

Basta discorsi vittimari. Non c’è bisogno dei “nostri morti” e tanto meno di fratellanza per poter parlare, pensare, emozionarsi, agire. Questo è pasto totemico, necrofilia… quello che il cristianesimo chiama “comunione”. Non vedere il contesto generale, incantarsi a guardare un dettaglio… seguire lo sversamento del mainstream. Sentirsi fratelli. Essere conformisti.

Basta leggere o rileggere qualcosa di Nietzsche, Stirner, Lautréamont o Foucault… per capire come l’umanità sia un’invenzione… una divinità subdola.

Giustamente Nietzsche collocava il tentativo fallito di superamento dell’umano al mercato, in Così parlò Zarathustra… “Tutti gli uomini sono uguali” lo dice il mercato… e lo sono davanti alla merce (prima che alla Legge, anch’essa una merce ideologica, usata da una classe che nasconde continuamente i rapporti di disuguaglianza profonda, se non la violenza più efferata, dietro concetti astratti e “umanitari” appunto). E non a caso Marx parlava del denaro come dell’equivalente generale di tutte le merci… L’uomo liberale, in quanto misura di tutte le merci (più che di tutte le cose), diventa il denaro stesso (o, nella forma peggiore, il capitale, soggettivandolo)… Per l’uomo liberale, borghese, gli uomini diventano il prezzo giusto… merce o denaro equivalente. E si può acquistare il loro tempo e la loro vita, in maniera più o meno giusta. A questo punto la legge della domanda e dell’offerta, la “mano invisibile”, farà il resto… e alcune vite umane finiranno per non valere niente…

L’Umanità, la Fratellanza, le Famiglie, le Nazioni sono delle prigioni, dei bracci della morte… Viviamo in degli “isolati” che ricordano le baracche dei campi di concentramento e ancora parliamo di umanità senza vedere cosa abbia comportato questa livella insensata e indiscutibile… o questa bandiera comune che spesso si sventola, come se fosse neutrale e fosse cosa buona e giusta… Ognuno di noi è differente e singolare, speciale (anche senza specie, senza specchio), irripetibile… questo è il bello. Le combinazioni sono incalcolabili. Eccedono l’immaginazione e le categorie. Questo traboccare scioglie i recipienti astratti, li rovescia sui pessimi inventori delle barriere, dei confini, delle composizioni di classe… Prima di porre l’umanità al servizio della “lotta di classe”, occorrerebbe rivedere le tassonomie di Linneo e quanto siano cadute in disgrazia, grazie all’inclassificabilità dei funghi, per esempio… Ecco, mi cito: “Siamo saprofiti temporaneamente umani”.

Non “restiamo umani”. Noi moriamo. Allo stesso modo, viviamo… temporaneamente… e non c’è trascendenza che tenga…

Ciò che ci avvicina non sono delle finzioni (quelle servono ai p.r. del Circo Barnum della politica o dei social media), ma la consolazione reciproca e occasionale da questa disperazione (questa sì, umana e solo umana) di fondo… o le scosse mortali/vitali dell’orgasmo… Non sentite anche voi come vi lavorano dentro i funghi? Come voi stessi siete in qualche modo già ora i funghi che vi attraversano e vi trasformeranno in concime? Occorrerebbe una macchina per tagliare i nomi astratti dalle nostre teste…

De-composizione di classe…

“Dichiarazione universale dei diritti umani”:
« Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.
Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza».
Fratellanza? Ragione? Coscienza? Nascono liberi e eguali di diritto, ma poi?… se non si sentono “fratelli”? se sono irragionevoli? Se sono incoscienti, matti, idioti?… C’è la galera, il manicomio, la guerra, la repressione, ecc… E quanto alla Costituzione Italiana: cos’è questo umano (che qui si circoscrive al pericoloso e semplice “cittadino”) “senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione” se non moneta vivente, merce su due gambe, merce al lavoro, uno schiavo col contentino della medaglia della “dignità”?… A me l’umanità fa orrore. Ci sono alcune persone… ecco tutto… ognuno si scelga quelle che ritiene più simpatiche e non pretenda di imporre la sua simpatia come un valore astratto valido per tutti… (diffidare dei simpaticoni…). La regola generale, per quel che so e ho visto sino ad ora, è che per lo più ci stiamo tutti reciprocamente sul culo… La fatica è non far sì che questa cosa diventi un problema, con “maggioranze” o “minoranze” (…rappresentanti di una classe) che intendano soggiogare a sé tutti gli altri (inclassificabili soprattutto)… con strumenti e linguaggi comuni (monete, etimi, simboli, immagini, memi, narrazioni, ideologie) concepiti fin dall’inizio per innescare e incentivare competizione, sopraffazione e sfruttamento…

“Per i vili e gli increduli, gli abietti e gli omicidi, gli immorali, i fattucchieri, gli idolatri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno di fuoco e di zolfo: questa è la seconda morte” (Ap 21,8).

Ma siamo così sicuri che la morte spirituale (la seconda morte, in quanto la prima sarebbe quella “corporale”) sia una brutta cosa? Forse il cristianesimo esperisce la morte in maniera poco onesta… la fiction improbabile e costruita su paure e puntelli ancestrali che edifica per far accettare l’inaccettabile forse cancella la realtà: la condizione miserabile dell’esistenza umana. Bella quanto effimera… nata come rottura di un equilibrio che non ci prevede mai come entità autonoma e assoluta, ma come vibrazione momentanea… come quella della codina perduta dello spermatozoo che eravamo. Io non credo in una folla di miliardi di spettri in attesa di giudizio. La sentenza è già scritta. Morirete punto e basta. Tutto questo non doveva esserci. Senza considerare che senza una perfetta morte o nerezza non rinasce proprio niente. La nigredo è nigredo. Non altro. Quel che muore è l’umano, la persona che egoisticamente vorremmo durasse in eterno… Ma perché poi? A far che?… Sopravvivono i funghi, le ife, le spore… e la polvere.


Liberarsi del cristianesimo… | Basta strategie vittimarie!

Una foto emblematica (circolata sul web) del perché la protesta tramite impilamento su torri, tetti o gru attecchisca nell’immaginario italiano, che tanto è catturato (per omnia secula seculorum) dall’immagine della sofferenza e della tortura.

Per quanto riguarda poi le proteste pro-regolarizzazione degli immigrati, c’è da ricordare che gli immigrati non sono entità astratte… e che la loro presenza in Italia è soprattutto evocata da esigenze imprenditoriali (incentivate certamente da politiche razziste, ma anche da quelle legalitarie, dato che la troppa burocrazia e l’eccessiva tassazione spinge comunque ad evadere verso forme di attività meno vincolate…) di schiavizzazione, di nuova manovalanza a basso costo (vedi le teorie di Von Hayek, che piace tanto a Porro, per esempio)… coperte (a sinistra) da vaghi sogni di solidarietà transnazionale senza alcuna realtà, atti ad coprire in realtà la cattiva coscienza della borghesia italiana… vago umanitarismo (il sogno ipocrita multiculturalista) che va a braccetto con il razzismo e lo schiavismo contemporanei…
La regolarizzazione vuol dire “integrazione”, quella stessa che tanto declama la nuova destra “liberale” (del sempre fascistone e “futurista” Gianfranco Fini). Un’altro topos della sinistra poi, la lotta al lavoro nero (che non vuol dire mafia o camorra ma è l’unica forma di lavoro possibile quando non c’è più lavoro), per lo più serve a sindacati (servi), alla ricerca di nuovi iscritti… oltre che a tassare il più possibile (senza restituire servizi ormai).

Ma come? Io non mi integro, non mi ritengo integrato (e non lo sono) e poi sento il prodursi di discorsi conservatori, di voglia di legalità (che introiettano, come fosse una cosa che parte da loro) proprio in bocca agli immigrati fermi a prendere l’autobus con me? La mia posizione al riguardo è quella di dis-integrare, quella di mettere in discussione l’attuale forma-lavoro (altrimenti siamo alle chiacchiere da salotto o da curia)… non chiedere, come di consueto fa questo cavallo morto della sinistra italiana, la legalità e lo stato contro il liberismo cattivo, cinico, padronale, ecc… Solo nello scambio solidale, nello scambio culturale, nell’invenzione di nuove forme di “socialità”, nella sessualità extra-clan ed extra-patriarcale, de-territorializzante, anti-identitaria, nel considerare gli stranieri davvero degli (in)dividui (non dei simboli cristici), nella creazione collettiva con gli stranieri potrebbe esservi una novità che rompa i confini… Non certo spiegando come ci si adegua alle leggi razziste italiane… o protestando per un’integrazione più facile…
Meno controlli e vessazioni, diritto di essere sans papier, casomai… non comportarsi filantropicamente come col figliol prodigo… Consideriamo la nostra mensa (anche mediatica) sempre qualcosa che sta sopra, che accoglie coloro che non sono come noi… che sono figliuoli sfortunati, che hanno vissuto troppo distanti dal Dio denaro, che vanno recuperati ed inscritti nel benessere di Crapulonia in crisi (che sogna disperatamente di essere ancora ricca e di mantenere i suoi privilegi sul resto del mondo senza cambiare assetto economico e politico… al limite spruzzando sopra un po’ di sentimentalismo e di afflato fintamente cosmopolita, che si rivela essere il solito abbraccio mortale, che NON VEDE L’ALTRO…).
Che porcata duplice il cristianesimo di sinistra!…

Puntare dritto contro la forma-lavoro contemporanea, il potere centrale, quello che manovra la fiction politica… De-centralizzazione e autonomia… relativista, anti-identitaria, individualista (nel senso di una sottrazione alla governamentalità (*) – che ora tende perfino e soprattutto ad appropriarsi dei discorsi antagonisti, d’eccezione o bizzarri, anomali – e alla disciplina dell’individuo, propagandata con tanto di pronomi personali – “Yes, WE can”, “I-pod”, “La coop sei TU, la “banca costruita intorno a TE, ecc… – che ricentra il mercato proprio sui singoli pro-sumer, convergendo su forme parodistiche di protagonismo, competitività, auto-promozione, cooperazione e perfino lavoro gratuito!… fino a pensare l’esternalizzazione definitiva dell’intera società, che chiamano, col solito termine anglofono che fa tanto eccitare le masse, crowdsourcing (**) Insomma tocca aggiornare le analisi e le vecchie dicotomie… se non si vuol finire con l’ascoltare le “narrazioni” di Vendola… manco fosse Gerard Genette).

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(*) Consiglio vivamente di vedere questo programma svizzero su Foucault… molto chiaro e riassuntivo. Qui altri programmi di MicroMacro.

(**) Un mio video, a proposito di crowdsourcing, che è stato escluso da Userfarm perché non dava un messaggio “positivo”… 🙂


“E adesso specchi riflettete”.

Per contrastare questo schermo, questa navigazione, questo net surfing, questo continuo al di là dello specchio (in perfetto stile Alice nel paese delle meraviglie) evoco un poeta surrealista suicida, attraverso le sue parole: “E adesso specchi riflettete”. (Jacques Rigaut)

Avanti… alzatevi dalla sedia… andatevi a sedere comodi da qualche parte e riflettete… invece di accettare questo piacere a dosi omeopatiche (un post, una foto, dei “commenti”… o, come su Facebook, un “mi piace”, un “condividi”…) che vi solleva (ma per quanto?) dalla difficoltà di vivere… Sottraiamo il tempo alla macchina globale, alla Grande Rete…

Per me la Rete serve per catturare più che mettere in comunicazione… limitare, virtualizzare e controllare gli spazi d’azione. E’ piacevole… ed è innegabile il suo fascino… Seguo questa metafora dello schermo che si comporta come uno specchio strano… che non rimanda la propria immagine, ma l’aldilà dello specchio (come nel Paese delle Meraviglie)… ci mostra che non siamo noi stessi… ma mille rivoli di pensieri, immagini, idee… si sostituisce all’analogo movimento reale che è dentro di noi… lo contamina, lo condiziona… Io navigo comunque, nella realtà… La Rete è come se inserisse nella mia interiorità un’esteriorità fatta di possibilità pressoché infinite…

Allo specchioMa se stacco… vado a dormire… o mi faccio una passeggiata… io sovranamente penso, vago e rifletto (o rifrango, se sogno)… sono in presenza di uno “specchio”… Mi piaceva l’idea di guarire dallo schermo, guardandomi allo specchio, in un riflesso… cercare un’immagine, incarnare una finzione, modificarmi, modificare il reale… visualizzare me e tutto quel che mi attraversa…
Gli specchi di Rigaut, in un certo senso erano posti davanti ad ognuno di noi (quasi con un senso di sfida)… per rimandare un’immagine (ma non solo…) che forse dimentichiamo troppo, che ci sembra noiosa… e che forse emerge davvero e si delinea solo andando nel mondo… scavalcando l’insopportabile Narciso, attraversando paesaggi urbani, strade, campi… incontrando i volti e i riflessi altrui… infinitamente rassomiglianti, infinitamente diversi…

Insomma mi chiedo se uno specchio non sia più istruttivo di uno schermo…

Da uno schermo ci si aspetta costantemente qualcosa… Gli specchi invece, aspettano costantemente qualcosa da noi…

Qui davanti allo schermo domandiamo… interroghiamo la macchina… che risponde (per modelli…).
Lì, davanti allo specchio, siamo interrogati, ci vengono poste domande… si avanzano miriadi di richieste… si focalizzano azioni… sulla soglia dell’immaginario (ideale dell’io o io ideale), di ogni immagine possibile, vi è della magia… la possibilità di mutare di-segno.


La pedofilia mediatica

“The medium is the message”
(Marshall McLuhan)

Per me, la faccenda della pedofilia è legata ad una modalità nuova del “biopotere” (di cui parlava Foucault)… Segna una svolta il modo in cui s’è affacciata la denuncia di questa morbosa attenzione o violenza sui bambini (che pare ci fosse anche prima, eccome, a giudicare dalle esperienze infantili raccontatemi da diverse persone della mia età)… Il boom mediatico della pedofilia ci fu a metà degli anni ’90… A mio avviso costituì il paradigma di un nuovo modo di raccontare il “nemico”… e, secondo me, fu l’inizio della “Quarta Guerra Mondiale” (quella del potere contro ognuno di noi, di cui raccontava Baudrillard), quella palesatasi in modo clamoroso con l’attacco alle Torri Gemelle e la successiva guerra al terrorismo. Questo paradigma racconta che il nemico non è più chiaramente individuabile, ma è interno (nell’Italia telecratica il “nemico interno” può essere ulteriormente declinato e identificato sotto i nomi di extracomunitario, clandestino, stupratore, rumeno, zingaro, comunista, ecc…)… La pedofilia può essere evocata ed esorcizzata nello stesso tempo… è la colpa inconfessabile, l’abominio, ciò che è più riprovevole per chiunque…costituisce dunque (per esempio, dal punto di vista del potere e della polizia) la scusa perfetta per consentire di indagare, ispezionare, perquisire, rovistare nei computer di chiunque (un esempio della restrizione dei diritti individuali specificamente per quel reato fu la “legge Megan” in USA)… Poco più tardi, fu sostituita dall’ossessione per il terrorismo…

Altra considerazione è che la pedofilia come paradigma della comunicazione è il metodo “educativo” per eccellenza. Quello che riproduce la violenza “immaginaria” (*), non simbolizzabile in un linguaggio (e dunque non facilmente superabile, come aveva ben descritto l’interessante libro sulla “sindrome da ripetizione del trauma” o T.R.S.: “Donne che si fanno male“…). Noi tutti siamo stuprati mediaticamente prima di arrivare a capire quel che significa il messaggio… Siamo tutti bambini, davanti alla TV… o anche davanti al computer… E la violenza sociale si riproduce rievocando costantemente (come da manuale psichiatrico) il trauma originario… erotizzando (simbolizzando) territori vergini, innocenti, indifferenziati (come il corpo dei/delle bambini/e) non ancora sfruttabili dal feticismo delle merci, dall’erotismo mercantile che smania per creare bisogni e desideri ovunque e con qualsiasi cosa e persona
Tutti urliamo che orrore! non accorgendoci che gli stuprati siamo noi… Siamo tutti vittime di giochi erotici asimmetrici (come si dice anche della guerra di un esercito contro alcuni individui e viceversa: “guerra asimmetrica”)… Certo, poi c’è anche la pedofilia reale… e quella fa danni, difficilmente cancellabili, negli stili di vita delle vittime… che tenderanno ad adottare comportamenti autodistruttivi o a replicare la violenza subita (nella più classica delle dialettiche vittima/colpevole…). Questo, voglio dire, non è solo un trauma psicologico di alcune persone… è il codice di comunicazione contemporaneo: la violenza va accettata prima ancora di cominciare a ragionare (e forse è anche per questo che i porno virano sempre più verso la tortura… simulata certo, per ora non è ancora “Videodrome“…).
Per questo, a mio avviso occorre stare attenti a non sovrapporre la propria riprovazione nei confronti di certe pratiche con quello che ne hanno fatto i media contemporanei… La pedofilia, in definitiva, è una delle principali armi tattiche del nuovo millennio. Quando la usiamo per attaccare qualcuno, dobbiamo capire che stiamo parlando un linguaggio che contamina anche chi accusa… Accanto all’immaginario infantile ferito, per difenderci, forse dovremmo costruirne e raccontarne uno più felice… che allontani le ombre nere che a qualcuno fa tanto piacere tenere sempre sospese sul capo (altrui…). Il punto è che l’infanzia in quanto tale (non realizzando dinamiche di “desiderio=bisogno/domanda”, simbolizzabili, dunque “pubblicizzabili”…) non serve a questo sistema e sembra non avere più spazio alcuno né nei linguaggi, né nella società (ma questo accade anche per le donne, per i vecchi, per i folli, ecc…). E’ una società malata, “pedofila” nel midollo…


(*) Per “immaginario”, si intende l’immaginario lacaniano, quello pre-simbolico, quello che istituisce il soggetto in quanto immagine del proprio corpo allo specchio… quel piccolo io ideale, che l’adulto, colui che si suppone sappia, dovrebbe abbracciare amorevolmente e accogliere ancor prima che vi sia un senso, un linguaggio ben strutturato, un ordine del discorso… generando fiducia… se non una “fede” vera e propria, nella possibilità di accedere al simbolico, al linguaggio (degli adulti: la società, la cultura, il denaro, ecc…). La violazione dell’immaginario invece, genererà verosimilmente difficoltà, diffidenze se non aggressività, rivolte aperte, nei confronti dell’ordine simbolico e della strutturazione di un io stabile (forclusione)… dando luogo ad una prevedibile lunga serie di problemi psichici…

Guido Reni, “Strage degli innocenti” (1611)

Si notino i corpi nudi osceni e lascivi degli uccisori di innocenti… In particolare il culo in primo piano dell’uomo che offre i suoi genitali alla faccia della recalcitrante donna sotto di lui, mentre mette le mani su un infante… Più che una strage, un’orgia insana… Un divertissement di abomini e sopraffazioni.

Nota di psicanalogica

Ma la pedofilia come “strage degli innocenti”, ha avuto nel millenario immaginario cristiano e alchemico anche un suo ruolo… Da quella strage, guarda caso, si salva il “Puer” divino… Il Bambino. Questo splendore solare di Uno, costa la vita ai molti… E probabilmente non vi sarebbe quell’Uno senza il sacrificio dei molti, compiuto proprio per impedire di accedere alla sovranità regale (Erode, parodia della smisurata sovranità divina incarnata da Cristo…) dell’Io. L’immaginario di chi si salva, era già scritto in quel disegno (di dominio) universale rappresentato dalla terribile figura del Cristo.

In alchimia, la “strage degli innocenti” è figura delle scorie minerali (trafitte dalla spada=dagli acidi) che muoiono per permettere all’Oro di sprigionarsi… Sensibile a questa crudeltà, io valuto che uno qualsiasi di quei metalli bambini poteva essere oro (vedi il mio “Dio è Tutto… dunque anche ogni sua eccezione“)… poteva svilupparsi felicemente… Non era necessaria quella strage o quella violenza… Così l’Universale Unigenito Figlio di Dio si accusa da sé (facendo anche la parte del suo contraltare, dell’accusatore appunto, Satana…) di orrende efferatezze… e di “pedofilia”, nel senso di morte dell’innocenza, di educazione all’universalità, al dominio dello smisurato, dell’individualmente irraggiungibile, della… disperazione. Con una Vittima Eletta e un Colpevole Punito per l’eternità…

Preferirei che si ponesse fine a questo scempio… Basta coi sacri-fici.


D.A.I. per una notte

Prendo le distanze dallo sversamento fognario del mainstream tra le coscienze libere connesse ad internet, operato da Santoro, che finge di lottare restando sullo stesso versante “spettacolare” di chi proclama di combattere (con sponsor, palinsesti appena variati, regia da psicodramma, soldi chiesti a mo’ di sottoscrizione agli spettatori più drogati…). Io resisto alla sollecitazione masturbatoria che vorrebbe spremere da me entusiasmo nei confronti delle vittime (?) di questa mafiocrazia mediatica. Non mi sento rappresentato da questa messa in scena patetica. Questi vorrebbero tornare al loro posto di lavoro per continuare allegramente con la stessa tiritera di sempre: cagate del governo – diritto di critica – tarallucci e vino.
La televisione (o la sua distruzione) dovrebbe essere arte prodotta da noi. Non da loro.
Non c’è nessun San Toro che può sostituire la mia voce (per giunta con i suoi tormenti da stipendiato alto-borghese)! Nessuno…

E poi: contro i disonesti non si agisce proclamandosi gli “onesti” (come conclude Luttazzi, citando Aristofane)… o martiri della censura. Né con l’invocazione delle manette di stato… Queste persone in malafede hanno spostato tremendamente a destra qualsiasi accettabile rappresentazione di “sinistra”. Non ci si può identificare con un popolo di spettatori in crisi d’astinenza da programmi televisivi che mettono in scena la peggiore delle strategie vittimarie

(Meglio ancora… non identificarsi affatto, né sentirsi fieri, inorgoglirsi, commuoversi… in ogni circostanza… l’io non è un cazzo… non si gonfia…).